Nebbiolo Prima: Alle prese con 320 nebbioli5 min read

Pare che Tomasi di Lampedusa  sia nato ad Alba perché il suo gattopardesco “Cambiare tutto per non cambiare niente” calza perfettamente a Nebbiolo Prima, la manifestazione voluta dall’Albeisa che anche quest’anno ha presentato alla stampa specializzata italiana ed estera le nuove annate di Barolo, Barbaresco e Roero. Si era sempre chiamata Alba Wines Exibition ma da quest’anno ha cambiato nome. Stesso posto, stesso tipo di evento, stessi sommelier addirittura stessa tipologia di grissini per inframezzare gli assaggi dei 320 vini in degustazione. Le uniche cose cambiate sono il nome e la società che dall’inizio ha sempre organizzato l’evento. Misteri della vita…

In degustazione tutti i figli del nebbiolo targato Alba: Roero 2007 (e 2006 Riserva) Barbaresco 2007 e Barolo 2006 per un totale di oltre 320 vini che, se vuoi fare bene il tuo lavoro, in quattro giorni ti impegnano in un tour de force non da poco. Per questo, visto che si può assaggiare solo la mattina, sarebbe meglio allungare di un giorno la manifestazione. Questo considerando anche il fatto che già di natura sono vini difficili ed impegnativi per un degustatore:  se ci mettiamo anche l’estrema giovinezza ed in molti casi un imbottigliamento recentissimo (si parla di giorni) il tempo che ogni vino richiede deve essere superiore al normale. 

Ma veniamo ai vini partendo dalla denominazione sicuramente meno famosa  il Roero. C’è solo il Tanaro a dividerlo dalla Langa, ma sembra di entrare (credo di averlo detto più volte) in un altro mondo. Qui i contadini guadagnano di più a coltivare albicocche o fragole e questo credo faccia capire una terra dove ancora (per fortuna) la monocoltura è lontana anni luce. I vini non sono lontani anni luce dai cugini di Langa ma un po’ indietro lo sono: alcune note eccessive di legno (che oramai in Langa sono praticamente bandite) ed una voglia neanche tanto nascosta di “baroleggiare” (cioè di voler mostrare muscoli che in realtà sono presenti solo in parte) sono le due caratteristiche d’antan. Al fianco di queste troviamo grandi diversità interpretative, dovute anche a territori molto diversi all’interno della denominazione. Le zone sabbiose danni infatti vini più profumati, con tannini meno imponenti ma molto più fini rispetto a zone dove l’argilla prende il sopravvento. Personalmente preferisco i Roero che vengono da zone sabbiose, anche se tra gli altri vi sono esempi di buoni vini. In definitiva:  il voto medio per i vini assaggiati del 2007 va dal 6+ al 6.5, stesso voto per i 2006 Riserva.

Per il Barbaresco 2007 l’annata si preannunciava buona (quando mai un’annata è stata presentata come cattiva…)e  invece sembra quasi peggio del 2006. Tannini in molti casi poco maturi, gamme aromatiche poco espresse (anche se mediamente più che nel 2006), mancanza di profondità gustativa sono i principali problemi riscontrati. Il problema più grosso credo sia però proprio nel Barbaresco, che  in generale si sta sempre più allontanando dai livelli qualitativi del cugino Barolo. La forbice tra questi due vini si sta sempre più allargando e non certo perché il Barolo abbia fatto passi in avanti spettacolosi. Non riesco a capire da cosa dipenda: impianti nuovi o troppo nuovi ci sono e ci sono stati anche nella zona del Barolo, l’incremento vitato (anche notevole in alcuni anni) è stato praticamente parallelo però i vini di Barbaresco da alcuni anni (almeno 5-6) mostrano caratteristiche generali non certo all’altezza del nome. Attenti: i vini buoni e ottimi ci sono, quella  che manca è una media qualitativa che permetta ai profumi del nebbiolo di esprimersi al meglio ed ai tannini rudi di questo vitigno di non essere lasciati a se stessi. In particolare il 2007 porta come corredo anche delle acidità piuttosto basse, mettendo i tannini ancora più in vista senza affiancargli quella freschezza che da sempre era una spalla del Barbaresco. In definitiva: voto medio ai vini assaggiati (in totale 83) dell’annata 2007: 6.5.

Per il Barolo 2006 la prima impressione è stata quella di un certo rimescolamento di carte. Di solito i vini del comune di Barolo, Cannubi in testa, sono eleganti, fini,meno potenti che in altre zone ma più profumati. In quest’annata risultavano più chiusi, con tannini più marcati e con nasi ancora da definire rispetto, per esempio a quelli di Castiglion Falletto che a loro volta risultavano molto più pronti di quelli di Monforte e di La Morra. Quest’ultimi erano chiusi come sempre in questo momento dell’anno, ma mostravano anche una trama tannica eccessivamente ruvida. Punto di contatto con i vini di Monforte, che a loro volta pagavano dazio in apertura, in lunghezza ed addirittura in fase aromatica con quelli di Serralunga, di solito i pesi massimi della denominazione e quindi gli ultimi a “mettersi in moto”. Invece quest’ultimi mostravano tannicità importanti ma dolci, non solo più morbide rispetto a La Morra e Monforte ma addirittura improntate ad una precoce maturità. Ad avvalorare questa sensazione anche i colori, in generale sull’aranciato. A proposito di colori: oramai la rivoluzione cromatica del Barolo è arrivata alla fine. Non si vedono quasi più vini color porpora ed invece molti sembrano essere diventati più “realisti del re” con tonalità aranciate dove il punto di rubino è quasi inesistente. Voto all’annata tra 7.5 e 8

Queste le prime sensazioni “a caldo” che verranno tutte rimesse in gioco a settembre, quando riassaggeremo i vini di Langa  (non solo Barolo  ma anche Barbaresco), dopo che il caldo ed alcuni mesi in più di bottiglia avranno svolto il loro importante compito.

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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