La triste storia di Alata, lardo di Colonnata.6 min read

C’era una volta un lardo di maiale che si chiamava Alata: voi direte che un lardo deve avere nome maschile, ma nel mondo dei lardi di maiale quelli nati da femmine sono femmine e da maschi, ovviamente, maschi.  Alata venne chiamata così perché era bianca come un angelo e gli angeli, si sa, hanno le ali.

Nonostante la sua nascita fosse avvenuta con un difficile parto cesareo al quale, purtroppo, la madre non era sopravvissuta, Alata era in perfetta salute. Bianca come il latte, ben formata, con tutte le cosine al suo posto e soprattutto alta almeno 10 cm, mentre la stragrande maggioranza dei suoi simili misuravano la segaligna altezza di 4-5 cm. Con questo popò di fisico non ci dobbiamo meravigliare se Alata venisse adocchiata sin dalla nascita.

Del resto era nata da una madre importante, una grande maiala di nobili natali ( non delle solite razze da allevamento) che si era veramente goduta l’esistenza: ogni giorno ghiande e pastone a volontà, poi grandi passeggiate nei boschi, chiacchierate tra amici, sesso et. et. Al momento della nascita di Alata pesava tranquillamente intorno ai 240 kg ed era il vanto della zona.
Ma torniamo ad Alata, che stava per fare l’incontro della sua vita. Lui era alto, sui quaranta, con il naso aquilino e lo sguardo tenebroso. Era un grande conoscitore di lardi ed appena vide Alata capì che doveva essere sua.

Alata da parte sua non si ribellò, ma anzi si innamorò subito perdutamente di quell’uomo che la toccava, la carezzava, la profumava con sostanze inebrianti che la facevano quasi sciogliere dal piacere. Durante il  primo incontro Lui le disse subito: “Vieni a casa mia, a Colonnata, vedrai che ti piacerà. E’ un posto bellissimo, siamo in montagna eppure si vede il mare, in estate non fa troppo caldo, in inverno il freddo è mitigato dai venti marini. Sono sicuro ti piacerà anche la casa, scolpita nel marmo da mani sapienti e lì ti attendono tanti fratellini e sorelline che non vedono l’ora di abbracciarti.”

Il viaggio non fu breve, perché Alata era nata lontano da Colonnata e solo grazie a continue e certosine ricerche l’uomo della sua vita aveva potuto trovarla.

Lui era stato sincero! Il posto e la casa erano come li aveva descritti e che festa le avevano fatto gli altri lardi, tutti belli come lei ed in perfetta salute. Appena Lui la depose gentilmente  accanto a loro lei capì di avere fatto la scelta giusta.

Con lei dividevano tutto, il sale grezzo che serviva a pulirsi, il rosmarino e l’aglio che ti davano un profumo inebriante: le facevano spazio quando lei voleva sgranchirsi il grasso et. et. Anche il posto era meraviglioso, con queste case rettangolari di marmo poste in stupende gallerie riparate dalla pioggia ma aperte ai venti marini. Ogni volta che Alata respirava si sentiva pervadere da l’inebriante freschezza, di queste fini e meravigliose brezze, che le parlavano di posti lontani e incantati, incantati come Colonnata. In poche parole: Alata era felice e felice sentiva di maturare, di arricchirsi, assieme a tutti i suoi amici.

Ogni tanto facevano progetti sul futuro e già si vedevano nella casa di Lui, coccolati, mentre piano piano Lui le spogliava ogni giorno di più, le baciava e loro estasiate ricambiavano sciogliendosi sulle sue sapide labbra. Per prepararsi a quel momento Alata si applicava seriamente e seguiva tutti i consigli che Lui, quando veniva a massaggiarla amorevolmente, le dava.

Tutto sembrava procedere per il meglio ma, il destino rio e crudele aveva altri piani per i nostri amici. La sventura cadde così su di loro un triste giorno di primavera, quando degli uomini dalla faccia seria e dallo sguardo sfuggente costrinsero i lardi a rimanere rinchiusi nelle loro case- che chiamavano celle- ed a Lui proibirono addirittura di vederli, di toccarli, motivando la cosa con non ben precisati motivi sanitari. Ma Alata stava benissimo e così tutti gli altri amici ed amiche. Inutilmente gridarono agli uomini dalla faccia seria che mai erano stati meglio, inutilmente Lui cercò di convincerli che mai, nessuno dei suoi protetti si era ammalato ne aveva “contaminato” qualcuno o qualcosa. Gli uomini dalla faccia seria sigillarono le case-celle e se ne andarono.

Non vi dico la disperazione di Alata: voleva morire, sciogliersi dalla disperazione di non poter fare quello per cui era ormai pronta, per non poter svolgere il suo compito nella vita. Ma gli altri lardi, forse più saggi, le dissero di stare calma, di attendere, di avere fiducia in Lui, che sicuramente stava facendo fuoco e fiamme per poter riabbracciare i suoi amati lardi. Ed in effetti Lui stava realmente facendo il diavolo a quattro: correva a destra e a manca per parlare con chi poteva aiutarlo, contattò la stampa, presentò il suo caso al mondo, andò addirittura in televisione a difendere i suoi lardi dalle spregevoli accuse ricevute.

Tanto fece e tanto brigò che molta gente si interessò del caso di Alata, che diventò così famosa. La fama è potenza ed un bel giorno le celle vennero riaperte e la stordita Alata si ritrovo di fronte ad una telecamera e ad un uomo dall’espressione concitata che gridava parole difficilmente comprensibili in un tubo di acciaio sormontato da una piccola palla. Ma accanto a questo strano personaggio Alata vide Lui e la vita ritorno a circolare nei suoi bianchi alveoli. Lui si avvicinò e la abbraccio amorevolmente, cercando di capire se la prolungata prigionia le avesse nuociuto. Alata in un momento dimenticò il triste recente passato e si preparò ad un felice futuro.

Ora tutti conoscevano e volevano Alata ed i suoi amici: trascorse così un radioso periodo in cui si celebrarono molti incontri di amore tra uomini e lardi di Colonnata.

Ma piano piano gli incontri diminuirono per poi cessare praticamente del tutto. Alata, che non capiva il perchè di tutto ciò, leggeva però la tristezza negli occhi di Lui ed un giorno, cercando di consolarlo alla sua maniera riuscì ad avere questa confidenza:
 “Vedi amore, tu sei perfetta, eccezionale sotto tutti i punti di vista, mi sei costata tanti sacrifici ed io vorrei per te, come per  tutti i tuoi fratelli un giusto e remunerato futuro. Ma gli uomini sono stupidi e sempliciotti ed invece di impalmare te o i tuoi simili si accontentano di sterili ed insoddisfacenti rapporti con lardi truccati e malaticci, nati in zone dove l’aria è cattiva, l’inverno morde ed il sole è malato. Questi lardi neanche ti assomigliano, ma loro dicono che tu costi troppo, che dopotutto ti dai troppe arie per essere solo figlia di maiala, oppure fanno finta di non capire la differenza”.

Questo sfogo fece piangere per lungo tempo Alata, che sempre aveva avuto fiducia nel genere umano e la gettò in uno stato depressivo che, unito alle disavventure precedenti, forse la portò a fare l’insano gesto.

Fu così che la trovarono in un brumoso mattino sul ciglio di una strada. Con la candida pelle oramai marrone, giaceva schiacciata, lacerata, definitivamente offesa dalle ruote dei carri umani, praticamente irriconoscibile. Vicino a lei trovarono un biglietto con queste parole “Forse così gli uomini mi apprezzeranno di più!”

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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