Niente di nuovo sotto le stelle5 min read

Troppo facile parlar male della pubblicità. Allora penso, se proprio lo devo fare cerchiamo le più indigeste. Voglio così parlare di una che ultimamente mi demoralizza fino allo stadio più nero. Trattasi di quel giovinetto un po’ fighetto che ordina un menu gridato più che ordinato, affinché tutti i commensali del ristorante possano udire quanto è bravo e corretto lui. Tutto sorrisi di compiacimento ed approvazione finché non si arriva al momento dove il cameriere domanda: da bere? Silenzio assoluto di tutti, suspense,  e poi l’idea geniale e in linea con le migliori tradizioni della cucina mediterranea. Vino? Acqua del Sindaco? No? E allora? Ma certo,  una bella confezione in plastica di tè industriale.

E giù applausi e approvazioni liberatorie.

Non credo che questa pubblicità sia sciocca, anzi. Per chi non sa ancora cosa bere per essere alla page è l’imbeccata giusta. Ma anche per gli scorretti come me che mai berrebbero in un pranzo cose come queste, si deve dire che il messaggio non lascia indifferenti. Al contrario per me è diventato un tormentone. E ogni volta che accenna a partire questa pubblicità non solo non cambio canale, ma l’ascolto di nuovo, come in un raptus masochista o forse per vedere se c’è qualcosa che mi è sfuggito. Sicuramente lo spot non passa indifferente.

Passati sono i bei tempi che per lo stesso prodotto si poteva godere: “Antò, fa caldo……” con il successivo liberatorio e inequivocabile “Auuuuuuuuuuuuuu” finale.

Tanto ho pensato al nuovo spot che mi sono ricordato una cosa e ho (un po’) trasecolato.

Diversi anni fa avevo collaboravo con un tecnico che era anche un grande amico. Era più grande di me: all’epoca lui era nella seconda decina degli “anta”. Vorace come pochi dimostrava il suo stile quando arrivando a tavola faceva incetta di tutte le buste di grissini che si trovavano nel raggio di azione e poi da soli o inzuppandoli nel bicchiere dell’acqua e poi nella formaggiera se li spolverava tutti. E allora passava al pane. Spesso prima ancora di aver ordinato.

Fatta questa premessa non stupirà il fatto che, vivendo con moglie bellissima e innamoratissima e con mamma, anziana ma arzilla, veniva coccolato dalle due come un cittino di pochi mesi.

Le due non erano in conflitto classico di suocera e nuora, erano solo in gara a chi gli dava più vizi e mangiarini.
Con lui non mi stupivo più di niente nel mangiare. Fino a quando riuscì a stupirmi. Mi confessò che la sera le sue donne gli preparavano sempre un bel piatto di pastasciutta, preferibilmente al ragù. Sistematicamente abbondante perché doveva avanzare un po’. Per fare che? Ma per fare colazione alla mattina successiva, appena alzato.

Si doveva alzare piuttosto presto Mario, perché poi andava a scuola ad insegnare. Una delle due sante donne (ma anche  in tandem) si affrettava a preparargli l’abituale  colazione preferita. Cos’era? Ma certo, la pasta avanzata la sera e saltata nel padellino alla mattina! Io sapevo che si poteva fare con l’avanzo se si era sbagliata la dose, ma che uno ne facesse apposta di più la sera per averla poi la mattina appena alzato, quando ancora è buio, non l’avevo mai sentito dire.

 

Ma sentii anche di peggio.

 

Mario non gradiva un bicchiere di vino mangiando, ma se questi erano tre o quattro il discorso cambiava. Allora gli piaceva eccome.

E quando gli chiesi: ma come fai alla mattina, così presto a bere il vino? Lui mi spiegò pazientemente: ma guarda io mica bevo vino a quell’ora. E cosa bevi? Bevo una bella tazza di tè. Come? Bevi tè con la pastasciutta al ragù della sera prima e saltata in padella? Si, certo, mi piace così!

Ho sempre pensato che questa bizzarra moda fosse una mania dell’amico, qualcosa di più unico che raro.

 

Domenica pomeriggio mi sono voluto regalare l’ennesima puntata vintage del tenente Colombo. Puntate spesso già viste, ma se non c’è niente di meglio mi sevizio con queste visioni più per rivedere dettagli e per la cattiveria di vedere come Colombo si cucina piano piano il colpevole che noi capiamo quasi subito chi è. Nella puntata in questione il tenente fa un interrogatorio volante in un ristorante di lusso dove viene poi invitato a sedersi per mangiare un piatto. Il nostro accetta e all’esterrefatto cameriere che gli propone i piatti tra i più più raffinati ordina un piatto di Chili. Negli USA si tratta di un piatto tipico di origine messicana a base di fagioli, carne macinata, pomodoro e altre spezie tra cui il peperoncini piccante. Poi il cameriere mostrando la carta dei vini chiede cosa vuole da bere e il tenente se ne esce con uno stupefacente: una tazza di tè freddo!

Ma allora sono io che sono un po’ fuori dal mondo, è qualcosa che mi è sempre sfuggito e che invece non è una novità!

Insomma, niente di nuovo sotto le stelle.
 
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Nota 1: il noto tè in confezione standard da 20 cl costa al supermercato mediamente 50 centesimi, il che vuol dire evidentemente 2,50 euro/litro. Al ristorante presumibilmente dai 5 ai 7,50 euro a bottiglia. E poi si dice che l’acqua minerale è cara. Questo si che vuol dire dare una mano al PIL! 

Nota 2: ho parlato male di questa pubblicità perché è il contenuto che non condivido, ma devo ammettere che ce ne sono di fatte così bene che rischiano di essere le cose più interessanti e belle che passano sul piccolo schermo.

Roberto Tonini

Nato nella Maremma più profonda, diciamo pure in mezzo al padule ancora da bonificare, in una comunità ricca di personaggi, animali, erbe, fiori e frutti, vivendo come un piccolo animale, ho avuto però la fortuna di sviluppare più di altri olfatto e gusto. La curiosità che fortunatamente non mi ha mai abbandonato ha fatto il resto. Scoperti olio e vino in tenera età sono diventati i miei migliori compagni della vita. Anche il lavoro mi ha fatto incrociare quello che si può mangiare e bere. Scopro che mi piace raccontare le mie cose, così come a mio nonno. Carlo mi ha invitato a scrivere qualche ricordo che avesse a che fare con il mangiare ed il bere. Così sono entrato in questa fantastica brigata di persone che lo fanno con mestiere, infinita passione e ottimi risultati. 


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0 responses to “Niente di nuovo sotto le stelle5 min read

  1. come sempre il nostro Roberto è attento e molto incisivo nel suo commento. Che dire se non bravo?

  2. Cosa dire???
    Non posso che concordare con te soprattutto sul contenuto di questa pubblicità !!! Anch’io non approvo nella maniera più assoluta bibite varie a tavola durante il pranzo o la  cena diverse dalla semplice acqua (liscia o gasata) o dal “nettare degli Dei” !  In base all’educazione ricevuta questo e’ quello che ho cercato di trasmettere anche a mio figlio. 
    Non e’ detto che le nostre abitudini siano Legge ma questo non mi interessa. 
    Di norma la pubblicità  e’ fatta abbastanza bene infatti noto spesso in giro quanta gente si fa condizionare dalle bombardanti informazioni pubblicitarie che sconvolgono le buone abitudini. 
    Pazienza!! 
    Viviamo ormai purtroppo in un mondo  basato all’ennesima potenza in un assurdo consumismo sfrenato.
    Una volta esisteva “Carosello” che era per noi piccini un momento gioioso a conclusione della giornata. 
    Ora la pubblicita’ e’ a tutte le ore, in mezzo alle trasmissioni, prima e dopo, insomma SEMPRE! 
     E questo ormai non ci spaventa piu’ e non ci facciamo neanche piu’ caso. 
    E’ come un avvelenamento lento e sfibrante al quale siamo  sottoposti inconsciamente e involontariamente.
    Notare e sottolineare queste situazioni non e’ che POSITIVO!

  3. anche a me il tè mentre mangio non piace,ma pure gli orientali lo fanno abitualmente(di norma tè al gelsomino)….mah….l’unica cosa “strana” che ho imparato ad apprezzare è il pane con il prosciutto e un bicchiere di latte(possibilmente intero)….tradizione tramandatami dal granocchiaio,appunto,e che vedo piace anche ai miei bimbi!!p.s. quella pubblicità  “irrita” anche me babbo!!!!!;))

  4. Con tutto il rispetto.
    Certi orientali usano talvolta fare cose turche. Nelle nostre terre di Maremma vedo assai meglio escursioni come il citato latte (possibilmente intero e di frigo) con il prosciutto (possibilmente toscano e stagionato: fosse di troia con almeno 24 mesi di stagionatura sarebbe il top) e pane toscano casareccio di almeno un giorno.
    E poi in ogni caso: dove ci sta gusto non ci sta perdenza.

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