La storia del vino Contro Corrente dimenticato nell’armadio3 min read

Lo scorso anno, come sempre nel primo fine settimana di maggio, a Lucca si è svolta la manifestazione sui vini delle provincie toscane che si affacciano sul mare e per questo chiamata “Anteprima vini della costa”.

Nell’articolo che dedicai alla manifestazione parlai di varie cose ma non scrissi del fatto che, come ogni anno, c’erano alcuni vignaioli stranieri ospiti. Tra questi mi erano piaciuti i vini  del “Domaine Terres Falmet”, azienda di una ventina di ettari  che si trova in Languedoc- Roussillon  su una collina ripida, esposta a nord, nella zona  calcareo-argillosa di Saint-Chinian.

Non scrissi anche che dopo aver degustato i vini e conosciuto Yves Falmet, lo avevo rincontrato per caso nel parcheggio. Penserete che quest’ultimo non sia un dettaglio interessante e invece si, perché ci fu uno scambio di battute e con il mio improbabile francese (che diventa però quasi da parigina laureata alla Sorbona quando parlo di vino, soprattutto se un paio di calici li ho bevuti) gli rinnovai i complimenti per i suoi vini, aggiungendo che avevo particolarmente apprezzato il “A Contre Courant” (già dal nome, ça va sans dire). Così lui, rinnovandomi l’invito ad andarlo a trovare in cantina, me ne regalò gentilmente una bottiglia, consigliandomi di non  berla subito.

Arrivata a casa riposi diligentemente la bottiglia nell’armadio “dei vini buoni da non stappare subito”, che sostituisce la cantina che non ho e… dimenticai la bottiglia.

L’altra sera, mentre ero indecisa se stappare con un amico che come me apprezza il buon bere e  meglio di me conosce  i vini, un barolo o un brunello, apro l’armadio, vedo questa bottiglia e decido di aprirla.

E’ un vino che nasce da uve provenienti dalle  parcelle più vecchie di Carignan e di Grenache ma quello che lo rende una cuvée di eccezione è il fatto di restare “sottovelo” per quattro anni.


I vini sottovelo si caratterizzano per lo sviluppo spontaneo dei lieviti, che formano appunto un velo in superficie a contatto con l’aria (durante la fase di invecchiamento in tonneau). Questa pratica che non è abituale per il rischio dello spunto acetico che  il vino può prendere durante la conservazione in contenitori non adeguati,  gli conferisce caratteristiche organolettiche molto particolari.
Yves mi raccontò di aver creato questa cuvée per veri amanti del vino, per coloro che non si rassegnano alla uniformità di gusto, ai vini stereotipati. Mi spiegò poi che tra i pochi vini ottenuti con questa tecnica si conoscono soprattutto i vini bianchi del Jura ma nessun vino rosso perché  praticare questa tecnica su un vino rosso va contro l’enologia moderna standardizzata.

Da qui il nome del vino, “un contro corrente” rispetto ai requisiti stabiliti e al “gustativamente corretto”.

Mi disse con orgoglio che era stata una scelta bizzarra ma vincente. E visto il risultato, come non dargli ragione?

Appena stappato una leggera chiusura dovuta ai 10 anni di bottiglia, che l’ossigenazione nel bicchiere è sufficiente a far sparire senza bisogno di decanter.
Di un bel rosso granato carico ma abbastanza trasparente soprattutto considerato il fatto che non è filtrato, limpido e con un’unghia brillante per niente aranciata.


Al naso colpisce subito il profumo di frutta molto matura, quasi confettura, fichi, ciliegie (i duroni neri), mirtilli, more; poi il tabacco dolce, da pipa e il cuoio bagnato, o comunque non invecchiato; ancora liquirizia e una punta di caffè. Sentori che si ritrovano in bocca, che accompagnano una morbidezza al palato data anche dalla componente del grenache, ed una persistenza molto piacevole con una acidità ancora presente, dovuta invece sicuramente al carignan, vitigno difficile, molto produttivo in quantità e poco in qualità, coltivato in Languedoc perchè dona ai vini una buona freschezza.

Che dire? Non so quando riuscirò ad andare in Francia, ma quando lo farò cercherò di spingermi fino a sud ovest, e passerò sicuramente a trovare Yves, il vignaiolo controcorrente, per ringraziarlo di un vino che avevo fatto bene a dimenticare nell’armadio e molto meglio a ricordare di averlo. Un vino che mostra come anche il sud della Francia possa dare grandi vini da invecchiamento.

Tiziana Baldassarri

Ho due grandi passioni: il mare ed il vino. La prima mi fa vivere, la seconda gioire. Dopo il diploma di aspirante al comando di navi mercantili ho lavorato nella nautica sia in terra che in mare per poi approdare a scuola, dove sono assistente tecnico mentre dopo il diploma di sommelier ho partecipato attivamente alla vita di FISAR  facendo servizi, curandone i corsi come direttore e ricoprendo cariche istituzionali.

Ma la sublimazione assoluta della passione enologica è arrivata con l’arruolamento nell’esercito di winesurf dove degusto divertendomi  e mi diverto degustando, condividendo sia con gli altri “surfisti” sia con coloro che ci seguono, le onde emozionali del piacere sensoriale.


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