Le lingue le preferisco….salmistrate (3° parte)5 min read

Vendevo all’epoca macchinari poi usati (con ruolo non secondario) nella costruzione della Tour Maine Montparnasse, quella altissima posta in linea diretta proprio di fronte alla Tour Eiffel. Idem per il cantiere del meraviglioso Palazzo dei Congressi a Place Maillot.

Nel 2009 ho assistito a Parigi al concerto per il  50° anniversario degli  Shadows, miei miti giovanili. Il concerto si svolse nel teatro del Palazzo dei Congressi! Cosa provai quella sera è inimmaginabile: in una bellissima costruzione (alla cui costruzione avevo partecipato in qualche maniera) stavo vedendo e ascoltando i miei miti dal vivo! Uno dei giorni più belli della mia vita. Piansi, come al solito, e detti disposizione a mia moglie che quel fazzoletto non venisse mai più lavato e conservato come un ex voto sotto teca! 

Avevo scoperto che da qualche parte, di solito all’ultimo piano, nei grandi supermercati come le Galeries Lafayette c’era una specie di mercatino con bancarelle dove si trovavano novità a prezzi stracciati . Quello è stato la felicità di mia moglie e delle mie figlie perché ogni volta riuscivo a trovare qualche maglietta o qualche altro capo di vestiario veramente nuovo e bello, e a poco prezzo. Roba che in Italia, a Grosseto, si poteva vedere dopo un anno, nella migliore delle ipotesi. 

Ho visto spuntare come un fungo il Beaubourg, oggi Centro Georges Pompidou e scoperto che a quell’incredibile costruzione aveva contribuito un certo Renzo Piano, mai sentito nominare prima.

Una costruzione che, se rapportata ad un essere umano, sarebbe come vederlo senza pelle e con le arterie, i muscoli e quant’altro all’esterno del corpo. Poi tutto colorato di colori accesi che parevano fare a pugni con il contorno e Parigi tutta. Biblioteca pubblica, museo nazionale di arte moderna, un centro dedicato alla musica e alle ricerche acustiche. Nel 1979 ho potuto vedere una retrospettiva di Salvatori Dali che occupava spazi enormi nel centro, qualcosa di indimenticabile. Ma la cosa più sorprendente di tutto il Beaubourg era per me all’esterno.

Nella piazza prospiciente si esibivano in capannelli spontanei e sparsi un po’ ovunque artisti di tutti i tipi. Da fantastici mimi a musicisti, da acrobati a illusionisti, da clown a mangiatori di fuoco o di spade e così via. E a fianco venne poi un’opera degna del luogo: la fontana Stravinsky o “Fontaine des automates” di Niki de Saint Phalle che vale la pena andarsela a vedere (e sentire) piuttosto che tentare di spiegarla.

Era una piazza di paese ricreata nel centro di Parigi. La riscoperta della piazza come luogo gioioso dove s’incontrano le genti. E pensare che proprio in quegli anni al mio paese era passato il nuovo piano regolatore che non prevedeva nemmeno la piazza (che sarebbe stata anche la prima) perché ci dissero che le piazze non andavano più di moda! Boia di un mondo ladro.

Visita dopo visita, monumento dopo monumento, museo dopo museo, mercato dopo mercato, gallerie dopo gallerie, mi sono fatto Parigi quasi in ogni angolo,  visitandola in lungo ed in largo per oltre dieci anni. Mi sono ritrovato a girare in auto con una facilità (place dell’Etoile compresa) che mai mi è riuscita né a Roma né tantomeno a Milano.

Sono stato diverse volte al Moulin Rouge e alle Folies Bergere, specie se veniva con me qualcuno dall’Italia. Ma al Crazy Horse ci sono stato solo dopo sette anni che frequentavo Parigi e perché l’accompagnatore di allora quasi mi ci costrinse. Non era un locale comodo, ma potei godermi l’esibizione dell’italianissima e splendida Rosa Fumetto,  che non era solo bellissima.

Ogni volta che arrivavo in Francia cercavo di non usare più l’italiano, guardavo il telegiornale  francese, leggevo giornali francesi (e li ho scoperto Le Canard Enchainé che comperavo ogni volta che arrivavo a Parigi), e anche per il lavoro mi dovevo preparare prima su come parlare e spiegare. Dopo due o tre giorni di full immersion capivo che mi ero sintonizzato con la lingua perché mi scoprivo a “pensare in francese”. Quello era il segno inequivocabile che ero in “presa diretta” con la lingua, con il paese e con i francesi. Finalmente avevo ottenuto la mia lingua salmistrata!

Quando ero a Parigi raramente mangiavo un piatto italiano. Poteva succedere che per gentilezza verso un cliente potessimo andare a mangiare in un ristorante italiano (ce ne sono e di molto buoni), ma normalmente mangiavo francese o magari una delle numerose cucine orientali che conosceva Daniel.

Di solito andavo a Parigi in vagone letto e a Genova cominciava il servizio nel vagone ristorante che all’epoca non era per niente male. Il ritorno di regola era in aereo.

Quando atterravo a Fiumicino aspettavo con ansia di rimettermi in pari a casa mia, a tavola. Da ultimo mia moglie sapeva perfettamente cosa mi ci voleva per rimettermi in sintonia con la Maremma. Un piatto di spaghetti all’olio, o anche al pomodoro. Sempre con abbondante parmigiano e basilico se del caso. Poi per il secondo piatto doveva esserci una bella fetta di fegato di vitello alla padella. Cottura in profumato olio extravergine di oliva, al rosa. Se nella padella c’era anche un uovo certamente non mi scandalizzavo.

Per contorno una collinetta di ceci lessi conditi con mezza pinta (non so quant’è, ma mi piace dire così) del solito olio nostrum. Pane a lievitazione naturale, ovviamente sciocco. Vino rosso, sempre in questi casi. Ma rosso rosso, giovane e toscano. Anche ora che sono bianchista con questo piatto non esiste alternativa.

Porzioni non esagerate, ma robuste. 

 

 

Fine della terza ed ultima parte

Roberto Tonini

Nato nella Maremma più profonda, diciamo pure in mezzo al padule ancora da bonificare, in una comunità ricca di personaggi, animali, erbe, fiori e frutti, vivendo come un piccolo animale, ho avuto però la fortuna di sviluppare più di altri olfatto e gusto. La curiosità che fortunatamente non mi ha mai abbandonato ha fatto il resto. Scoperti olio e vino in tenera età sono diventati i miei migliori compagni della vita. Anche il lavoro mi ha fatto incrociare quello che si può mangiare e bere. Scopro che mi piace raccontare le mie cose, così come a mio nonno. Carlo mi ha invitato a scrivere qualche ricordo che avesse a che fare con il mangiare ed il bere. Così sono entrato in questa fantastica brigata di persone che lo fanno con mestiere, infinita passione e ottimi risultati. 


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