Non sei certo idiota se bevi vin keniota1 min read

Pierlorenzo Tasselli ci scrive dal Kenya dove si trova non per partecipare alle feste di Briatore ma come “associato” in una missione scientifica dell’Università di Firenze (solo il tipo di missione meriterebbe più di un articolo). Ma non di sola scienza vive l’uomo e quindi il nostro si è messo in moto per reperire, assaggiare e presentare dei vini kenyoti. Questo è il primo frutto della “recherce”.

In Kenya la bevanda canonica del viaggiatore post Hemingwayano NON e il vino. Pure il vino si trova, di vario pregio e c’e  anche del vino prodotto in loco.

Qui, tra Watamu e Malindi , ho trovato un solo brand, LELESWA, prodotto a NAIWASHA, vicino al lago omonimo nella Rift Valley.

Producono un Sauvignon e uno Shiraz: prezzo molto basso, qualitò superiore alle aspettative iniziali.

Uno legge sull’etichetta del Sauvignon la gradazione dichiarata di 11 gradi e mezzo dopo aver pagato la bottiglia meno di 6 euro e inizia a ragionare. Anche se io preferisco vini meno alcolici 11,5 sono un po’ pochini.

Ma c’e l altra faccia della medaglia: nessun residuo zuccherino e mi sembra quasi un miracolo.
Non credo che le normative keniote sullo zuccheraggio dei mosti siano particolarmente restrittive, evidentemente  l’hanno voluto fare così.

Le caratteristiche del Sauvignon si riconoscono e si presentano in forma gentile, in un epoca di Sauvignon sfacciati e caricaturali.

Questo vino si assaggia, si riassaggia e finisce per convincere.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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