La seduzione del Ciliegiolo, il rosso che esce dal coro4 min read

 Con questo articolo diamo il benvenuto in redazione ad una cara amica che, conoscendoci da tempo, poteva sicuramente evitare di far parte di questa banda di mattocchi. Scherzi a parte, Benvenuta Francesca!

Non fatevi ingannare dal nome così facilmente pronunciabile “Ciliegiolo”, queste uve vanno domate affinché diventino pura espressione delle loro caratteristiche aromatiche. Occorre cura in vigna, in cantina e durante l’affinamento: in poche parole è necessaria una gestione molto attenta per rispettarne l’identità. 

Un vino che, dal mio punto di vista, non gradisce eccessi e che anzi, nonostante la sua variabilità in base all’ambiente pedoclimatico, è fondamentale che si esprima con le peculiarità varietali che gli appartengono, perché è con quelle che si differenzia nel panorama dei vitigni autoctoni.

Fortezza Orsini a Sorano. Foto Marco Marroni

L’ iniziativa Ciliegiolo di Maremma e d’Italia diventa così un’ottima occasione per una comparazione tra “zone ciliegioliche”, con la Toscana a fare la parte del leone con circa 525 ettari e altre regioni italiane nel ruolo di importanti damigelle d’onore, per scoprire e riscoprire tutte le qualità di un vitigno.

Coltivato a livello italiano su circa 1.165 ettari, probabilmente già noto nel 1590 e descritto dal Soderini, figlio del Sangiovese e del Moscato Violetto, sicuramente iscritto nel Registro Nazionale delle  Varietà della Vite dal 1970, negli ultimi 10 anni ha avuto un crescente interesse fino a giocarsi un ruolo da solista, conquistato grazie alla sua  fresca vivacità e al il carattere deciso.

I contenuti del suo vigore sono stati espressi nell’imponete capolavoro di architettura della Fortezza Orsini di Sorano, un borgo antico che si affaccia su valli boscose ed alte muraglie di tufo. Per la prima volta si sono riuniti qui i Ciliegiolo d’Italia accettando la sfida di creare una piattaforma di dialogo e discussione intorno alla sua riscoperta e longevità. Quale luogo migliore per ripercorrere le sue origini se non uno dei territori più affascinanti della maremma toscana,  arroccato su una rupe scavata nel tufo.   

Ciliegiolo

In un angolo di storia austero, in una  struttura fortificata  impressionante realizzata nel basso medioevo dalla famiglia Aldobrandeschi, ci siamo incontrati per degustare 69 Ciliegiolo di 42 aziende, provenienti da cinque regioni: Toscana, Umbria, Lazio, Marche e Liguria. E’ stato  un crocevia di esperienze vitivinicole, come del resto vuole la nostra tradizione, creando un forte interesse soprattutto verso la sua versione in purezza: 100% Ciliegiolo con al centro i suoi tratti distintivi aromatici e varietali. Parlo di  frutta rossa, note di lampone e ciliegia con un lieve sentore speziato soprattutto di pepe. E’ questo il preludio che è stato scelto per presentarsi al pubblico con il suo stile deciso ma composto: dal colore rosso rubino, con  tannini morbidi, acidità non troppo pronunciata e finale lungo. 

Il viaggio inizia con una degustazione di Ciliegiolo fermentato in acciaio inox e affinato in cemento per poi passare ad annate con passaggi in legno.  Di base i Ciliegiolo sono molto bilanciati tra acidità e struttura e con tannini non aggressivi. La prevalenza del frutto rosso, in alcuni casi maturo, spicca subito al naso ma piano piano si affacciano sentire le note speziate  e di tabacco.  Una bella espressione anche per i vini provenienti da altre zone della Toscana ovvero Terricciola, Montalcino e Empoli. Sul passaggio in legno c’è la volontà di mantenerlo longevo anche se personalmente lo preferisco nella sua versione giovane. 

La mia selezione personale prevede una menzione per quattro vini (ne avrei inseriti di più ma il direttore era stato chiaro: un podio, al massimo allargato): il Ciliegiolo di Narni 2020 della Cantina Giovannini, il Ciliegiolo di Narni 2020 Ramici di Leonardo Bussoletti, il Ciliegiolo Vallerana Alta 2020 di Antonio Camillo e infine il San Lorenzo Ciliegiolo 2019 di Sassotondo.

La manifestazione, ben organizzata, era stata promossa dalle due associazioni che ormai da anni portano avanti la bandiera del Ciliegiolo, cioè Ciliegiolo Academy e Ciliegiolo d’Italia, e organizzata grazie al Consorzio vini della Maremma Toscana con il patrocinio del Comune di Sorano.

Mi auguro davvero che possa proseguire nel tempo e riproporsi già a partire dal prossimo anno, per poter apprezzare ancora una volta lo sforzo quasi pionieristico dei vignaioli, veri artefici di questa (per dirla in musica) partitura scritta appositamente per un Ciliegiolo che vuole essere sempre più  protagonista della scena. 

Francesca Pinochi
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