Dal 1° aprile entra in vigore la normativa comunitaria per la salvaguardia della genuinità dell’olio d’oliva.
Vediamo in sintesi di che si tratta.
La vigente legislazione comunitaria definisce lampanti quegli oli che oltre ad avere una acidità superiore a 3,3 gradi hanno anche rilevanti difetti organolettici tali da non renderli commestibili. Questi oli vengono avviati alla raffinazione ovvero a processi chimici con cui si tolgono colore, acidità ed odore rendendoli grassi perfettamente neutri.
Così, tagliando fra loro un "raffinato di oliva" con un "vergine" o un extravergine si ottiene quello che la legge consente di chiamare "olio di oliva". La legge non indicale percentuali di raffinato e di vergine partecipanti al taglio, né successivamente è possibile controllarli.
Sin qui tutto è chiaro e tutto è lecito. Ma il processo di raffinazione è un processo costoso, ecco che allora si ricorre alla deodorazione, un processo meno complesso ,“soft” e meno oneroso della raffinazione che incide soprattutto sull’aspetto olfattivo, ottenendo quindi partendo da oli cosiddetti “lampantini” un risultato del tutto simile a quello ottenibile dalla raffinazione.
Proprio dalla necessità di controllare e quindi reprimere le eventuali frodi è nata l’esigenza di definire le caratteristiche fisiche e chimiche degli oli ed anche i relativi metodi di valutazione in particolare quello legato al contenuto di etil esteri di acidi grassi (EEAG) e di metil esteri (MEAG) e di indicarne quindi i valori limite.
Cosa giusta e sacrosanta! se non che, la norma europea fissa tale limite a 150 mg/kg ,mentre un buon extravergine ne contiene un quantitativo massimo che varia tra i 10 e i 30 mg/kg. In soldoni più è alto il contenuto di questi componenti peggiore è la qualità degli oli.
E’ evidente che il limite molto alto fissato dal regolamento non è sufficiente ad evitare che vengano utilizzati oli di bassa qualità. L’uso degli oli deodorati è una delle sofisticazioni più comuni negli ultimi tempi ed il fatto che finalmente si sia stabilito un marker per poterne almeno potenzialmente individuarne l’uso è senz’altro un dato positivo. Sconcerta che tale limite sia così alto, rischiando di inficiare tutta l’operazione che ne è alla base e cioè quella di controllare la qualità degli extravergine.