Negli anni Ottanta dello scorso secolo, la vite sull’ isola del Giglio- la seconda per estensione dell’Arcipelago Toscano – era data per spacciata.
Per una tradizione tuttora testimoniata dagli arcaici palmenti scavati nella roccia viva e di quei vigneti arrampicati dal mare sino alla sommità delle colline, c’era poco da fare: anche gli ultimi anziani vignaioli si stavano arrendendo. Non a caso nel maggio del 1997, il grido d’allarme sulla sopravvivenza della viticoltura insulare lanciato dal simposio internazionale itinerante “ I vini delle piccole isole del Mediterraneo “ iniziò proprio qui. (Il convegno poi proseguì a Pantelleria per poi terminare in Grecia sull’isola di Santorini).
Questa è sempre stata la terra dell’ansonaco (cioè dell’ansonica in gigliese, lo stesso che in Sicilia si chiama inzolia) un vitigno, presente sin dal 1561, che ha forti affinità genetiche con le uve elleniche quali il rhoditis e sideritis. Su quest’isola montuosa di 21,2 km², per lo più di roccia granitica e alcune zone di calcari cristallini e schisti verdi, i risultati sono straordinari. L’uva, coltivata per lo più ad alberello affonda le sue radici facendosi spazio tra le pietre e le rocce, dà un vino intenso e profumato, di ottima struttura anche nella versione passita.
Negli anni Sessanta e soprattutto nel periodo successivo, la viticoltura era ridotta al lumicino e i terrazzamenti abbandonati. Ancora oggi è possibile vederne traccia – solchi orizzontali ormai ricoperti di macchia – sui pendii delle colline. L’uva non dava più reddito, i giovani – ma non solo loro – emigravano verso la terraferma stanchi di sopportare i lunghi inverni, l’acqua e l’elettricità che a volte manca, i traghetti costosi e poco frequenti, specialmente nei periodi meno turistici. Insomma tutte le difficoltà delle isole.
La rinascita
All’inizio fu Nunzio Danei, discendente ad un’antica famiglia originaria dell’isola del Giglio, da sempre dedita alla viticoltura che nel 1987 imbottigliò nella sua cantina ad Orbetello il primo vino da uve dell’isola, successivamente classificato come Doc Ansonica Costa dell’Argentario. Sulla scia del convegno internazionale, poi fu la volta di Francesco Carfagna con l’azienda Altura che nel 1999 aveva acquistato terra e vigneti, restaurati minuziosamente: ben 12 km di muretti a secco – le greppe- rimessi a posto e bonificati dai rovi. Nel 2003 il primo imbottigliamento e poi una meritata fama, premiata qualche anno dopo anche con i Tre Bicchieri.
La gamma dei suoi vini abbraccia l’Igt Maremma Toscana Ansonica del Giglio, di grande personalità, il Rosso Saverio e un passito ottenuto da vari vitigni autoctoni che sono stati reimpiantati in parte a piede franco e in parte con innesto sul campo quali malvasie, moscati e “uve tonde” bianche e rosse. E poi ancora nel 2006 nasce la Cooperativa Greppe del Giglio che produce la Doc Ansonaca Costa dell’Argentario, il vino Ansonico del Giglio oltre all’Ansonaco scelto, cioè da uve stramature oltre ad una piccola percentuale di rosso sotto l’egida dell’Igt Maremma Toscana Sangiovese. Ed infine l’azienda Fontuccia, dei fratelli Giovanni e Simone Rossi. Anche Bibi Graetz, non proprio amatissimo dai gigliesi, ha dato un suo contributo alla conoscenza del’ansonaco, imbottigliando tre vini il Cicala del Giglio, il Gigliese e il Bugia.
Tutto risolto ? Niente affatto. È vero che l’abbandono dei vigneti si è in parte fermato ma le difficoltà continuano ad essere preponderanti. I regolamenti dei parchi spesso sembrano studiati apposta per favorire l’abbandono della terra e dei vigneti. Il semplice atto di ripulire un terrazzamento dai rovi e da qualche pianta, è un’operazione resa difficile, complicata e i controlli sono sempre in agguato. I mufloni – in assenza di animali antagonisti – si riproducono a dismisura e distruggono le viti, i germogli, i grappoli in vendemmia. Però sono animali protetti, di fatto intoccabili, così come gli altri che scorazzano per le campagne, cibandosi di tutto quello che trovano.
I costi non solo di coltivazione sono elevati – diciamo che ci vuole molta “passione” e “gambe da alpinista”- ma anche quelli di trasporto e pure la commercializzazione ha le sue difficoltà. Non tutti i vini prodotti nell’isola hanno il medesimo valore. Alcuni sono più buoni degli altri ma oggi, quello che conta, non è un punteggio in più o in meno, quanto la possibilità di assaggiarli. Il fatto straordinario è questo. Il resto verrà a tempo debito.
I recapiti delle 3 aziende gigliesi
Azienda Agricola Altura- Famiglia Carfagna
58012 Isola del Giglio (GR)
Loc. Mulinaccio
tel/fax 0564 806041 o 0564 806106
altura@arcobalena.net
www.vignetoaltura.it
Soc. Coop. Greppe del Giglio
58012 Isola del Giglio (GR)
Via della Costa, 3
tel 0564 809243
info@isoladelgiglio-legreppe.it
www.greppedelgiglio.com
(anche Alessio Guarnieri 3493183189 o Alvaro Andolfi 3288310435)
Fontuccia
Via Provinciale, 54
58012 Isola del Giglio
Cell. 3886078375
www.fontuccia.it
giovanni@fontuccia.it
simone@fontuccia.it
