L’undicesima edizione del Premio Giulio Gambelli a Andrea Scaccini3 min read

Non c’è dubbio che il Teatro degli Astrusi a Montalcino sia il posto adatto per ricevere un premio e credo lo abbia capito anche il giovanissimo (28 anni) Andrea Scaccini quando, in un teatro gremito in ogni ordine di posti è salito sul palco per ritirare il Premio Nazionale Giulio Gambelli.

Questa volta ben 20 giovani enologi under 40 avevano inviato i loro vini e devo ammettere che la degustazione (naturalmente bendata) è stata più complessa del solito ma anche più soddisfacente.

Andrea Scaccini

Ormai sapete che per me il Premio Gambelli non viene assegnato da noi giurati (quest’anno eravamo in 9) ma da Giulio Gambelli in persona che, ovunque lui sia, seleziona il vincitore (o vincitrice) tenendo in conto più la persona che i vini. Quindi ieri, appena incontrato Andrea ho ricercato in lui “le stimmate” di gambelllianità e le ho trovate subito. Faccia pulita, modi garbati, educati, per niente spavaldo ma sicuro di se. Con lui ho parlato un po’ di vino, ma soprattutto di vita e naturalmente del figlio che ha avuto da pochissimi giorni.

Mentre parlavo con lui o semplicemente gli sedevo accanto mi è venuto da pensare che negli ultimi tempi i premi per il miglior enologo italiano sono sorti come funghi. In questo proliferare di riconoscimenti che funzione può avere il Premio Gambelli? Ci ho ragionato su venendo via da Montalcino e sono arrivato alla conclusione che noi non premiamo il miglior enologo ma quello che più si avvicina ai principi enoico/etici di Giulio Gambelli che, ricordo a tutti non era enologo ma “semplicemente” un grande palato, un uomo intelligente, modesto e di grande rettitudine morale.

Giulio Gambelli

Rispettare le uve, l’annata (buona o cattiva che sia) il vitigno senza cercare scorciatoie o migliorie strane vuol dire anche e soprattutto avere rispetto di sé e degli altri, vuol dire mostrare una rettitudine che servirà sempre nella vita. Vuol dire magari rischiare di fare vini meno performanti ma sicuramente più veri.

Mi sono ripassati nella mente le facce dei vincitori precedenti, ho ripensato ai loro vini, per niente “di facciata”, con il rischio anche di non raggiungere i grandi premi e ho capito che la strada tracciata da Giulio Gambelli e che noi cerchiamo di tramandare con il Premio è quella giusta. Ci sono enologi, anche giovani e famosi, che fanno ottimi vini senz’anima e enologi che fanno buoni vini con l’anima. Il Premio Giulio Gambelli va a enologi che fanno vini con l’anima, di questo sono sicuro.

Per assurdo questo è un premio che servirà in futuro a ognuno dei vincitori, perché uomini e donne dotati di rettitudine e rispetto di sé e degli altri, faranno sempre vini di un certo livello e di una certa categoria. La cosa bella, se vogliamo essere per una attimo commerciali,  è che se ne stanno accorgendo anche buyer esteri.

Quindi, caro Giulio, anche quest’anno hai fatto la scelta giusta, grazie.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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