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In my beginning is my end”       T.S. Eliot

 

Che grande idea !  Mi era stato preannunciato un vino nuovo, e la novità assoluta, l’ ultima frontiera della trasgressione è… il totale ritorno alle origini!

 

C’è una vigna degli anni ’60 , nella quale, insieme al sangiovese di allora, sono sparse a caso viti di canaiolo, colorino e malvasia.  Si vendemmia tutto insieme e si fermenta in vasca di cemento, con i lieviti che passano di lì . Si fa maturare in botti grandi. No , il “governo alla toscana” non gliel’ hanno fatto , ma tutto il resto è come allora.

 

Il vino del contadino, fatto bene”  è il commento di Eleonora Marconi, giovane enologa di Nipozzano . Il vino si chiama “Vecchie Vigne”.

 

Qualcosa del genere l’ hanno fatto alcune marche di motociclette : Triumph Bonneville , Guzzi V7 , Kawasaki … modelli attuali quasi uguali a quelli degli anni ’60, con qualche opportuna innovazione, quasi invisibile.

 

Se c’è  una persona che apprezza incondizionatamente tutto ciò, quella è il sottoscritto.

 

Il primo risultato di questo progetto è stato presentato a giornalisti e venditori scelti in una ante-anteprima a Nipozzano il 24 marzo.

 

Il limite delle anteprime sta nel fatto che il vino non è del tutto pronto . Bisogna guardare nella sfera di cristallo per capire come sarà fra qualche mese . Immagino che fra qualche tempo il bouquet si aprirà maggiormente: oggi è fine e piacevole, ma ancora esile.

 

Secondo il mio gusto d’antan , un vino di questo stile dovrebbe essere un po’ più nervoso : è morbido , e uno spigolo in più mi farebbe piacere . E’ nato nel 2011, annata calda , e forse questo è il motivo dell’ acidità un po’ smussata.

Detto questo, applaudo il risultato e appoggio il progetto.

 

 

Prima di presentare il “nuovo” vino , ci hanno fatto assaggiare due annate "vertiginosamente annose": Montesodi 1974 e Nipozzano 1961.

 

L’ eccellente Montesodi si presenta in condizioni di freschezza che , alla cieca, non farebbero mai immaginare che risalga il ’74. Il colore vivo non presenta alcuna sfumatura aranciata,il bouquet ampio non presenta alcuna nota eterea. Il tannino è ineccepibile e l’ acidità è ancora sostenuta, come si richiede a un sangiovese di razza. Confrontandolo con annate recenti, compresa l’ ultima, le differenze non sono così marcate . Se fosse una bella donna, anziché una bottiglia di vino,ci si chiederebbe perché rimandare la delibazione fino ad oggi, nel pieno di questi splendidi 40 anni : ci avrebbe dato emozioni analoghe anche 15 o 20 anni fa.

 

Diverso il discorso per il ’61, un vino assolutamente sensazionale. L’ incredibile freschezza, l’ampiezza delle sensazioni,  gustative, olfattive, visive…  Mi accorgo che ha poco senso “raccontare” un vino , che avete pochissime possibilità di assaggiare. Registro e segnalo la prova di forza dell’ azienda che l’ha prodotto . Il messaggio è “Noi veniamo da lontano”.

 

In questi casi c’è anche un sottile godimento intellettuale: mentre si degusta, si pensa che questo vino è stato fatto con il sangiovese esuberante degli anni ’60, con il trebbiano obbligatorio, con potature, allevamento,pratiche di cantina inimmaginabili ai giorni nostri, gradazione alcolica che non arrivava ai 13 gradi … Come la mettiamo ? di fronte a questo vino di 53 anni?

Passato-presente, radici antiche e  moderno ritorno ai primi principi : il messaggio complessivo è apparso assolutamente coerente.

 

 

 

POST  SCRIPTUM:      

                

Anni fa si celebrava il 650° anniversario dell’ azienda Frescobaldi ( ex Albizi ). Un mio amico, professionista della comunicazione ( allora si diceva “creativo” ) venne incaricato di progettare un evento . Era a corto di creatività e mi chiese un consiglio.

 

A quell’ epoca alla BBC avevano fatto una trasmissione ardita : una ricostruzione della battaglia di Culloden con un telecronista moderno che si aggirava fra le truppe, intervistando i fanti e gli arcieri. Gli suggerii di replicare quel format con la battaglia di Campaldino . L’ idea piacque, ma risultò troppo costosa e non se ne fece di nulla.

 

Questo per dire che non mi posso lamentare se, nel castello di Nipozzano, mi trovo di fronte i figuranti in costumi medioevali di fantasia, che sbandierano, duellano, suonano la gironda …  Me lo merito: in fondo sono stato io a cominciare .

    

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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