Il gran finale del road movie in Piemonte si è svolto a Treiso, nello storico ristorante Ciau del Tornavento, dove il Barolo ha garbatamente rimarcato la sua egemonia.
Una degustazione, coperta, di annate storiche. 18 bottiglie per un vertiginoso viaggio indietro nel tempo, fino al ’67 , quando non era ancora successo niente .
Era l’ occasione buona per andare alla ricerca del goudron perduto, il mitico retrogusto di catrame , che una volta caratterizzava il Barolo e che è diventato sempre più raro . Assaggia, assaggia…forse, un accenno …eccolo ! inconfutabile, proprio all’ ultimo assaggio . Quando i vini sconosciuti vengono svelati, ci si accorge che questo aroma proviene dalle annate più antiche : 67, 70, 71…
Non sarà che qualcuno, senza osare dirlo in giro, ha deciso che sarebbe un difetto ? come il mitico “merdin” ? Diciamo NO al merdin, ma diciamo SI al goudron.
I produttori che avevano evocato le bottiglie dai loro infernot erano 8, mentre noi giornalisti eravamo in 4 , facciamo 5 con il nostro leader Balke . Un dubbio mi inquietava : gliel’ avevano detto che eravamo in 4 ? Certo , corrispondenti di testate internazionali prestigiose, come WineSurf , e personaggi eccellenti, come il mio confratello Andrzej Daszkiewics , giornalista enogastronomico con l’ hobby di insegnare Matematica all’ Università di Varsavia — analogamente al sottoscritto , che ha l’ hobby di insegnare Fisica all’ Università di Firenze . D’altra parte, se fossimo stati più numerosi, il vino di ciascuna bottiglia non sarebbe bastato per gli assaggi .
Fra i produttori ce n’erano alcuni che avevo incontrato in tempi diversi, in varie circostanze ; altri li ho conosciuti in questa occasione .
A Voerzio ho raccontato di quando andai nella sua azienda e presi un cartone di Freisa . “ Dunque era prima del ’90“ anno in cui smise di farla.
A quel tempo era un barolista della nouvelle vague . Non è molto cambiato. La sua “ modernità” consiste nell’ uso moderato di barrique . Quella sera, aveva portato una bottiglia del 2000 ( Cerequio) e una del 93 ( Brunate ) di grande complessità , una delle più grandi della serata . Della barrique non c’era traccia, e così deve essere, come un catalizzatore, che entra nelle reazioni, le accelera, le perfeziona, e poi ne esce e se ne va , con grande discrezione .
Fra quelli giovani davvero c’era Alfio Cavallotto , che da poco aveva partecipato alla festa di WineSurf, dove aveva tenuto un comizio agrario sui Cru . Fedele alla linea, ha portato due Cru : Vignolo del 97 e Bricco Boschis del 99 .Tannini mirabili, morbidissimi in entrambi .
Nella storia del barolo di Verduno c’ è un episodio rilevante : venne portato al Polo Nord dalla spedizione di Umberto Nobile ( o era il Duca degli Abruzzi , che lo portò da quelle parti ? – non ricordo bene ). Meno rilevante e meno noto il fatto che è stato portato anche al Polo Sud , da un misconosciuto tapino : si tratta di me . Questo è stato un buon argomento di conversazione , con il produttore di Verduno . Ricordava una fotografia : in primo piano le bottiglie del Barolo, alcune facce patibolari che brindano, in un interno squallido che potrebbe essere in qualunque luogo, ma che è davvero la mensa della base Scott-Amudsen, esattamente al polo Sud .
Poiché l’ azienda unisce i vigneti di Verduno con quelli di Rabajà , aveva fatto lo scherzo di inserire nella degustazione un Barbaresco del 98 . Aveva un’ acidità addirittura pungente , e un profumo speziato di grande fascino. E’ stato accolto dai Baroli con fraterna simpatia .
Che nostalgia del patriarca Brezza e dei pranzi nel suo ristorante, agli albori della mia frequentazione in Langa ! Da lui e dal suo tempo ci sono arrivate due bottiglie, del 71 ( annata memorabile ) e del 67 . La più antica di tutte , eppure in condizioni di perfetta maturità, senza alcun segno di declino : ampio,
intenso, pieno, sapido…
Nella linea del Barolo elegante si colloca Arione , del 96 , di colore chiaro, fine al naso , morbido il tannino. E anche le bottiglie di Vajra , del 94 e del 98 , corposi eppure eleganti . Come si conviene a una signora , Milena Vajra, la sola in una serata alquanto maschile .
Nel contesto , sembravano ragazzini i vini nati nell’ intorno del 2000 . Clerico, dal vigneto Pajana, ha proposto un 99 di grandissimo livello e assai giovanile, supportato da un 2005, che confermava lo stile.
In una degustazione coperta, in compagnia dei produttori, se fai un’ osservazione vagamente critica su un vino , di sicuro colui che l’ ha prodotto è quello che ti siede accanto . In quel caso era il sig. Colla, gentiluomo piemontese di grande carisma . Mi descriveva le annate dei decenni ’60 e ’70 come se fossero l’ anno scorso . Appartiene alla sua genealogia anche l’ azienda Prunotto, della quale aveva portato una bottiglia dell’ 82: assolutamente ineccepibile, una delle più rilevanti della serata, intenso al naso, bello il colore, vivo, nervoso e ampio . Su questo, alla cieca, non avevo risparmiato le lodi .
L’ altro vicino di tavola era Beppe Rinaldi , che ha onorato la serata con due magnum di Brunate , dell’ 88 e dell’ 85 . Le magnum hanno sempre un grande fascino .
E anche Beppe Rinaldi . La sua affabulazione, improntata a fiero spirito laico , benchè si compiacesse di muovere dal registro basso, rivelava gradualmente cultura vasta e profondità di pensiero . La sintonia e la simpatia sono andate crescendo. Fino al momento, a ora tarda, in cui gli Uomini si guardano negli occhi e si dicono parole di Verità. Il tema era : Nebbiolo, Sangiovese, Pinot Noir . Cosa mi disse Beppe Rinaldi resta coperto da riserbo deferente. Dirò solo che gli serbo eterna gratitudine.