Mannoproteine, tannini, etc. Come rianimare e/o standardizzare un vino.3 min read

La vendemmia 2006 si è ormai conclusa, ed è tempo di fare un primo bilancio qualitativo.

A livello generale l’andamento climatico è stato abbastanza buono, per cui grossi problemi sanitari non ce ne sono stati.

Ci sono stati però dei problemi puntuali legati a piogge improvvise, a temperature molto elevate, a sbalzi termici improvvisi.

In queste situazioni come possono intervenire gli enologi per correggere i vini in corso d’opera?

Nel caso di uve diluite, raccolte sotto la pioggia o con estratti bassi ci sono diversi coadiuvanti che possono essere utilizzati.

Con le nuove autorizzazioni CEE si possono utilizzare le mannoproteine: si tratta di composti ottenuti industrialmente dalla lisi dei lieviti enologici. Lo scopo di utilizzare tali sostanze è quello di replicare in maniera “standard” quello che succede con l’affinamento sulle fecce fini, con una semplice aggiunta in vasca. Chiaramente è un concetto molto “industriale” di affinamento, che ha dei tempi molto veloci e consente di omogeneizzare le annate. In questo modo diventa più difficile percepire le differenze legate al clima o alla qualità dell’uva.

Le mannoproteine sono state autorizzate solo nell’aprile di quest’anno, per cui la diffusione sul mercato italiano non è ancora elevata, ma c’è da prevedere un aumento esponenziale di tali sostanze, per la loro facilità d’uso ed efficacia. Un aspetto frenante può essere il costo di tali prodotti

Un altro prodotto storicamente impiegato nell’affinamento è il tannino.

Qui i materiali a disposizione sono molteplici ed un enologo può veramente dar libero sfogo alla fantasia, in quanto sono presenti sul mercato materie prime e miscele ottenute dalle più svariate specie botaniche: quercia, castagno, tara, quebracho, the,  fino a quello più “puri” di uva, che in pratica consentono di riequilibrare alcune carenze naturali dovute a maturazioni non perfette.

Le aggiunte sono di qualche decina di grammi per ettolitro, e gli effetti, soprattutto con tannini molto “boisè” sono notevoli.

Se pensiamo ai tannini di quercia, lo scopo è quello di simulare o “aiutare” certe barriques molto vecchie, che non adempiono più al loro dovere. In questo modo, grazie ad aggiunte mirate, si apporta della struttura o della morbidezza a seconda dell’essenza botanica utilizzata.

Per correggere invece certe “asperità” dovute a maturazioni non perfette, cioè presenza di tannini troppo astringenti, i prodotti impiegati sono di origine proteica: dalle gelatine animali ai derivati del pesce (colla di pesce) o delle uova (albumina in forma liquida o polvere). Ciascun prodotto ha dei campi di applicazione differente in funzione della “gravità” dell’intervento e del tipo di qualità del vino. Le chiarifiche fanno parte del processo di vinificazione e sono praticamente all’ordine del giorno, per avere dei prodotti stabili nel tempo

Sempre nel caso di maturazioni non perfette, è ipotizzabile la presenza naturale di acido malico. Generalmente è auspicabile una fermentazione malolattica spontanea, a seguito della fermentazione alcolica.

Qualora ciò non avvenga sono percorribili due strade: disacidificazione biologica o chimica

L’uso di batteri lattici selezionati non è ancora molto diffuso a causa del prezzo elevato dei prodotti, oltre ad una incertezza del risultato.

Qualora non sussistano le condizioni per avere una fermentazione malolattica biologica, si può ricorrere ad una più “piatta” disacidificazione chimica, grazie all’uso di sali disacidificanti , come il bicarbonato di potassio o il carbonato di calcio.

Con questo tipo di interventi, decisamente meno tecnici e molto “industriali” si perdono aspetti organolettici interessanti ed i vini sono decisamente più amarognoli e piatti.

Gli enologi hanno veramente a disposizione una gamma infinita di “soluzioni tecnologiche” per correggere o standardizzare i vini. La prossima modifica sull’etichettatura dei vini pone l’obbligo di indicare certi trattamenti a causa dell’allergenicità di alcune sostanze impiegate (derivati del glutine, del latte, del pesce). Cosa succederà in cantina: si abbandoneranno certi trattamenti o si farà come gli struzzi?

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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