La gomma arabica: da Dottor Jekill a Mister Hide.3 min read

Nei giorni scorsi ho effettuato un assaggio che credo capiti a pochi. Un mio caro amico enologo (di cui non farò il nome per ovvi motivi) mi ha fatto assaggiare due campioni dello stesso vino. Il primo era un normale campione da vasca, il secondo era lo stesso vino dopo che a quella vasca era stata aggiunta gomma arabica liquida in percentuale di 150 gr/q.le.

Per quanto riguarda le notizie tecniche sulla gomma arabica vi rimando all’articolo “Gomma gommina, vieni in cantina” nella sezione l’Enologo Fantasma. In questa sede parlerò esclusivamente delle sensazioni che ho avuto e dei primi ragionamenti che ho fatto durante questo particolare e disarmante assaggio. In primo luogo però vi spiego i due vini “prima e dopo”. Si trattava di un vino DOCG proveniente da una delle più importanti denominazioni italiane. Il vino appartiene alla fascia alta di prezzo e si connota sul mercato come un vino importante.

Il campione “prima” che io chiamerò Doctor Jekill aveva queste caratteristiche gustative. Era indubbiamente tannico, piuttosto scomposto, con un’astringenza anche dovuta alla difficile annata (2003). I tannini erano abbastanza amari, il vino aveva comunque buona potenza ma era, in generale eccessivamente crudo e scomposto. Un vino come se ne possono trovare tanti nel 2003, annata dove una giusta maturazione fenolica è stata spesso difficile se non impossibile. Un vino quindi scorbutico ma vero.
Il campione “dopo” che chiamerò  Mister Hide era completamente diverso. In bocca la tannicità era praticamente sparita ed al suo posto si trovava una specie di pesante coperta che si adagiava sulla lingua. Non era una sensazione molto piacevole (ma forse perché avevo assaggiato il dottor Jekill in precedenza) perché sembrava quasi che i tannini venissero soffocati da questa coltre. Solo l’acidità dava segnali di vita, ma timidamente. Dal punto di vista della bevibilità immediata il vino era sicuramente molto migliorato, grazie a questa generale morbidezza e rotondità data dalla gomma arabica. Ma se volete sapere la mia non sembrava un vino grasso e opulento ma semplicemente gonfio!
Fino a qui la degustazione: come avrete notato non ho parlato né del colore né dei profumi del vino. Questo perché la gomma arabica non li modifica: interviene solo sul gusto. Per questo è difficilissimo scoprirla in un vino. Dopo ripetuti assaggi ho notato solo una sensazione leggermente dolciastra ad inizio bocca ed una nota più amara nel finale: ma io avevo i due vini e potevo fare confronti.
Ma veniamo a noi: un vino a cui viene aggiunta gomma arabica in grosse percentuali (sopra i 40/50 gr/q.le) diventa spesso la quintessenza di quello che noi definiamo un vino “piacione”, rotondo, abbastanza armonico, facile da bere. Tutte queste caratteristiche però, specie per vini di alto livello, noi le attribuiamo ad una corretta maturazione fenolica delle uve, quindi ad un importante e faticoso lavoro in vigna seguito da un attenzione particolare in cantina. Invece spesso basta poco: 150/200 (in alcuni casi anche 500) grammi al quintale di gomma arabica e tutti i problemi si risolvono. Magari non avremo il miglior vino del mondo ma sicuramente un prodotto che può ben figurar nel mercato e negli assaggi professionali.
Posso anche capire la giusta propensione del produttore a fare un vino bevibile e ben vendibile, ma questa non deve passare sopra le regole comuni e soprattutto non deve mettere in una luce diversa (spesso peggiore) quei produttori che non ricorrono agli stessi sistemi.
Da quello che mi dicono l’uso della gomma arabica ha avuto una forte impennata da quando esistono valide analisi per scoprire quanta glicerina non naturale si trova in un vino. Mi piacerebbe sapere se e quando avremo analisi equivalenti per il nostro “Mister Hide” che sicuramente ha fregato e  fregherà più volte  l’intera categoria di noi giornalisti enogastronomici (me compreso ovviamente).

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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