Madrid Fusion 2012, forse un po’ fusa2 min read

Tre giorni intensi a Madrid Fusion  per affacciarsi sul “mondo cibo”spagnolo, i suoi riti e le sue star.

L’anno scorso MF aveva brillato mediaticamente per la presenza di Adrià, che aveva annunciato la chiusura e l’avvio contemporaneo del suo innovativo progetto. 

Quest’anno invece i riflettori accesi emanavano una luce opaca eppure non mancavano i protagonisti di livello  a cominciare da Martin Berasategui, Alain Ducasse, gli Arzak, i Roca ed anche i nostri Nico Romito e Paolo Lopriore oltre ad una pattuglia norvegese e tanta Spagna ovviamente.

Colpa della crisi? E’ mia impressione che la crisi c’entri e non poco, ma non sia determinante; mi sembra piuttosto e che si stia chiudendo un ciclo ed in attesa che se ne apra un altro il circo degli chef, sempre più sui palcoscenici e meno in cucina, è diventato autoreferenziale e si sta inevitabilmente avvitando su se stesso.

Tutto è stato già detto, tutto è stato già fatto, gli effetti speciali consumati, gli attori logori da un copione che ormai si ripete da anni.

Poche le novità e tra queste un sorprendente Nico Romito con le sue concentrazioni, ma chiamale se  vuoi “estrazioni”,  che come tutte le grandi invenzioni è molto semplice e perciò geniale. Oppure  un  Paolo Lopriore  che con le sue creazioni “nulla è come appare” risveglia dal suo torpore, strappando applausi,  una sempre nutrita  platea.

Il titolo di quest’anno era non a caso “Las puertas del futuro”, che  appena socchiuse  hanno lasciato  intravedere ben poco. Resta abissale la distanza che separa la cucina d’autore e “l’altra”.

Senza negare il ruolo necessario  delle avanguardie, come in tutte le espressioni culturali, mi sembra che i più  siano partiti per la tangente perdendo di vista l’essenziale, anche se si nota un certo ritorno alla centralità delle materie prime ed ai suoi produttori.

Per i resto tutto si svolge seguendo un copione ormai collaudato e sempre più lassista: siamo alla decima edizione ed ormai hanno preso campo gli stand gastronomici che alternano grandi marchi industriali come Philadelphia o Schweppes a piccoli produttori artigianali. Lodevole la nuova formula con l’introduzione di brevi lezioni monotematiche e la presenza del  paese invitato che quest’anno era la Corea del sud. L’organizzazione è ineccepibile come al solito e Madrid poi fa il resto.  

Pasquale Porcelli

Non ho mai frequentato nessun corso che non fosse Corso Umberto all’ora del passeggio. Non me ne pento, la strada insegna tanto. Mia madre diceva che ero uno zingaro, sempre pronto a partire. Sono un girovago curioso a cui piace vivere con piacere, e tra i piaceri poteva mancare il vino? Degustatore seriale, come si dice adesso, ho prestato il mio palato a quasi tutte le guide in circolazione, per divertimento e per vanità. Come sono finito in Winesurf? Un errore, non mio ma di Macchi che mi ha voluto con sé dall’inizio di questa bellissima avventura che mi permette di partire ancora.


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