Lettera aperta e Piero Mastroberardino4 min read

Caro Piero,

ho letto il suo sfogo (posso chiamarlo così?) dove dice chiaramente che per ottenere buoni punteggi dalle guide occorre partecipare agli eventi che le stesse organizzano, aggiungendo anche che gli organizzatori di questi eventi non dovrebbero essere gli stessi che poi assaggiano e danno i punteggi ai vini.

 

Di primo acchito mi viene da dirle che ha ragione da vendere! Un editore non dovrebbe assolutamente basare i suoi giudizi su quanto “rende” dare un buon o cattivo voto ad una cantina e tantomeno chi assaggia non può fare da corda e da impiccato.

 

Il sano giornalismo, enogastronomico e non, si basa sull’opposto e nel caso di commistioni comprovate che alterassero le regole di sano e corretto giornalismo queste dovrebbero essere denunciate all’Ordine dei Giornalisti ed eventualmente alla magistratura.

 

Quindi ha fatto bene a parlare, anche se…

 

Anche se, mi domando, lei non è da oggi in questo mondo e la sua è una cantina con le spalle grosse che, mi permetta, può reggere una sfuriata generica di questo tipo.

 

Ho detto generica e qui sta uno dei punti “scoperti” del suo discorso. Mi spiego: come credo lei non saprà visto che non ci ha mai mandato i vini in assaggio, Winesurf è anche e soprattutto una guida vini, l’unica guida esclusivamente online sul vino italiano. Quindi il suo discorso tocca anche noi e, scusi la schiettezza, ci fa parecchio ridere. Primo perché non organizziamo eventi a pagamento per le aziende, secondo perché non ci vediamo proprio nel ruolo di “valutatori a pagamento”.

 

Ma andiamo oltre: come accennato lei non è certo al primo anno di vita in cantina e quindi avrà avuto modo di vedere e valutare come la nascita dell’uovo-guida passi attraverso la gallina-pubblicità, fatta in varie maniere.

C’è chi ha guida vini e giornale enogastronomico (con variante guida vini e guida ristoranti) e raccoglie pubblicità sul secondo grazie al primo, c’è chi ha da mandare avanti un’associazione e lo fa anche grazie alla pubblicità raccolta in varie cantine, c’è chi organizza qualche evento e/o cena e mette ticket di ingresso per ogni produttore pari ad una cena per 10 persone in un pentastellato newyorkese.

Iinsomma da quando guida è guida e mondo è mondo, per fare e stampare una guida ci vogliono soldi e questi arrivano sempre meno da chi la legge e sempre più (in percentuale) da chi viene valutato. Vorrei anche aggiungere che le guide-giornali esteri non campano d’aria, basta vedere quanto costa partecipare ad un evento con Wine Spectator.

 

E’ un sistema sbagliato? Posso essere d’accordo ( infatti noi stiamo sul web che ha costi molto più bassi, non abbiamo mai chiesto una lira e quando l’abbiamo fatto è stato tramite un metodo chiaro e solare come il crowdfunding) ma è lo stesso sistema che ha permesso alla sua azienda di prendere premi praticamente da tutte le guide italiane negli ultimi venti anni.

 

Certo, sono convinto che i premi Mastroberadino se li è meritati tutti perché ha avuto e ha ottimi vini, e qui veniamo ad un altro punto da discutere.

Ogni guida con un minimo di struttura ha da una parte chi degusta e dall’altra chi va in cerca di pubblicità. Mi pregio di conoscere una bella fetta dei colleghi che assaggiano per vare guide, posso garantirle che sanno fare benissimo il loro lavoro e sono convinto che i loro assaggi siano quanto di più regolare e specchiato possa esistere. Molti li conosce anche lei, li ha fatti entrare nella sua cantina e non credo di solito lei apra le porte di casa a persone che parlano bene e razzolano male.

 

Quindi presumo il suo sfogo sia diretto verso le alte sfere delle guide, verso gli editori che indirizzerebbero  voti alti o bassi a loro piacimento. In altre parole questi direbbero al degustatore “La cantina X prende il voto che dico io. Se ti va bene è così, altrimenti ho la coda fuori dalla porta per sostituirti”. Magari è anche possibile, ma su questo bisognerebbe essere più chiari e magari fare nomi e cognomi, perché altrimenti non solo si rischia di alzare fumo ma soprattutto di fare di tutte le erbe un fascio e colpire giornalisti e degustatori onestissimi che svolgono in maniera irreprensibile il loro lavoro.

Quindi la prego Piero faccia nomi e cognomi, altrimenti il suo può sembrare solo uno sfogo perché, tiro a indovinare, quest’anno ha preso voti più bassi rispetto agli anni passati.

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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