La Rèvolution à Montespertolì: quando un territorio meraviglioso decide di far vino sul serio4 min read

Attenzione, la prima parte del titolo va letto alla francese, con l’accento sulla “ì” di Montespertolì, perché se di Rèvolution si parla la Francia (a proposito, Montespertoli è gemellato con Epernay) ci insegna che va fatta facendo scappare i nobili dai loro palazzi e castelli e quindi Montespertolì è il posto giusto.

Non lo è per attuali presenze nobiliari da far fuggire, dio ci scampi, ma perché questo ampio territorio collinare incastonato tra Firenze, il Valdarno e la Valdelsa e dove si produce vino e olio da sempre, è forse uno di quelli in cui i nobili e i signorotti fiorentini (e non solo) hanno lasciato tracce storiche del loro passaggio con castelli, palazzi di campagna e case coloniche a iosa. Se volete vedere il perfetto paesaggio toscano, quello dove vigna, oliveto, bosco, campi, castelli e palazzi si alternano tra colline sempre diverse, forse più che nel Chianti Classico dovete venire qui, dove la campagna si è meravigliosamente e equilibratamente conservata accanto a palazzi e castelli da sogno.

Qui, dove di Rèvolution (enoica) c’è bisogno, anzi c’era bisogno da tempo: la zona di Montespertoli è stata infatti per anni e anni, almeno fino agli inizi di questo secolo (e naturalmente, in parte minore, anche adesso), serbatoio di raccolta per i Chianti dei grossi imbottigliatori, luogo di incetta di sangiovese, canaiolo, colorino pagati poco o niente ma dalle buone caratteristiche aromatiche, di freschezza e di corpo.

Le vigne sono state viste fino a pochi anni fa come mucche da mungere e ci sono volute le nuove generazioni, realmente attive da qualche anno, per rialzare la testa.

Così è nata, con 17 produttori aderenti, l’associazione Viticoltori Montespertoli, che si è presentata oggi, 10 novembre 2022, per la prima volta alla stampa specializzata.

Si è presentata con semplicità contadina: “Siamo gente semplice che lavora la vigna” così ha esordito Giulio Tinacci, Presidente della neonata associazione, con toni per niente rivoluzionari, ma forse il fatto che in questo territorio si uniscano i vignaioli è già molto rivoluzionario di suo.

A presentare “i rivoluzionari” un Antonio Boco in forma smagliante, che è riuscito a gestire una degustazione con sei vini e altrettanti produttori, forse più abituati alla campagna che a riflettori e microfoni.

Come vi dicevo sei vini selezionati da Antonio e degustati con calma, ma molti altri ci attendevano nella sala del buffet. Così, anche se questa zona la conosco abbastanza, mi sono potuto fare un’idea più precisa dell’intero gruppo.

Siamo nel territorio del Chianti e quindi troviamo i classici vitigni chiantigiani caratterizzati qui da alcune spigolosità più marcate figlie soprattutto di una viticoltura dai costi doverosamente bassi e di una lavorazione in cantina volta spesso a supportare più che a esaltare. Questo avveniva in passato e in parte anche oggi, ma si notano passi avanti importanti, con vini che, pur essendo in qualche caso scabri, hanno nasi di ampio e netto profilo, corpi anche importanti e ben gestiti, tannini arrotondabili ma di ottima pasta. Non potevano purtroppo mancare vini che mostrano marche di legno troppo evidenti e altri che avrebbero bisogno di qualche leggero accorgimento tecnico. Un dato a cui non possoe non voglio sottrarmi: poche bottiglie veramente pesanti.

Alcuni dei vini in degustazione

Ma, come ci dicevano con Antonio, questo è “il primo giorno di scuola” e sono convinto che, partendo da molti vini assolutamente centrati, si possa solo crescere.

Concludo quindi parafrasando un detto attribuito a Robespierre, rivoluzionario per antonomasia “Se questa rivoluzione non esistesse, bisognerebbe inventarla.”

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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