La Doc Bolgheri compie 25 anni e festeggia tra 2540 cipressi3 min read

Venticinque anni non sono pochi e se pensiamo a cosa facevamo nel 1994 probabilmente ci ricordiamo ben poco. Sicuramente lo sanno i nati nel 1994 e adesso, dopo che anche i sassi in Nuova Zelanda avranno visto qualche foto della cena di gala lungo il meraviglioso Viale dei Cipressi di San Guido per festeggiare i venticinque anni della DOC Bolgheri, potranno dire “Sono nato nell’anno della DOC Bolgheri!”

Se venticinque anni non sono pochi per una persona sono però pochissimi per una DOC, specie per una che ha avuto la fortuna (o la sfortuna) di essere fin dall’inizio sotto i riflettori mediatici. In realtà sotto i riflettori erano i vini di alcuni produttori importantissimi, che però facevano pensare dietro di loro vi fosse un movimento enologico importante, coeso e formato da molte cantine. Questo non solo non era vero ma caricava di un peso non indifferente quei pochi produttori già attivi ma allora per niente prossimi ai livelli di eccellenza di Sassicaia e Ornellaia.

Personalmente, durante le celebrazioni dei 25 anni del Consorzio, ho festeggiato i 43 anni di frequentazione di Bolgheri. Era il 1976 quando, da studente universitario, passavo il mese di maggio a raccogliere fragole, pesche, zucchini, cetrioli, pomodori, meloni in quella zona vicino al mare, un po’ orto, un po’ frutteto, che allora non si immaginava certo un grande futuro nel vino.

Le vigne esistevano ma  si contavano sulle dita di una mano, lasciando da parte i pochi filari che tanti avevano sotto casa e con cui facevano il vino per la famiglia.

Se 43 anni fa il vino di qualità era lontano anni luce da questa terra anche nel 1994 le idee non erano certo chiare e formate e la crescita dai 190 ettari di allora ai 1370 attuali ha subito diverse correzioni di rotta, prova ne sia che l’ultimo cambiamento del disciplinare del 2011, con l’introduzione della possibilità di produrre vini con vitigni in purezza (merlot, cabernet sauvignon e cabernet franc) va un po’ contro l’idea iniziale di creare rossi in uvaggio (bordolese o meno).


Ma in questi 25 anni Bolgheri ha dovuto soprattutto superare la spettacolarizzazione del vino, che dalla metà degli anni Novanta ai primi anni del nuovo millennio, ha dato a questa zona un ruolo molto al di sopra dei suoi mezzi, caratterizzati allora da vigneti molto giovani, da vini base non certo esemplari dal punto di vista qualitativo e vini di punta spesso figli dell’errore che vedeva in un grosso vino (cicciuto, potente, corposo e con tanto legno) un grande vino.

Oggi la situazione è molto diversa, con i Bolgheri Rosso di un ottimo livello medio e i Superiore che finalmente coniugano eleganza e profondità con doverosa potenza, visto che siamo comunque in Toscana a poche centinaia di metri dal mare.

Furono in 7 a fondare il consorzio  e oggi, dopo 25 anni sono arrivati ad essere 56 cantine. Non siamo certo passati dai 7 nani ai 56 giganti ma mentre, come avrebbe detto Carducci “Fresca è la sera e a te noto il cammino” percorrevo a piedi il commovente e imponente Viale dei Cipressi di Bolgheri, pensavo che di strada ne hanno fatta e che possono farne molta di più se e solo se si manterranno umili e non si faranno prendere la mano dal sentirsi arrivati, cosa che la bellezza dei luoghi in cui vivono e producono vino può portare a pensare.

Bellezza che mentre si avvicina il tramonto rischiava di sommergerti, tra i 2540 cipressi di uno dei viali più belli del mondo e il quasi mezzo chilometro arredato con altrettanti metri di tavoli perfettamente apparecchiati.

Mentre un grande sole rosso, immergendosi all’orizzonte, lasciava spazio ad una serie di rossi  da gustare nei calici e ad un menù praticamente perfetto, visto i 740 commensali per cui era stato pensato, il presidente del Consorzio, Federico Zileri, faceva la cosa sicuramente più giusta e commovente che potesse fare, iniziare la cena ricordando quel grande uomo e cuoco eccelso di Luciano Zazzeri.

Commovente perché è stato un momento veramente toccante e giusto perché se Bolgheri è cresciuta lo si deve anche a tanta piccola e grande ristorazione che ha fatto sposare la grande cucina di pesce e quella più concretamente toscana con i vini di questo meraviglioso territorio.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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