Legge UE sul vino biologico: ma mi faccia il piacere!4 min read

La nuova normativa europea sulla possibilità di scrivere in etichetta “Vino Biologico” e non solo “ Vino da uve da agricoltura biologica” a naso mi puzzava e non poco. Ho deciso così di fare una piccola indagine, prima ricercando il testo della normativa e poi chiedendo qualche parere ad amici produttori ed enologi.

Veniamo al testo: leggendolo mi è venuta in menta una famosa vignetta di Vauro dove viene certificato da terzi il fatto che tutti  siamo regolarmente presi per  i fondelli.  Perché?

Partiamo dal dato più eclatante, il livello della solforosa totale ammessa. Se non sbaglio per i vini non biologici il livello è di 160 mg/l per i rossi e 200 mg/l per bianchi e rosati.


Per i futuri vini biologici, udite udite,  i limiti sono stati posti a 100 mg/l per i rossi e 150 mg/l per bianchi e rosati, con la possibilità di aumentare in tutti i casi di 30 mg/l se il vino ha più di 2 grammi di zucchero residuo. In definitiva in Italia, visto l’andamento del mercato che, specie per bianchi e rosati prevede quasi d’ufficio 3-4 grammi di zuccheri residui, potrà essere definito biologico un vino con 180 mg/l di solforosa totale!!!

In altre parole, considerando che anche certi  rossi giovani possono avere più di 2 grammi di zuccheri residui,  ci troviamo a soli 20 mg/l in meno rispetto ai non biologici!!!

E PER ARRIVARE A QUESTO CI VOLEVA UNA LEGGE EUROPEA????

Non vi sembra una presa per i fondelli????? Lo è ancora di più  se consideriamo, come mi hanno confermato amici produttori, che oramai quasi nessuno arriva più a certi livelli di solforosa; non solo produttori biologici ma anche normali cantine grosse e piccole, che si attestano senza problemi attorno a 70-90mg/l per i rossi e 90-110 mg/l per i bianchi o rosati.

 

Aspettate!!! Il regolamento CEE, oltre ai livelli di solforosa, elenca tutte le sostante e le procedure che possono entrare nella produzione di un “vino biologico”. Qua sotto vi faccio un elenco riassuntivo.

Osmosi inversa (fino al 31 luglio 2015)
Perlite, cellulosa, terra di diatomee  (tutto questo per la filtrazione sterile)
Lieviti  (ottenuti da materie prime biologiche, se disponibili)
Fosfato di ammonico
Dicloridrato di tiamina
Carbone per uso enologico
Gelatina alimentare*
Proteine vegetali ottenute da frumento o piselli*
Colla di pesce*
Ovoalbumina*
Tannini*
Caseina
Caseinato di potassio
Diossido di silicio
Bentonite
Enzimi pectolitici
Acido lattico
Acido tartarico
Carbonato di calcio
Tartrato neutro di potassio
Bicarbonato di potassio
Resina di Pino di Aleppo
Batteri lattici
Acido L-ascorbico
Azoto
Anidride carbonica
Acido citrico
Acido meta tartarico
Gomma d’acacia o gomma arabica*
Bitartrato di potassio
Citrato rameico
 Solfato di rame (fino al 31 luglio 2015)
Pezzi di legno di quercia
Alginato di potassio

NB: le voci con l’asterisco hanno una nota. “Ottenute da materie prime biologiche, se disponibili.” Ora, come voi mi insegnate, il mercato è pieno di tannini, lieviti o gomma arabica certicati biologici….

 

Leggendo questo elenco tutti gli enologi interpellati hanno avuto difficoltà a indicare immediatamente quali sostanze o procedimenti si possono usare “in più” per il vino non biologico.

Allora, vediamo di fare il punto: la tanto strombazzata legge sul “vino biologico” varata dalla UE , permette (almeno per l’Italia) praticamente l’utilizzo di tanta solforosa quanto nel non biologico ed inoltre autorizza quasi tutte le pratiche e tutte le sostanze che si possono usare negli altri vini.

Cosa dite? Che questo accordo è frutto di un compromesso tra i paesi del nord Europa, (dove per il clima i livelli di solforosa devono essere per forza più alti) ed i paesi come il nostro?

Benissimo! Capisco perfettamente, però questo compromesso per i VERI produttori biologici italiani sarà peggio di una bomba messa in cantina.

Sapete cosa succederà? Visto che il mercato Bio tira abbastanza, alcuni grandi produttori inseriranno immediatamente una loro linea di prodotto, comprando uve certificate biologiche e vinificandole NELLO STESSO MODO COME SE NON LO FOSSERO, tanto a quei livelli di solforosa non ci arriverebbero comunque.

Questo porterà ad un sicuro allargamento del mercato biologico con però un reale impoverimento di quelli che il biologico lo fanno sul serio, che utilizzano al massimo 60 mg/l di totale, che non utilizzano gomma arabica e compagnia cantante.

Ovviamente chi entrerà in questo modo sul mercato del biologico non avrà problemi ad utilizzare tutte quelle sostanze ammesse, che magari possono portare a vini più rotondi, ruffiani, piacioni,  mettendo ancora più in cattiva luce e agli angoli del mercato chi invece produce biologico con serietà e competenza e che ogni anno si scontra VERAMENTE con madre natura.

Per questo, invece di considerarla una conquista e di dedicare praticamente il Vinitaly al tema del biologico bisognerebbe che i produttori biologici veri scendessero in piazza, magari organizzando un funerale per il vero vino biologico.

Chi mi legge sa che non sono un sostenitore di questo tipologia di prodotto ma rispetto profondamente chi ci crede e opera seriamente e quindi non posso non arrabbiarmi per una colossale fregatura spacciata come una grande conquista. E voi?

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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0 responses to “Legge UE sul vino biologico: ma mi faccia il piacere!4 min read

  1. Senza dubbio produciamo non “vini biologici” ma “vini da agrcioltura biologica”, in quanto le pratiche enologiche sono identiche per tutti i vini e le minime differenze non spostano una virgola; porterei la discussione sul piano del marketing: l’immagine e il posizionamento di vini bio in Italia è quasi peggiorativa del prodotto stesso; strombazzare ai 4 venti che il vino è bio, non è stata sfruttata come un’occasione di vendita, un valore aggiunto (cfr invece il marketing che si fa negli Stati Uniti), ma invece come un marchio di vino, che siccome è naturale, è sicuramente peggio del vino normale; in questa comunicazione hanno colpa tutti, ed anche le testate enogastronomiche (anche un po’ questo articolo che condivido pienamente). La ORGANIC FARMING, è un’etica di produzione (foraggiata da un bel contributo) molto importante; gli agronomi bio bravi non sono molti e non è facile conseguire uve perfette da agricoltura bio; smettiamola di parlare di vini bio, come vini diversi dagli altri vini, parliamo del valore aggiunto ambientale, dato dall’abbracciare seriamente un’agricoltura biologica!

  2. Vabbe’, pero’ qui si parla non di ambiente, ma di qualcosa che ci mettiamo dentro! Come la gente vedra’ scritto bio (e in GDO tempo 5 minuti e ci sara’ pieno sullo scaffale dei vini) pensera’ che c’e’ dentro qualcosa di piu’ salutare.
    E come la mettiamo con quelli che sono intolleranti alla solforosa? Penseranno di farsi del bene e invece… Qui si tratta di “trarre in inganno il consumatore”! E io che contavo sul fatto che non si sarebbero messi d’accordo! Invece su una cosa sola non riusciranno a mettersi d’accordo: consentire a ciascun produttore di indicare in etichetta il residuo solforoso nella propria bottiglia. Semplice no?

  3. Non credo che il vino bio sia per le persone intolleranti alla solforosa; è come dire che il pane bio sia indicato per celiaci! Un vino da agricoltura bio è più salutare perchè la pianta non ha ricevuto fertilizzanti chimici artificiali, pesticidi, funghicidi e diserbanti, ma solo rame, zolfo e pilodiserbo; poi in cantina non cambia praticamente nulla! Alla fine non è un inganno al consumatore perchè rimane un vino più salutare comunque (leggete un po’ le composizioni dei vari funghicidi…) e la solforosa non è l’unica discriminante! Per me ancora bisogna parlare di come questi vini bio vengono inseriti nella promozione e nella comunicazione; sarebbe meglio valorizzare il concetto etico ambientale (organic farming) che quello di vino diverso dagli altri perchè salutare!

  4. Va tutto bene ha parole,ma solo il fatto che devo pagare un ente o chissa chi sia per certificare quello che faccio io nella mia vigna e in cantina lo trovo assurdo.Vale molto di più l’etica del produttore.Conducendo la vigna nel modo più naturale possibile(non diciamo ne biologico ne biodinamico)nel 1996 e tantomeno nel 2002 non ho prodotto nemmeno una bottiglia.perchè a mio avviso non c’erano le condizioni per farlo,le barzellette sono barzellette.La qualita non è mai dovuta al caso:essa è uno sforso intelligente.Meditate signori meditate

  5. Gentile Signor Macchi,
    Da appassionato produttore bio, vorrei innanzitutto ringraziarla per la sua calorosa difesa del biologico nella filiera vino. Troppo spesso ne ho sentito parlare con toni di sufficienza; stando ai commenti che spesso si leggono, sembra quasi che un produttore di vino da agricoltura biologica sia un “finto bio”, uno che lo fa per immagine, che non è realmente disposto a faticare di più per perseguire l’obbiettivo e che non è realmente interessato al tema di una agricoltura più pulita, rispettosa e sostenibile…

    Fatte queste doverosissime premesse, mi permetto di dissentire parzialmente da quanto sostiene nel suo articolo…
    anche se ha i suoi limiti, sono ben felice che questa benedetta legge sia stata finalmente fatta. Perché la situazione precedente non era più sostenibile. Con la precedente riforma c’era stato tolto tutto in termini di riconoscibilità … non potevamo utilizzare neanche il vecchio stemma non ufficiale, il consumatore bio non sapeva più cosa cercare ed era obbligato ad orientarsi “per sentito dire”
    una grossa fetta di concorrenti “convenzionali” ha aprofittato di questo buco legislativo… E come dargli torto? Qualche piccola bugia, per ottenere grandi vantaggi… E cosଠsono nati i “quasi Bio”, i “Bio ma non mi certifco perché combatto il sistema”, i “mio nonno era già  Bio, prima ancora che si cominciasse a parlarne”… e via cosà¬.
    qualcuno la chiamerebbe concorrenza sleale, ma come controllarla se neanche i produttori bio avevano diritto di definirsi bio e/o di affiggere semplicemente lo stemma ufficiale dell’UE sui loro prodotti ?
    l’approvazione della legge non poteva essere ottenuta senza l’avallo dei cugini d’oltr’alpe e questo ha implicato diversi compromessi in cantina, è vero!
    Ma io sono convinto che il vero valore aggiunto del biologico (in termini di salubrità  del prodotto e di salute del consumatore) sia in vigna. è lଠche si fa ricorso a quel “chimico” che crea danni veri, sia all’ambiente (penso soprattutto alle quintalate di diserbante che proprio in questi giorni finiscono nelle falde acquifere, rendendo NON potabile l’acqua che ci arriva in casa) che al consumatore (basti pensare ai residui dei fitosanitari sistemici nei vini e negli altri prodotti agricoli convenzionali prodotti in annate “difficili”… come mai nessuno si è mai preso la briga di studiare l’effetto sulla salute dell’azione sinergica di tutte quelle molecole di veleno di sintesi regolarmente contenute negli alimenti? altro che SO2 combinata!)

    Finalmente, grazie a questa legge, potremo iniziare lavorare tutti in una direzione ben definita: saremo in grado di dare informazioni chiare e semplici al consumatore e di differenziare semplicemente e chiaramente i vini bio (e con logo) dai vini non bio (e senza logo), come già  è per gli altri prodotti agicoli, senza dover spiegare che: “il vino è prodotto da uve biologiche, quindi mi faccio un mazzo cosଠper lavorare meglio e per avere prodotti più salubri, come previsto per il biologico, ma non posso dire la parolina Bio ufficialmente, poiché in base al Reg CE…”

    La strada da percorrere è ancora lunga e si spera che in seguito, anche a livello di cantina, si aggiusti il tiro… ma intanto brindo a questo primo passo. Credo sia sempre meglio che niente…

    Cordiali Saluti
    Nicolas

  6. Produco vino a Barbaresco in una piccola realtà  di 3,5 ettari dal 2005. Mi è venuto naturalmente di condurre i vigneti con rame, zolfo, piretro per lo scafoideo e tutto và  bene, se piove si ritratta. I lieviti sono indigeni, la maololattica pure non filtro non chiarifico i vini e la solforosa è intorno ai 50 di totale per il barbaresco, che almeno 20 anni deve poter durare. I vini sono buoni, sapete che vi dico: sono contento di non avere mai chiesto la certificazione almeno adesso non mi incazzo nè deludo piu’ di tanto!
    Non sò come potrei far capire al consumatore tutto ciò, i dati tecnici sono obiettivamente noiosi e poi chi li capisce a parte noi pazzi cui piace vivere nella vigna e rappresentare un territorio nella bottiglia?
    Peccato però.

  7. Sono un produttore biologico da sempre. Ho, con passione e convinzione, rispettato l’ambiente, non inquinandolo, ed ho portato in cantina uve biologiche e sane. Ho sempre cercato di utilizzare la minima quantità  di solfiti e continuerò a farlo. Ho aderito ad una bella iniziativa del mio amico e cliente Mimmo Sciutteri (Vinisani) nella quale autocertifico con la massima trasparenza quali prodotti utilizzo in cantina. Forse, come veri produttori bio, dovremmo pensare seriamente a mettere in etichetta tutti i prodotti che utilizziamo in cantina ed anche i livelli di solforosa (insomma i famosi ingredienti). Solo cosଠpossiamo distinguerci dai pseudobiologici.

  8. Piu’ di 30 anni fa vivevo a Milano, ero operaio e avevo pochi soldi, andavo spesso in Oltrepo e potevo bere e comprare vini “contadini” che erano in pratica i padri di quelli “naturali” di oggi. Alcuni, ben fatti, si potevano bere a garganella. Altri, mal fatti, facevano dolorare i reni e gli venga un accidente all’ano a chi me li ha dati. Poi sono arrivati i vini da agricoltura biologica tripla A e la storia si e’ ripetuta: quelli ben fatti erano divini, si dormiva come ghiri dopo una bella ciocca (forse anche da soli nonostante la bella donna addormentata anch’essa al nostro fianco nelle stesse condizioni), mentre altri erano le solite ciofeche con puzzette strane, ma bio.
    Ed e’ la stessa cosa oggi con i vini biodinamici o “biologici” che si voglia. Cio’ che scrivono in etichetta non ha importanza, come nei Chianti DOCG che di garantito non hanno un bel nulla, alcuni hanno pero’ garantita la mazzetta a qualche membro di commissione d’assaggio. Quelli veramente buoni bisognera’ cercarli e descriverli qui sui blòg e sui portali da intenditori e quelli da buttare nel cesso bisgnera’ purtroppo condannarli con il passaparola per evitare querele. Altro che liberta’ di stampa! C’e’ soltanto la liberta’ di fottere il consumatore…

  9. Posso dire di essere felice e onorato di questi commenti, tutti profondamente sentiti e che rispecchiano realtà  importanti e sopratuttto impegni di vita e ideali condivisibili. Grazie per questi contributi. per il resto, sarò pessimista ma resto della mia idea che una legge del genere serve più ad inserire mucche malate nella stalla che a far star meglio quelle sane che ci sono già .

  10. Su queste ridicole leggi,penso abbia giocato il peso economico dei paesi non produttori tipo Germania e vicinori e forse anche Regno Unito dove nei supermercati trovi molti prodotti organic (ma che con leggi di questo tipo permettono quasi quasi di fare tutto organic). dove acquistano vini e mosti che poi imbottigliano loro ,ma prima li riempiono di solforosa.Ed in ogni caso sono sicuramente questi che hanno premuto in tal senso insieme poi a tutti quelli che hanno interesse ad inserire una linea bio nel mare delle loro bottiglie .Che politici di me.. ce li meritiamo proprio?

  11. A me, da consumatore, sembra più che altro un tentativo di legalizzare una truffa. Le associazioni dei consumatori dovrebbero fare ricorso contro questa legge che non ci tutela affatto, ma tutela solo il produttore “industrioso”: a momenti diventa bio anche il tavernello! Con tutto il rispetto per il tavernello

  12. Carlo, guarda che sono spariti gli 11 commenti che precedevano questo.

  13. Bene, vedo che hai fatto sparire quella sfilza di link di un commento un po’ strano in inglese e che tutti i commenti sono ritornati visibili. Buon Vinitaly!

  14. come ho scritto su Millevigne la questione principale è quella dei solfiti: i paesi del nord hanno fatto barricate perchè vogliono movimentare il vino bio in cisterna, magari sotto il sole, e imbottigliarlo a casa loro. E il vino cosଠmaltrattato ha bisogno della protezione. tutto qui, il clima è una palla. per il resto la normativa rispetta i paletti classici del biologico: è consentito ciò che esiste in natura o comunque non è ottenuto dalla chimica di sintesi. Quindi quasi tutto ciò che si può usare nel convenzionale, a meno di alcuni antifermentativi e coadiuvanti di filtrazione come il PVPP. Può sembrare una normativa troppo blanda ma in realtà  è coerente con il biologico come definito dal regolamento e come regolato negli altri settori.

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