L’insostituibile amico di sempre5 min read

Nei momenti più delicati e difficili della mia vita, quando per varie ragioni mi sono imbattuto in qualche difficoltà di carattere alimentare, vuoi per carenza o vuoi per qualità, un fidato insostituibile e fedele compagno mi ha aiutato a risolvere difficoltà e problemi. La prima volta che me ne resi conto fu quando a undici anni fui mandato nel Collegio Vescovile di Grosseto. Starci  voleva dire dormire lì: dopo la colazione del mattino al refettorio si prendeva la Santa Messa (tutti i santi giorni) e poi a scuola nei vari istituti della città. Al ritorno pranzo, poi un po’ di ricreazione e  a fare i compiti fino alla sera, salvo una piccola pausa alle 4 per la merenda. Quindi  a cena e dopo tutti a letto in camerata.

Nei pranzi e nelle cene la carne si vedeva due volte alla settimana, il giovedì e la domenica, e solo a pranzo. Idem per la pasta con il ragù di carne. La mattina un latte fatto con acqua calda e latte in polvere, un caffè d’orzo e degli enormi bricchi per versarlo in profonde a grandi ciotole a conca adatte a “zupparci” il pane in quantità, che infatti ci veniva dato a volontà.

A pranzo e a cena il primo era costituito quasi sempre da minestra in brodo con la pasta o con il riso o anche da minestroni di verdura. Al massimo si poteva arrivare ad una pastasciutta col pomodoro. Mentre i secondi erano invece qualcosa di veramente speciale. Nel senso che potevano essere costituiti da una porzione di bietole lesse e un formaggino, ma anche da un’insalata e una fetta di mortadella, o da spinaci con un cioccolatino, di quelli triangolari nella carta color oro.

Se c’erano le patate lesse con gli sgombri in scatola era certo che  l’olio era quello incolore che se andava bene non puzzava e al meglio aveva un sapore neutro che tutto ricordava fuorché il nostro olio di frantoio.

Se per le minestre la cosa era assai ragionevole, se non altro aggiustabili con un po’ di formaggio grattugiato e i pezzetti di pane che si mettevano di rinforzo, i secondi erano per me, ma anche per gli altri, veramente infami. Almeno secondo le abitudini di casa nostra. Allora ricordando le merende di casa mia, preparate dalla  mamma o dalla nonna trovai la soluzione. Le mie merende classiche erano di due tipi: quelle con l’uovo e quelle con il pane inzuppato o bruschettato. Per l’uovo la soluzione era semplice, avevamo un piccolo pollaio proprio nel sottoscala di casa e bastava andare lì e prenderne uno bello fresco, cioè ancora caldo, fargli due buchini alle estremità e poi berlo direttamente dal guscio. Subito dopo mi davano un bicchierino di marsala – all’uovo presumo – per levarmi i sapori forti di bocca.

Per il pane le versioni erano due. La prima prevedeva una fetta di pane inzuppata nell’acqua e poi ricoperta di zucchero bianco e delle gocce di vino rosso in qua e in la. L’altra versione era semplicemente una bella fetta di pane con l’olio d’oliva sopra, ben spalmato e un pizzico di sale. In opzione qualche rara goccia di aceto. Solo nel felice periodo estivo si poteva migliorare mettendo sopra il pane del pomodoro maturo strofinato e poi olio, qualche fogliolina di basilico, sale e qualche goccia di aceto.

Proprio pensando al semplice quanto buono ed efficace pane con l’olio e il sale risolsi il problema dei secondi da mangiare in Collegio. Chiesi a casa un bottiglia d’olio e il babbo, che per queste cose non lo batteva nessuno, me ne preparò una in men che non si dica. Da qual momento ogni volta che il secondo era particolarmente…..particolare, mi prendevo una bella fetta di pane, da parte a parte, ci mettevo sopra una bella razione di olio, un pizzico di sale e il secondo era fatto. Quel poco di olio che rimaneva nel piatto ci facevo da ultimo anche la scarpetta, per non sciupare niente. Naturalmente così facendo si creò il problema dello smaltimento o riciclaggio dei miei secondi che io non mangiavo. Trovai un’ottima soluzione: cedevo le mie razioni a qualcuno con l’intesa che mi avrebbe reso la sua porzione al venerdì. Perché al venerdì c’erano ceci e uova fritte o lessate. Per cui quando si arrivava al venerdì avendo da riscuotere magari più di una porzione, mi ritrovavo nel piatto delle montagne vere e proprie di ceci. Per non dire delle uova. Ovvio che tutto era poi condito doverosamente e generosamente col mio olio personale.  Fu così che non solo risolsi il problema del mangiare in collegio, ma addirittura mi ritrovai a starci come un principino!

Così quando mi ritrovai ad essere ricoverato qualche giorno per un infortunio ad un dito, dopo un pranzo ospedaliero chiamai subito in soccorso la mia brava bottiglietta d’olio e, siccome nel frattempo ero un po’ cresciuto, anche una con un po’ di vino. Stessa procedura quando andai militare nei bersaglieri. Il mangiare era quello che era, ma io ero vaccinato e non me la presi più di tanto. Come  al solito chiesi subito e d’urgenza una bottiglia d’olio a casa e con questa condii e rincondii fette di pane.
Con quale effetto? Partii per il militare che ero 78 kg, dopo quindici mesi di corse e di marce tornai a casa che pesavo 83 kg. Quando si dice……………………
 

Roberto Tonini

Nato nella Maremma più profonda, diciamo pure in mezzo al padule ancora da bonificare, in una comunità ricca di personaggi, animali, erbe, fiori e frutti, vivendo come un piccolo animale, ho avuto però la fortuna di sviluppare più di altri olfatto e gusto. La curiosità che fortunatamente non mi ha mai abbandonato ha fatto il resto. Scoperti olio e vino in tenera età sono diventati i miei migliori compagni della vita. Anche il lavoro mi ha fatto incrociare quello che si può mangiare e bere. Scopro che mi piace raccontare le mie cose, così come a mio nonno. Carlo mi ha invitato a scrivere qualche ricordo che avesse a che fare con il mangiare ed il bere. Così sono entrato in questa fantastica brigata di persone che lo fanno con mestiere, infinita passione e ottimi risultati. 


ARGOMENTI PRINCIPALI



0 responses to “L’insostituibile amico di sempre5 min read

  1. Roberto Tonini, un monumento ti devono fare!
    E poi spararti in TV con la tua testimonianza di infanzia alimentare in prima serata al posto di quelle mielose e falsissime pubblicità  di biscotti e merendine “torna alla natura”.
    Il menu del tuo Collegio ora spopolerebbe nelle mense scolastiche fornite di dietista politically correct.
    I miei figli alla scuola materna e all’asilo hanno fatto il tempo pieno, ma non con cibi precotti, bensଠcucinati in loco.
    Il primo di sei anni più vecchio ha beneficiato ancora della “vecchia scuola” e spesso tornava a casa pretendendo pietanze di livello come quelle mangiate a mezzogiorno.
    Il secondo si é trovato la dietista che per prima cosa ha abolito le salsicce e le patate fritte nell’olio d’oliva locale a favore dello stracchino. Stiamo parlando della provincia di Siena ohibò, non della Lomellina.

    Quando leggo questi post mi viene da pensare, ancora…ancora. E mi viene una fame di pane, olio e pomodoro che non vi dico!

  2. Quand’ero piccolo, non nel jurassico come il Tonini, il massimo per me era il cortecciolo di pane fresco ( un giorno sଠe uno no…) con un filo d’olio, un pò di sale, e qualche goccia di aceto, lo facevo scricchiolare ben bene per far espandere il condimento fino all’interno e poi me lo manggiavo alla svelta perchè l’olio incominciava a coalre dalle crepe della corteccia.
    A ripensarci mi viene voglia di rifacci.

  3. Mi hai fatto venire una fame !!! Pane, acqua, aceto, olio, sale e pepe, e se c’è un pachino… un piatto cosଠfatto è mangiar da re; una cosa però devo chiederti, Granocchiaio mio, mi chiedo da tempo se è per via della mia nobiltà  contadina, e quindi per lo snobbismo del callo alle mani, oppure anche a te risulta cosà¬.
    Mi spiego, quando si prepara il pane con il pomodoro, te l’olio lo metti prima o dopo aver stropicciato il pomodoro? Io trovo che il piatto cambia di molto sia di gusto che di sapore, a seconda che l’olio venga messo prima sul pane e poi ci venga stropicciato il pomodoro sopra; cosଠa me non piace.

    Io prima stropiccio il pomodoro, e poi ci lascio i pezzi con la buccia sopra taglizzandoli, dopodichè ci metto l’olio in modo che cada sia sul pane scoperto che sulle bucce del pomodoro strofinato, infine e solo allora, se proprio ne sento il bisogno, un pizzico di sale, ma posso anche farne a meno se il pomodoro è di quelli come dico io…. il pepe? Una sciccheria, solo quando ci sono gli ospiti sempre che gradiscano… Grazie Granocchiaio, anche io penso che te devi fare TV , una rubrica all’ora di pranzo o di cena, mica tanto… una ventina di minuti ogni giorno e molti italiani te ne sarebbero grati.

  4. Quando ero ragazzino io la merenda era costituita da una fetta di pane con l’olio sale e – se c’era – un pomodoro strusciato in cima. Veramente a me piaceva moltissimo questo tipo di merenda e non capisco cosa di buono ci sia in queste merendine preconfezionate con grassi idrogenati (che saranno mai??) e zuccheri di ogni tipo. Il fatto era che noi eravamo magri come acciughe e correvamo tutto il giorno dietro pesantissimi palloni sgonfi, mentre ora….
    Grazie a Tonini di averci riproposto questo spaccato di vita passata bella perchè povera ma felice di tante piccole cose.

  5. Sono stata in collegio anche io, dalle suore , e i pranzi e le cene erano proprio come quelli che descrive Roberto : stessi sapori , stesi odori .
    Peccato non aver avuto l’accortezza di provvedere con qualche rinforzo da casa , come è capitato a lui .
    A proposito delle merende casalinghe ricordo anche io le tante fette di pane con il vino e lo zucchero : buonissime .
    Dio ne guardi mi permettessi di preparare una merenda cosଠalla mia nipotina succederebbe il finimondo .. .. ” ma ti pare il vino ad una bambina piccola !…..
    Non credo che quelle merende abbiano disturbato la mia crescita , anzi …

  6. dice il Pizzicato: ma te l’olio lo metti prima o dopo aver stropicciato il pomodoro? Domanda che ai più può sembrare sciocca o cavillosa. Per me invece vuol dire apprezzare anche le differenze da dettagli che paiono da niente e invece non lo sono affatto.
    Forse proprio sperimentando quasi quotidianamente questa preparazione credo di avere affinato piano piano tutta una serie di attenzioni che poi alla fine danno dei risultati assai diversi e interessanti.
    Prima o dopo? Allora andiamo con ordine.
    Prima parlo del solo pane con l’olio, quello che si mette direttamente sul pane senza che questo sia tostato. E questo è un gran bel vantaggio perché la mia tecnica alfine è questa: strizzo leggermente la fetta del pane fino a comprimere la mollica, poi verso sopra delicatamente l’olio e quindi rilascio la morsa per cui l’olio si sparge automaticamente e uniformemente su tutta la superficie, ma anche penetrando già  un poco nella mollica. Il vantaggio è quello di un’ottima distribuzione dell’olio sulla fetta che rimane quasi “asciutta” in superficie e quindi molto più comoda da mangiare a morsi. àˆ sconsigliata infatti qualsiasi altra forma di ingestione.
    Pane con olio e pomodoro strofinato. Qui non c’è discussione proprio. Il pomodoro va messo prima, magari un bel pezzo prima, almeno un’oretta direi, in modo il suo succo possa penetrare bene nella mollica. àˆ concesso lasciare i pezzetti di pomodoro post strofinatura. A quel punto l’olio si può mettere anche immediatamente prima di essere mangiato, quasi che “galleggi” un po’ sul pomodoro spezzettato. Qualche granello di sale, l’idea del basilico. Il pepe non lo trovo cosଠspeciale e utile, anzi, ma se a uno piace”¦..
    Una notazione sul pane. àˆ sottinteso che parlo di pane toscano ”“ senza sale – casareccio a lievitazione naturale. Non prendo nemmeno in considerazione alternative a questa preparazione.
    Il callo nelle mani. Se ne parliamo noi mi pare davvero dello snobismo. Noi due di palude siamo prima girini e poi se cresciamo bene diventiamo granocchiai: i calli, quelli veri, ce l’avevano i nostri vecchi, non scherziamo.

  7. beati voi che ci avevate i soldi. mio babbo, cantoniere a 35000 mila lire al mese negli anni ’60, prima della svolta sindacale che fece salire di una spanna i salari, con due figli e moglie a carico, spesso faceva colazione alla prima osteria che trovava sulla ravegnana. Stradino in bicicletta, trovava cosଠun attimo di riposo dal duro lavoro di sistemazione e cura dei fossi delle strade comunali. In quei luoghi quasi del tutto scomparsi, ci si affidava alla generosità  degli osti che ti lasciavano profumare, dall’aringa appesa al soffitto, quel pezzo di pane secco che stazionava da tempo immemore nelle bisacce. Sia chiaro, non è che ho nostalgia di quel pane, che tra l’altro non ho mai assaggiato, ma della generosità  e solidarietà  delle persone, quella sà¬.

  8. E meno male che Roberto parla di ricette semplici, se dovesse spiegare come si fa una cosa leggermente più complicata di pane e olio ci metterebbe tre giorni, ci metterebbe. Comunque appoggio incondizionatamente l’idea di Nelle Nuvole e rincaro. Il Tonini al posto del Bigazzi accanto alla Clerici. Dovranno zoommare largo, visto che fra lui e la biondona prenderanno mezza sala, però dopo potrei morire contento

  9. Caro maestro,
    la tua non è una bruschetta, non è “pane e olio”!
    la tua è una particola con estrema unzione!!!
    Come ha scritto Flaubert: Dio è nei dettagli

  10. Caro ranocchio, se ti vanti di aver affinato l’arte di preparare pane e pomodoro, io ti sfido; posso mettere sul tavolo la ricetta di Suor Angela (mitica!) che magari come suora era un pò sprint, ma come buongustaia era una forza!
    Allora:
    pane di due giorni, tagliato a fette alte;
    ogni fetta strofinata su di un lato con il basilico;
    poi strofinare i pomodori maturi su entrambi i lati;
    su di un lato della fetta una prima passata di olio, quindi una strizzatina per far entrare l’olio ben benino dentro la mollica;
    girata la fetta ci si mette sopra le bucce di pomodoro, un pizzico di sale e quindi olio a volontà , secondo i gusti.
    A me mi ci faceva mette una goccia di aceto, ma mi toccava poi dଠun paio di paternostri pè compensà  l’obrobrio.
    Lo so, schiatti d’invidia!

  11. Certo che schianto d’invidia, ma quanta nostalgia di suor Angela”¦”¦..mitica, epica, leggendaria. Non conoscevo la ricetta, ma mi convince, cita un passaggio che anch’io avevo suggerito “quindi una strizzatina per far entrare l’olio ben benino dentro la mollica”. Ma ancora di più quando dice “olio a volontà ” perché quando ci vuole ci vuole e bisogna mettercelo. Ma la cosa che più mi fa godere è che poi è riuscita a fatti dଠun paio di paternostri. Te sai come me quali di quali altre imprese è stata capace questa santa donna nelle sue pie incursioni maremmane”¦”¦”¦”¦.

  12. niente di più bono del pane col pomodoro e rispondo a Pizzicato, e fai bene, prima si strofina il pomodoro, dopo si mette l’olio, eventualmente l’aceto e poi il sale. Altro che merendine, io ai miei figli la merenda la facevo cosà¬. Ma io ricordo anche un’altra merenda o colazione che mi piaceva tanto tanto, una bella fetta di pane con sopra la pelle del latte e lo zucchero, adesso però quella bella panna si troverà  solo in montagna non so

  13. Rosetta la tua non la conoscevo; però anche io mi ricordo la sora zoppa, ma non conoscevo la ricetta che questa sera proverò subito. Sarebbe da farci una festa sul pane preparato in tutti i modi possibili; per ritornare a bomba sul tema principale del sito, il vino, passando per una cosa che lo riguarda indirettamente, vi dico che una delle cose che mi piace ogni tanto fare, è mangiare una zocca d’uva col pane, cosଠschietta e pura. La mi mamma lo mangiava sempre e ogni tanto lo faccio anche io in autunno, cosà¬, anche per sentirmela vicino.
    Ma io vi lancio un’altra provocazione, il granocchiao avrà  da di la sua, ma pure mezzolitro ne sono quasi sicuro.
    Pane vino e zucchero.
    Mia nonna mi ci ha cresciuto, ma c’è un dubbio che devo sottoporvi, secondo voi il vino è meglio bianco o rosso? Ognuno avrà  i suoi motivi per preferire ora l’uno oppure l’altro, ma quello che mi disse la mi nipotina che stavo educando alla stessa disciplina cui mi aveva laureato mia nonna scommetto che nessuno lo sa.
    Ve la dico, perchè a me fece rimanere a bocca aperta,
    sta cittina aveva si e no 5-6 anni, e mi chiese di fargli la merenda, io presi il pane e poi il vino rosso e lei subito…. è no… quello bianco, e perchè gli chiesi? E lei… ma perchè cosଠnon ti accorgi quanto ce ne metti e ce ne va di più…. ovvai…. da allora la soprannominai ciucciafiaschi!

  14. Io mi ricordo pane zucchero e acqua, ma il vino non lo ricordo proprio, anche perchè sotto i 16 anni forse non è il caso.

  15. Non mischiare l’acqua al vino, o l’oglio al grano

    pane vino e zucchero non ha niente a che spartire con il divieto di dar alcolici ai minorenni, un bambino va educato alle cose della vita e il bere il vino è una di queste, una spruzzata di vino sul pane non è una dose che fa male; difficilmente troverai alcolizzati o sbornie del sabato sera tra chi fin da piccolo è stato abituato ad apprezzare il vino. E’ normale che bisogna dedicarcisi, ad esempio l’uovo con la marsala… da piccolo io lo prendevo , non come il granocchiaio, ma sbattuto in un bicchierino con lo zuchero e un dito di marsala (ma sai come si fa il Marsala?). Una spruzzata di vino sul pane, non crea nessun pericolo al fegato del bambino, ma lo educa al rispetto di quella sostanza che se ci fai caso ai ragazzi cresciuti senza, non piace perchè preferiscono la coca cola…. quella si che da dei problemi nelle quantità  che se ne bevono, e poi appena escono di casa la prima volta cascano subito nella sbronza del sabato sera con i superalcolici.

  16. Nei miei ricordi di bambino il vino era prerogativa esclusiva degli adulti, la mଠmamma non concedeva deroghe di sorta; sicchè la fetta di pane col vino e zucchero mi manca, in compenso non sono mancate marmellate di tutti i tipi, miele, e soprattutto la cioccolata a tocchi, quella di due colori avvolta nella stagnola.
    L’unico contatto col vino, sotto i diciott’anni l’ho avuto, tre o quattro volte, per “colpa” di Servilio, del podere confinante che quando nevicava sul serio lui mi dava, di soppiatto,una specie di granita fatta con la neve fresca vino bianco e zucchero che devo dଠmi ricordo con piacere, con meno piacere mi ricordo le botte della mଠmamma che puntualmente mi sgamava.
    Per quanto riguarda Suor Angela, ce ne avrei di cose da dire, leggendarie e non, però magari in questo blog non è il caso di postarle.

  17. Rispondo al Pizzicato. Sul pane acqua e zucchero sopra ci va il vino rosso, non si discute. Al prete in chiesa ho sempre servito vino bianco (ma non era mai un granché). Per l’uso del vino come vino se si comincia a dire qual è meglio o addirittura qual è più vino dei due”¦”¦”¦..ho l’impressione che si vada troppo lontano, e che magari i guru della materia (che qui sono i padroni del vapore) ci bacchettino a modino.

  18. Mi ricordo che Maria (la mi mamma) mi faceva pane vino, rosso perchè il Lola (il mi babbo) preferiva quello, e zucchero fin da piccolo. Mi meraviglio di Mezzolitro, e si che si vanta contadini doc: dalle nostre parti la meranda tipica, ed anche lo svezzamento, era quella (al limite acqua al posto del vino, mi piaceva lo stesso) anche perchè quando io e Jurassick Granocchiaio il pomodoro esisteva solo in estate, non come ora che si trova sempre, anche se fuori stagione non lo apprezzo, come non apprezzavo, sul pane, i vari tipi conservati.

  19. Ma cosa vuoi bacchettare…seguo rapito pezzetti di storia che andrebbero messi assieme per goderne ancora di più. Intanto ci metto il mio: pane vino e zucchero era una delle mie merende preferite. Anche mia madre non mi permetteva di bere vino ai pasti (da piccolo….diaciamo fino a 14 anni) ma pane vino e zucchero era un’altra cosa, era un dolce, una cosa buona e nutriente. Come se ai bambini non si dessero i dolci con l’alkermes perchè è alcolico. Pane vino e zucchero me lo rivedo davanti anche ora: La fettona viola con sopra uno strato bianco di zucchero che si scioglieva. E che gusto a leccarsi le dita!

  20. Chiedo scusa se rilancio, ma io il pane l’ho sempre amato, nel senso vero, quindi vi racconto il modo in cui in casa si preparava il brodino della sera senza pasta, la mi mamma affettava delle fettine fine fine come ostie di pan d’un giorno o due e le mettava a ricoprire il fondo del piatto e poi ci grattava del formaggio,

    infine un bel romaiolo di quel brodo di pollo e ossaccio di vaccina che era quasi torbo, e infine sul brodo un ricciolo d’olio.

    Quel brodino con quel pane che si sciolgieva in bocca con il formaggio filante era secondo solo a quello fatto con la ripulitura della spianatoia dopo avrerci fatto la pasta, quelle palline che si formavano grattando la spianatoia per pulirla con il coltello.

  21. Ma allora fate apposta. mio babbo sul vino aveva le idee chiare e io e mio fratello le si doveva accettare, mica “condividere” come si dice adesso. Voleva che bevessimo il vino già  dai 12 anni, magari annaqquato ma si doveva assaggiarlo. Risiede lଠla radice del mio allontanamento dal vino fino al 1976, anno in cui scoprii cosa si poteva ricavare da un grappolo di uva. Vi lascio immaginare a cosa poteva essere paragonata un tale ebbrezza.

  22. Che buono il pane con l’olio e il sale (quando l’olio è buono, però) oppure il pane col pomodoro… D’estate è il mio vitto quotidiano. Al diavolo pasta o carne! Mille volte meglio le “freghe” come chiamano al paese dei miei, Castagneto Carducci, le fette di pane col pomodoro strusciato. Ricordo quando gli amici/e braccagnini ridevano a sentire quel nome. A merenda la mamma ci chiamava e chiedeva:”le volete due freghe?”. Dopo il primo stupore giù risate!
    A casa mia ancora si chiamano cosà¬. Mi vengono in mente le vassoiate di “freghe” che, le sere d’estate, allietavano la tavolata di parenti arrivati all’improvviso. vassoiate di “freghe” accompagnate da salame e prosciutto (nelle cantine dei contadini non mancavano i salumi). Il tutto bagnato dal buon vino rosso fatto dal nonno, denso e scuro, versato in quei bicchierini di vetro grosso, da osterie. Altro che caviale!

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