La cattiva comunicazione del vino al tempo dei blog3 min read

Se, col 95% dei vignaioli, tocchi l’argomento della comunicazione, la risposta più o meno sarà sempre la stessa: "Tra vigneto, cantina e scartoffie burocratiche non abbiamo mai tempo di stare sui social per raccontare il nostro vino".

 

Se in questo contesto si escludono aziende strutturate come ad esempio Santa Margherita o Zonin, che hanno una loro direzione marketing, la soluzione ai problemi di questi "poco social" vignaioli, che comunque capiscono l’importanza di essere in Rete, è sempre più spesso delegata alle c.d. web agency la cui scelta mi viene soventemente motivata con le seguenti parole: "Non avendo possibilità di stare su internet lascio fare a loro. Chi me l’ha consigliato? Beh, so che anche Tizio e Caio hanno fatto così……."


Il principio di causa ed effetto, in questo caso, è lampante e prende forma nella immensa e variabile quantità di comunicati stampa che ogni giorno i comunicatori del vino 2.0, IGP soprattutto, ricevono all’interno della casella di posta elettronica.


A parte la quantità di missive del tutto inutili per contenuto informativo, ultimamente mi è capitato di imbattermi in una serie di mail la cui lettura dovrebbe avermi provocato le seguenti espressioni:

 

 

 

No, non sto esagerando, leggere certi comunicati, come ad esempio l’ultimo che mi è arrivato pochi giorni fa, genera proprio questo tipo di reazioni e non potrebbe essere diverso se, aprendo la mail, ti ritrovi il seguente messaggio:

 

Siamo degli entusiasti produttori friulani della zona DOC Isonzo, desiderosi di far conoscere un po’ di più la ns regione e la ns DOC. Non molti sanno, di fatto, che la DOC Isonzo, per mineralità  e struttura dei vini, è denominata la "piccola Borgogna".

 

Dopo aver (invano) riletto la mail per almeno tre volte sperando di aver capito male o, comunque, di aver interpretato male lo scopo della comunicazione, la successiva domanda che mi sono posto è stata la seguente: PERCHE’?

 

Perchè, cara azienda vinicola, scegli una agenzia di comunicazione la cui conoscenza del vino è paragonabile alla mia cultura in tema di isotopi del carbonio?

 

Perchè scomodare la Borgogna, trattata tra l’altro in senso molto generale, se poi mi presenti vini a base sauvignon blanc e friulano?


Ma, soprattutto, perchè caro mio amico vignaiolo, non rileggi ciò che viene scritto su di te prima che tutta la Rete ti spernacchi come è successo in questo caso?

 

Soldi buttati che, invece di portare benefici, recano solo danni di immagine all’azienda visto che i destinatari non sono, con tutto il rispetto, le casalinghe di Voghera ma seri professionisti ed appassionati di vino. Se queste persone, dopo anni di esperienza non sanno che la DOC Isonzo è conosciuta come la Piccola Borgogna un motivo ci sarà. O no?

 

Cari amici vignaioli, mentre vi faccio riflettere su questi pochi ma essenziali concetti, vado a domandare al signor Leflaive i motivi per cui Montrachet dovrebbe essere denominata la piccola Isonzo…..

 

Buona Estate!

Andrea Petrini

Andrea Petrini, il “giovin fanciullo” del gruppo. Il suo giornale online è Percorsi di vino.


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0 responses to “La cattiva comunicazione del vino al tempo dei blog3 min read

  1. Caro Carlo, Analisi che non fa una piega. C’è solo una questione che non viene presa in considerazione, o Plurime. I professionisti del vino sono sicuramente eccellenti nel trovare spunti interessanti, conoscono il vino e lo sanno comunicare. Ma solo pochi di loro (e di solito i più quotati e costosi) hanno contatti più ampi rispetto alla stampa specialistica. Lavorando con agenzie di comunicazione lifestyle mi sto accorgendo di come la loro ricchezza sia la trasversalità  è la quantità  di contatti. Certo, i testi dovrebbe scriverli qualcuno che conosca bene il vino. Per ciò che concerne i Social, che di Social non hanno nulla, perché si tratta semplicemente di supporti di Marketing digitale, è ‘ importante sapere che come tali richiedono ormami investimenti pubblicitari, non secondario un bravo grafico capace di produrre immagini adatte al digital, in generale materiali qualitativi. Insomma, per capirci, se fai etichette da una vita non è lapalissiano che tu possa creare immagini emozionanti, posto che oggi una buona parte di engagement la si ottiene con i contenuti generati dagli stessi utenti… Insomma, un discorso lungo… Che mette in gioco diverse professionalità … Siamo pronti? Io non credo!

  2. Carissimi amici,
    Tutto Vero. E avete ragione da vendere!
    Non uso (usiamo) i social network per promuovere e far conoscere il mio ( nostro ) vino.
    Ma… Veramente é, secondo voi, questo ci che indicate il modo più onesto per fare conoscere al ” mondo” il nostro prodotto?
    Ci credo poco, e devo dirvelo…
    Parlo da internauta, e non da persona che ha poca dimestichezza con i mezzi di comunicazione . Ma qui ( nel
    mio caso e immagino anche in quello di decine di altri piccoli produttori) si tratta soprattutto di scelte . Scelte che guardano poco al marketing – anche se a volte ci tornerebbe utile- e guardano invece più direttamente in faccia alla realtà . E ripeto: in faccia.
    Ogni mattina sui social network leggo amici che vomitano ogni loro stato d’animo, dal buonanotte al buongiorno al cosa hanno mangiato o bevuto e tutto corredato da bellissime foto e pessimi selfie…
    Beh, il vino non é questo amici cari.
    à‰ come un amore profondo e sincero che non ha bisogno di essere sbandierato per essere reale, non ha bisogno dell’approvazione popolare e di N ” mi piace” per esistere. Esiste e basta, piaccia o non piaccia.
    Il giorno che si capirà  che il Vino non é Coca Cola , beh… Forse quel giorno di capirà  anche che il
    Marketing ( sia esso fatto su riviste specializzate o social network ) ha ben poco a che vedere con la realtà  del vino che prima di ogni cosa è passione e amore .

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