Le cantine e i vini del Parlamento italiano4 min read

Ma se i partiti italiani fossero aziende vinicole e facessero vini, quest’ultimi come sarebbero? Di seguito presentiamo il vino tipo di ogni partito, pardon cantina, che siede in parlamento

Liberi e uguali, Sangiovese Grasso

Prodotto di nicchia. Nato da una cantina creatasi recentemente, con personale però dotato di lunga esperienza. Uno dei fattori basilari del vino è la resa, che difficilmente supera il 3-4% . Da uve Sangiovese Grasso il vino ha colore rosso rubino scarico con unghia smaltata, al naso si percepiscono sentori di fretta, matura per confluire in un gruppo misto di varie componenti. In bocca il vino è incerto, poco strutturato, di scarsa tenuta. Da consumarsi al massimo nei 5 anni, poi sparirà.

PD, Lacrima di Moro di Firenze

Questa cantina, nata sulle ceneri di una molto famosa, sembrava costruita a regola d’arte ma oggi è soggetta a varie correnti d’aria che sicuramente non portano giovamento ai vini in maturazione.

Il prodotto che degusteremo oggi è particolarissimo perché è una vinificazione in bianco di uve rosse, per il semplice fatto che oramai un vino rosso non lo sanno più fare. Nasce da Lacrima di Moro di Firenze e si caratterizza per un carattere acido e per niente incline a compromessi, il che potrebbe portarlo a sonore sconfitte dal punto di vista commerciale. Durante la degustazione  è accaduta una cosa strana: la bottiglia, assieme a quella dei 5 Stelle, si è rovesciata sul tavolo d’assaggio,  ma il vino  del PD non si è mai mescolato all’altro, cosa contraria ad ogni legge della fisica e dell’intelligenza.

Fratelli d’Italia noir de noir

L’azienda si trova sulla destra del fiume Destra, che sfocia nel lago Adestra. La zona è famosa per produrre uve che hanno un alto tenore zuccherino, composto in prevalenza da destrosio. Il vino  che andiamo a degustare è figlio di una vendemmia dove i produttori si sono destreggiati a fatica ma hanno portato in cantina uve discrete, con almeno un 5% di acidità. Il vino è un noir de noir di taglio austero con aromi definiti ma per fortuna senza quella decisa potenza e protervia delle versioni d’antan.

Lega,  Allé a quel pays vert, Muscat di Alessandria (non d’Egitto, naturalmente)

Azienda nata anni fa nel profondo nord. Produce vini derivanti soprattutto da un clone di Durello, il Bossi-Rauscedo, che però con il clima degli ultimi anni ha perso molto della sua primordiale durezza, creando vini molto più flat. Da sempre la caratteristica della cantina è che seleziona drasticamente i mercati: non esporta in Europa e nel Terzo Mondo, in particolare in Africa.

Da qualche tempo hanno piantato anche zibibbo, (clone  Moscato d’Alessandria non d’Egitto) ed è proprio questo il vino che degustiamo. Si presenta con un colore verdolino intenso e al naso si percepiscono note erbacee e floreali che ricordano vagamente alcune piante native delle sponde del Po. Bocca stranamente rotonda e piaciona, sicuramente grazie a qualche intervento in cantina, che lo ha reso più adatto e apprezzabile dal mercato attuale.

Forza Italia, Gran Vin pour soirée élegant

Azienda chiacchierata ma sembra impossibile fare a meno dei suoi prodotti, molto amati da una fetta di consumatori da sempre attirati (qualcuno dice abbindolati) dai loro vini più famosi: il Contratto italiano, il Contra Comunist e soprattutto il Toga rosso.

Il vino che assaggeremo oggi è forse il vino più vero della cantina: nasce da un uvaggio tra passerina, uva di troia, pecorino e bombino: le uve vengono fatte fermentare assieme, senza alcun controllo e pudore e successivamente passate in botti di rovere russo, della specie “lettone diPutin”.

Il risultato è sotto i nostri occhi: color scarico con strane sfumature bluastre, al naso si percepiscono sentori animali, in particolare di pecora (tipico di alcuni cloni della passerina). In bocca si sente più il bombino, con un retrogusto netto di uva di troia. Per gli amanti del genere.

Cinque stelle, Grillo Blanc, Cuvée de Congiuntiv italienne

Azienza giovanissima di cui molti parlano con toni entusiastici. Composta essenzialmente da giovani di scarsa esperienza ma con tanta voglia di fare,  produce vini che loro stessi presentano come fuori dai classici canoni enologici. Per esempio non parlano di resa per ettaro ma di reddito e sparano dei redditi per ettaro altissimi, tipo 600-700 quintali.

Su queste basi molti si domandano come si possano produrre ottimi vini e quindi non ci resta che approcciarci al prodotto di punta, un vino da uve Grillo lasciato a fermentare fino a che il cappello non scenda (o si dice scendisca o scendrebbe?) sul fondo della vasca. Si presenta con un colore chiaro, e al naso risulta incerto, specie se confrontato con altri prodotti più  materici e scafati. In bocca ha scarsa potenza e purtroppo non mantiene le promesse . Del resto con un reddito di 600-700 quintali per ettaro non si può sperare di portare in bottiglia un prodotto accettabile e per tutti i palati.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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