Il botto è scoppiato nel luglio scorso, quando ha cominciato molto rapidamente a diffondersi sui social media la notizia che gli Châteaux Ausone e Cheval Blanc (i soli due “Premier Grand cru classé A” dell’appellation Saint-Émilion fin dal suo primo “classement”) avevano deciso di rinunciare a presentare il dossier di candidatura per il 2022, portandosi dietro anche le loro rispettive proprietà satellite di La Clotte e Quinault L’Enclos . Non si trattava, per quanto clamorosa, di una sorpresa in assoluto, visto che, dopo il contestato classement del 2012, nel quale ai loro nomi nell’empireo della denominazione venivano aggiunti lo Château Pavie e lo Château Angélus, Ausone aveva già manifestato, in modo meno clamoroso ma significativo, la propria insoddisfazione, rimuovendo dall’etichetta del proprio grand vin la dizione “Premier Grand Cru classé A”.
Ma facciamo un passo indietro per richiamare brevissimamente la storia del “classement” dei vini di Saint-Émilion, illustrando come si siano progressivamente evoluti i criteri di inclusione nella gerarchia dell’appellation, per poi esaminare le ragioni del distacco dei due Châteaux e le sue possibili conseguenze.
Come è noto, la Rive Droite era rimasta fuori dalla madre di tutte le classificazioni, quella napoleonica del 1855, che aveva fissato i valori della riva opposta (Médoc, Graves e Sauternais). A Saint-Émilion il primo elenco ufficiale dei crus classés risale a un secolo dopo, al giugno del 1955, poi revisionato nell’ottobre 1958. Della questione si era cominciato a discutere già nei primi anni ’30 e un tentativo di classement, sul modello di quello del Médoc, venne effettuato durante l’occupazione tedesca, nel 1942, soprattutto nell’intento, da parte degli occupanti, di determinare le nuove imposte sulle vigne. Ma il progetto cadde, sia per le difficoltà legate alla guerra sia, dopo, per lo stigma associato ad una classificazione nata durante l’invasione.
L’idea fu però ripresa nel 1952 su iniziativa del sindacato dei produttori, che interessò immediatamente l’INAO per avviare le procedure necessarie. Scartata l’idea di seguire alla lettera il modello napoleonico, si optò per una metodologia più “democratica” che potesse evolvere nel corso degli anni (diversamente da quella della gerarchia médocaine), anche per spingere le proprietà a migliorarsi premiando i loro sforzi. Si scelse quindi di aggiornare la classificazione degli châteaux ogni dieci anni.
Furono individuati tre livelli di qualità e prestigio: alla base della gerarchia sono i Grands crus classés, e, più in alto, le due fasce (A e B) dei Premiers Grands crus classés. Il numero dei crus eletti è solo marginalmente aumentato, rispetto alla prima classificazione degli anni 50: erano 75 (63 grands crus e 12 premiers grands crus) e sono diventati 82 (64+18, di cui 14 in fascia B e 4 in A) nel 2012. E’ stato in quest’ultimo classement che ai due Premiers Grands crus della fascia A della prima ora, Château Ausone e Château Cheval Blanc, sono stati aggiunti anche lo Château Pavie e lo Château Angélus.
Nell’ultimo classement (il sesto dalla sua nascita) i criteri fissati per accedere alla lista dei grands crus classés erano stati: la degustazione di dieci annate (50% del punteggio totale, ossia 10 di un massimo di 20 punti, con 14 come soglia minima per l’ammissione),riconoscimento nazionale e internazionale, successo nella promozione e distribuzione (20%, max 4 punti), omogeneità e qualità del terroir, con relative analisi topografica e pedologica (20%, max 4 punti), metodologie di lavoro, viticoltura, vinificazione e tracciabilità (10%, gli ultimi due punti).
Per i Premiers crus, gli anni di degustazione in esame salivano a 15, ma il loro peso si riduceva al 30% del punteggio totale (6 punti su 20, con un minimo di 16 da raggiungere), mentre il riconoscimento nazionale e internazionale veniva elevato al 35% del totale, l’omogeneità e qualità del terroir pesavano il 30% e i metodi di coltivazione e vinificazione il 5%. Nella pur breve storia del classement di Saint-Émilion, non sono mancate le contestazioni legali delle decisioni dei comitati, da parte di alcuni châteaux minori declassati (ultimamente La Tour du Pin Figeac , Corbin-Michotte e Croque-Michotte), giungendo anche a denunciare per conflitto d’interessi due proprietari membri influenti nell’INAO, Philippe Castéja (Trottevieillle) e soprattutto Hubert de Boüard (Angélus), già Presidente dell’associazione dei Grands Crus di Saint-Emilion. La tempesta non aveva però finora mai investito i vertici della gerarchia, anche se la promozione di Pavie e Angélus aveva certo creato qualche disappunto sia nei due “superpremiers” Ausone e Cheval Blanc, sia in altri châteaux premiers crus B , come Figeac e Canon, che avrebbero potuto aspirare anch’essi al passaggio di rango.
La decisione di non inviare il dossier per la classificazione del 2022, rinunciando così a farne parte, è stata presa a quanto sembra indipendentemente dallo Château Ausone e dallo Château Cheval Blanc, che hanno entrambi dichiarato di non voler mettere in questione l’importanza del classement o di ritenersi al di sopra di esso, né di voler sottovalutare i progressi compiuti dagli châteaux che hanno apportato significativi miglioramenti attraverso il lavoro di questi anni. Essi confermano anzi di voler restare “i primi ambasciatori” del vignoble di Saint-Émilion per il quale hanno il più grande rispetto e che continueranno a difendere e promuovere in ogni forma. Quali sono allora le motivazioni di questa uscita, che, al di là delle intenzioni sdrammatizzanti, non può non apparire polemica?
Entrambi i proprietari e direttori dei due châteaux, con parole diverse, hanno espresso un profondo disaccordo nei confronti della filosofia soggiacente ai nuovi criteri di valutazione portata avanti dall’Associazione dei vini di Saint-Émilion. A parte l’enorme appesantimento burocratico della compilazione del dossier di candidatura, Pierre-Olivier Clouet, direttore tecnico di Cheval Blanc, ha affermato che gli elementi fondamentali del classement (il terroir, il vino, la storia) sono stati eccessivamente diluiti dall’aggiunta di numerosi criteri di importanza secondaria, come il turismo del vino, il marketing, la comunicazione e la presenza sui social networks. Nonostante nella valutazione delle candidature per il 2022 il punteggio derivante dalla degustazioni sia stato elevato dal 30 al 50%, il 15% del punteggio finale assegnato al terroir e alla viticultura appare del tutto insufficiente per cogliere l’identità e la tipicità dei vini . Motivazioni analoghe sono state citate anche da Pauline Vauthier, direttore tecnico di Ausone, che ha affermato di aver a lungo riflettuto su questa scelta. Lo staff tecnico aveva preparato quanto necessario per la candidatura, ma poi la cosa ha progressivamente perso di significato perché gli elementi più importanti, come il terroir e la qualità del vino, avevano perso notevolmente peso e valore a scapito di temi di assai minore importanza, come il turismo e la capacità ricettiva, i social e il marketing. Inoltre Vauthier considera troppo pochi 15 millesimi per valutare appieno il valore di un vino e la sua capacità di sfidare gli anni, quale ci si attende da un Saint-Émilion del livello più alto.

Se non a cuor leggero (per Clouet si è trattato di una decisione “lourde”, molto pesante), per due châteaux, come Ausone e Cheval Blanc, due brand internazionali indistruttibili, presenti su tutti i mercati mondiali, la perdita del classement- il grande négoce ne è sicuro- avrà un’importanza relativamente trascurabile sui prezzi e sulle vendite: a parte la Cina, per la quale le classificazioni hanno un peso maggiore. Nel resto del mondo sono piuttosto decisivi la qualità e la storia, il prestigio e le valutazioni dei critici internazionali.
Se le conseguenze attese sul piano della notorietà e dei risultati commerciali dei due châteaux ribelli vengono da tutti gli osservatori e dal négoce considerate come irrilevanti, quelle sul prestigio del classement e dei comitati preposti saranno presumibilmente più pesanti: un po’ come quelli temuti sui campionati nazionali di calcio qualora fosse stato dato seguito alla costituzione della nuova SuperLega. Intanto, come informa Franck Binard, direttore dell’associazione dei vini di Saint-Émilion (che naturalmente difende a spada tratta l’INAO e il comitato addetto alla valutazione) il numero degli châteaux iscritti non è mai stato così alto. Per molti di essi, spesso appartenenti a nuovi proprietari che hanno molto investito nelle vigne e in cantina, ma che hanno una minore presenza e notorietà, l’upgrade nel classement è assai più importante. Dopo quelli di Pavie e Angélus, erano attesi nuovi passaggi di grado, ma non si esclude un possibile effetto domino e che altri, come Figeac, Canon, Clos Fourtet, con un brand forte possano seguire l’esempio di Ausone e Cheval Blanc.