Le avventurose bollicine del Barone rosa4 min read

Ci sono parole di cui, nell’ansia di fare marketing, il mondo del vino spesso abusa. Una di queste è “visione”. Grazie alla quale, nelle veline correnti,  chi la pratica diventa automaticamente un visionario. Ma la realtà insegna che i visionari veri, alla fine, sono pochi. E tra questi può essere certamente ascritto Silvano Brescianini, uno degli uomini-chiave della storia della Franciacorta, fino a pochi mesi fa presidente del Consorzio ma presente sul territorio da 35 anni, fin da tempi in cui, cioè, uno con le sue idee (ad esempio sul biologico, che Brescianini introdusse tra la diffidenza generale nel 2001 per uscire “certificato” nel 2004) non era destinato ad avere sempre vita facile. E che invece è riuscito, tra intuito e determinazione, a portare in alto sia la denominazione franciacortina che la sua azienda, la Barone Pizzini.

L’abbiamo reincontrato qualche settimana fa in occasione di una bella degustazione organizzata al Salotto Portinari di Firenze, accompagnata ai piatti del fidato Vito Mollica. Copiose spigolature, conversazione come al solito interessante e ancora più interessanti i vini: una verticale di Franciacorta rosè dal 2016 al 2021, con la chicca finale di un Bagnadore riserva rosè del 2011, tutti a base di Pinot nero e Chardonnay, tranne la 2011 e la 2018, fatte solo con Pinot Nero.

Parone Pizzini: cantina e parte delle vigne

Ha “dirazzato” dalla verticale, alla fine della seduta, una sontuosa magnum di Bagnadore Dosaggio Zero Riserva 2015, fatto anch’esso con Pinot Nero e Chardonnay, ma non in rosa. Un’altra gran bella bevuta.

Un’uva, il Pinote nero, che, nella circostanza, Brescianini ha voluto liricamente definire “ghermita dai boschi”. Ma neppure questa è fino in fondo un’iperbole: le vigne, ha spiegato, si trovano davvero nella zona collinare più alta del comprensorio, a contatto con le aree boschive prealpine che regalano al vino una ricchezza di sfumature e un’identità propria, altrove sconosciuta.

Anche al netto dell’argomento “forestale”, oggi decisamente di moda tra i produttori più fedeli alla filosofia del bio più spinto, gli assaggi sono stati però assai convincenti. E hanno rivelato una coesione stilistica, nonchè un ventaglio organolettico, oltremodo intrigante. “E’ la prima volta che facciamo una verticale di questo tipo”, ha ammesso lui. “Il nostro interesse cominciò nel 2008: fino a quel momento non ci eravamo molto curati di questa tipologia di vino. Poi, nel 2012, all’International Wine Challenge WC di Londra il nostro Franciacorta rosato fu stato premiato a sorpresa, così a sorpresa che al momento dell’annuncio io ero addirittura fuori dalla sala. Solo allora ne comprendemmo tutto il potenziale”.

Ecco una sintesi di come è andata la verticale.

Franciacorta Rosè Edizione 2021 (80% Pinot nero e 20% Chardonnay).

35 mesi sui lieviti, colore rosa antico, pallido, con sfumature di buccia di cipolla, perlage fine e persistente. Al naso è brillante, vivo, con piacevole sentore di fragola acerba. In bocca è sapido, con acidità spiccata e una cremosità morbida che accompagna la lunghezza con un retrogusto armonico ed elegante.

Franciacorta Rosè Edizione 2019 (70% Pinot nero e 30% Chardonnay).

Cromaticamente è di colore rosa antico, la bolla è ricca, mentre al naso il vino è più asciutto e neghittoso del precedente, quasi brusco. Al palato si rivela maturo, secco, ben equilibrato, con note salite e un finale appena amarognolo che ricorda il bitter.

Silvano Brescianini

Franciacorta Rosè Edizione 2018 (100% Pinot nero).

Se le sfumature cromatiche cambiano poco, qui il Pinot nero in purezza regala un perlage fitto e soprattutto un bouquet robusto, acuto, pungente, screziato, con note quasi opulente, sentori di piante grasse e, in bocca, una corposità profonda, sorretta da una bella acidità e da una lunghezza importante.

Franciacorta Rosè Edizione 2017 (80% Pinot nero e 20% Chardonnay).

Il rosa antico si fa appena più intenso, il perlage compatto, mentre gli anni regalano al vino al naso un netto sentore di arachidi salate che si evolve in un una nota quasi salmastra, di alghe e di scoglio. In bocca il sorso è cremoso, gentile, ampio, secco,  preciso, grandemente gratificante.

Franciacorta Rosè 2016 Edizione (70% Pinot nero e 30% Chardonnay).

Qui l’occhio si fa più aranciato, tendente al mattone pallido. Al naso si impenna passando dalla sobrietà del lievito e della crosta di pane a eleganti note agrumate che ricordano il pompelmo, mentre al palato è quasi pastoso, complesso nella sua progressione di acidità e sapidità decisamente intriganti.

Franciacorta Bagnadore Riserva Rosè 2011 (100% Pinot nero).

Gran finale con questo monovitigno rimasto 120 mesi sui lieviti, di colore rosa antico carico con riflessi mattonati. Il bouquet è cangiante e si rivela a ondate: prima salmastre e marine, poi la balsamicità del sottobosco di querce e di foglie bagnate. In bocca è decisamente sapido, asciutto e severo, ma poi si scioglie in un’eleganza gentile, profonda e avvolgente.

Stefano Tesi

Stefano Tesi, giornalista professionista, scrive per vari giornali italiani di gastronomia e viaggi. Il suo giornale online è Alta Fedeltà.


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