InvecchiatIGP. Dedo 2000, Casal Pilozzo: altro che Francia o grande Toscana…3 min read

In questa rubrica non parleremo dei problemi geriatrici di qualcuno di noi (anche se sarebbe utile). Il nostro intento è quello di andare a scovare e raccontare i vini italiani “non giovanissimi”. Abbiamo pensato a questa dizione perché non parleremo quasi mai di quelli che vengono definiti “vini da grande invecchiamento” ma cercheremo sorprese, chicche, specie tra vini che nessuno si aspetterebbe.

Non sono un grande patito, al contrario di altri colleghi sommelier, delle degustazioni alla cieca, sia perché a volte mi piace contestualizzare ciò che sto bevendo, sia perché, diciamolo tranquillamente, spesso nel tentativo di riconoscere il vino che ho nel bicchiere sparo delle grandissime cavolate. Ripensando a certe serate però non posso non riconoscere il valore educativo di questo tipo di wine tasting soprattutto se, come ha fatto il mio amico Simone De Vito di Intravino, ti versano nel bicchiere vini talmente inaspettati ed emozionanti da rivoluzionare il mio concetto di estetica del vino.

Come potete vedere anche voi dalla foto, alla vista il colore è di un rosso rubino trasparente e abbastanza vivo, tanto che tra gli ospiti già qualcuno ipotizzava fosse un nebbiolo di Valtellina o un grande sangiovese.

Al naso rivela già qualcosa in più. Ha un profumo vegetale percettibile, profondo, elegante, non invaso da eccessi pirazinici che spesso rendono pesante e monocorde il quadro aromatico complessivo che in questo vino, cangiante minuto dopo minuto, si arrichisce di sensazioni di pepe, rosa canina, ribes i cui effluvi sono ben racchiusi, come doni preziosi conservati nel tempo, all’interno di uno scrigno sapido che fornisce ulteriore personalità ed equilbrio a questo liquido rosso ancora sconosciuto. Odori terziari? Non pervenuti!

“E’ un cabernet sauvignon in purezza!!!

“Ma no, è un taglio bordolese italiano!!!!

“Sì, è un San Leonardo!!!!!

“Macchè, la veste cromatica è troppo trasparente!”

“E’ francese, di sicuro!!!

Tutto la tavolata, compreso il sottoscritto, a discettare su ogni molecola odorosa che si elevava dal bicchiere per poi tracollare dall’emozione una volta bevuto. Già, tracollare, è il verbo giusto, perché questo vino è un gioiello di armonia, eleganza, spinta acida e progessione sapida. Perfetto nella sua nitidezza e contemporaneità. Nulla, ancora una volta, che faccia presagire un affinamento importante del vino. Nulla!

“E Loira, è Loira!”

“Ma no, è un Loredan Gasparini Montello Venegazzu Superiore!!!”

“ Nooooo, è Francia!, magari una zona poco famosa”

“Qua sento “odore” di grande Toscana”

Simone toglie la carta stagnola dalla bottiglia e arriva il mutismo completo delle sala.

E’ un Dedo 2000, uvaggio di cabernet sauvignon e cabernet franc, prodotto da quel visionario di Antono Pulcini, proprietario di Casal Pilozzo. E’ un vino del Lazio, precisamente prodotto da vigne piantate a Monteporzio Catone, località dei Castelli Romani, dove lo stesso Pulcini, nel lontano 1987, piantò 13 ettari di vigneto su terreno di origine vulcanica.

Il Dedo 2000 è una della tante perle che potete trovare all’interno della lunga cantina scavata nel tufo che, ancora oggi, conserva migliaia di bottiglie di diverse annate di quelli che lo stesso vignaiolo chiama “Vini da Invecchiamento”. Vorrei scrivere tanto della visione enologica, ormai quasi irripetibile, dei vini di Pulcini ma, mentre scrivo questo articolo, il vino è ancora nel calice e me lo vado a godere. Basta con i rimpianti, almeno per stasera…

Andrea Petrini

Andrea Petrini, il “giovin fanciullo” del gruppo. Il suo giornale online è Percorsi di vino.


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