La veste editoriale è praticamente identica a quella dello scorso anno: a parte l’anno indicato in copertina, ha lo stesso il numero di pagine (800). L’introduzione della quarta stella, il massimo riconoscimento di qualità, avvenuta per la prima volta nel 2023, è ormai acquisita, così come l’adozione del sistema anglosassone delle votazioni in centesimi, giunta al suo quarto anno (ma un’apposita tabella riporta il valore corrispondente sulla scala in ventesimi, per i nostalgici).

La struttura generale è quella di sempre: un capitolo (in ordine alfabetico) dedicato a ciascun territorio, dall’Alsazia al Sud-Ovest, ciascuno dei quali introdotto da una cartina, una descrizione schematica delle “appellations” e delle varietà più comuni, più qualche suggerimento telegrafico di ristoranti, alberghi e “cavistes” affidabili. Ai cavistes e ai migliori siti di vendita “en ligne” di tutti i territori sono comunque dedicate due apposite sezioni della ricca “pre-guida”, ossia le circa 90 pagine che precedono la Guida vera e propria, nella quale sono anticipati riconoscimenti assegnati: i “vignerons” e i “Domaines” dell’anno delle diverse regioni- nomi non sempre notissimi fino a questo momento, come Jean d’Antras e il suo Château Magence, nelle Graves, che sarà interessante scoprire- le “pepite” segnalate dagli esperti, per le diverse fasce di prezzo e tipologie di vino . Quest’anno si è aggiunto l’invito a recarsi in “terre sconosciute”: una finestra sulle varietà rare, sulle vinificazioni audaci, su territori particolari, fuori degli itinerari abituali.

Ma le star? I Domaines che possono fregiarsi delle “quattro stelle”, il top della gerarchia qualitativa per la RVF (l’eccellenza associata ad una costante progressione nel tempo) erano 22 l’anno scorso, sono ora 24. Il Bordolese la fa ancora da padrone, nonostante il “Bordeaux Bashing” di cui si parla da qualche anno, con la metà (12) delle cantine premiate: sono rimaste le stesse, cinque del Médoc (i quattro Premiers crus più Léoville-Las-Cases), cinque della Rive Droite (Ausone, Cheval Blanc e Figeac -unico classé A rimasto, dopo la rinuncia dei primi due al classement- a Saint-Émilion, Pétrus e Lafleur a Pomerol) , uno ciascuno nelle Graves (naturalmente Haut-Brion) e nel Sauternais (Yquem). A inseguire è la Borgogna, che ne ha solo 5, che però si prende la rivincita con quelli con tre stelle (l’élite del vigneto nazionale), 24 contro 18 a Bordeaux. Come lo scorso anno, si tratta del Domaine de la Romanée-Conti, dei due di M.me Leroy (il Domaine Leroy in Côte-de-Nuits, e il Domaine d’Auvenay in Côte de Beaune), il Domaine Armand Rousseau, il re di Gevrey-Chambertin, ormai già da tempo facente parte dell’Empireo, e il Domaine Jacques-Frédéric Mugnier , con i suoi grandi crus di Chambolle-Musigny. Immutato il quadro nella Champagne, con Krug e Jacques Selosses superstar, e nel Rodano settentrionale (Jamet e Jean-Louis Chave). I nuovi entrati sono il Domaine Marcel Deiss in Alsazia, che si affianca al Domaine Zind-Humbrecht, e lo Château Rayas, che aggiunge il Rodano meridionale al gruppo dei territori Top.

Per quanto riguarda invece i Domaines a tre stelle, sono sempre la Borgogna (24, nella stragrande maggioranza della Côte d’Or, con la sola eccezione di due Domaines dello Chablisien e della star Guffens-Heynen nel Mâconnais) e Bordeaux (18) a guidare il gruppo dei Domaines premiati. A seguire, il maggior numero di riconoscimenti tocca anche quest’anno a Champagne e Loira, rispettivamente con nove e otto aziende, tallonate dall’Alsazia a quota 7, dal Rodano meridionale e dal piccolo, emergente, Jura con 5, e poi ancora, dal Rodano settentrionale e dalla Provenza, con 4 ciascuna. Chiudono la classifica il Roussillon con tre riconoscimenti, Beaujolais, Languedoc e Corsica, ciascuna con due, e, infine, il Sud-Ouest e la Savoia con un solo Domaine tristellato . Tra i promossi alla categoria dell’eccellenza, la maggior progressione è quella del Rodano nord, con due nuovi 3 stelle (Marc Sorrel e Marcoux), mentre gli altri sei neo-promossi si distribuiscono, uno ciascuno, tra Bordeaux (Montrose), Borgogna (Domaine de la Vougeraie), Champagne (Pascal Doquet), Loira (Domaine de Belle-Vue), Provence (Trévallon) e Roussillon (Domaine Danjau-Banessy). Nel complesso, pur tra molte assenze illustri, si notano la costante ascesa dei vini bio e biodinamici (quest’anno 3.500 quelli selezionati, 300 in più di quelli dello scorso anno), la presenza, sempre più frequente, dei Vins de France, ossia al di fuori il sistema delle appellations, una maggiore attenzione ai territori minori, come Quency e Preuilly nella Valle della Loira, o il Marmandais nel bordolese, e ai “cépages oubliés” (dal persan savoiardo al carcajolu corso, per non parlare della rinascita dell’aligoté borgognone), sempre più ricercati dagli appassionati curiosi alla ricerca di gusti diversi da quelli delle varietà più blasonate.
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