Interviste Covid-19. Filippo Mobrici: Barbera d’Asti e Vini Monferrato “Distillazione, vendemmia verde, ridurre le rese, contributi. Non c’è una sola via!”7 min read

Torniamo in Piemonte per intervistare Filippo Mobrici, Presidente del Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato.

Winesurf “Buongiorno Filippo. Prima di tutto la salute: com’è la situazione?”

Filippo Mobrici “Tutti bene, anche se abbiamo un focolaio ad Asti dovuto ad una gita di anziani in Liguria, che purtroppo hanno incontrato dei bergamaschi.  Altrimenti problemi non ce ne sarebbero stati.”

W. “I produttori stanno tutti bene?”

F.M. “Si, non ci sono problemi sul fronte Covid-19.”

W. E la situazione delle viti? Nessuna gelata in queste notti?

F.M. “C’è stato un ritorno di freddo ma le viti non erano ancora germogliate e quindi non ha fatto  danni. Nel 2017 andò peggio ma accade attorno al 20 aprile e ci furono temperature più basse e venti freddi.”

W. “Mi dai due dati sul consorzio: soci, ettari, bottiglie.”

F.M. “Come Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato siamo circa 360 soci, tuteliamo una superficie di quasi 11.500 ettari, che è circa un terzo dei vigneti a DOC in Piemonte, quindi siamo il Consorzio più grande in regione. Da questa superficie  si ottengono circa 70 milioni di bottiglie all’anno.”

W. “Mentre tra Barbera d’Asti, Superiore e Nizza quante bottiglie  fate?”

F.M. “Tra Barbera d’Asti e Superiore quest’anno abbiamo prodotto circa 22 milioni di bottiglie. Poi altri 22-23 milioni sono di Piemonte Barbera, che risultano praticamente collegati perché dalla DOC Barbera d’Asti si può declassare a Piemonte Barbera e, in questo momento, di quei 22 -23 milioni una decina arrivano proprio dalla Barbera d’Asti.”

Panorama astigiano

W. “Passiamo subito agli argomrnti importanti: come vedi, in questo momento molto particolare, il ricorrere alla distillazione?”

F.B. “La vedo necessaria, ma dove serve. Dividerei la cosa in varie categorie. In primo luogo tra i grandi vini da invecchiamento credo che adesso, più che una distillazione di crisi abbiano bisogno di sostegni per lo stoccaggio. Quindi vedrei meglio, in questo caso, un fondo di solidarietà per gestire questo eventuale stoccaggio, che ha dei costi. Comunque considera che in Piemonte, ad esagerare, su 250 milioni di bottiglie prodotte ce ne potranno essere 23-25 milioni da, eventualmente, stoccare. Per quanto riguarda i vini freschi la cosa è completamente diversa. Sto parlando di bianchi, rossi e aromatici (Asti n.d.r.) e qui la distillazione è da prendere in considerazione: però la distillazione non deve portare ad  un deprezzamento di una DOC o di una DOCG, perché una distillazione ad un prezzo irrisorio non è che salva le aziende, le affossa. Se noi parliamo di di distillazione a 0.30/0.40 centesimi a litro, aziende che hanno in cantina prodotti da 1.30-1.50 euro al litro come possono reggere? Sulle DOC si può agire anche con altri sistemi: la distillazione potrebbe  essere uno strumento ma non l’unico.

W. “E quindi.”

F.M. “Altra cosa importante: dovremmo ragionare sulla vendemmia che verrà. Molti adesso parlano di vendemmia verde, ma prima di fare previsioni o azioni io sarei per vedere cosa ci darà la campagna. Aspettiamo ancora qualche giorno in modo che la vite si esprima nella sua capacità produttiva e poi potremo fare dei ragionamenti più mirati su cosa fare. La vendemmia verde potrebbe essere una soluzione, ma un’altra cosa da fare potrebbe essere una diminuzione anche drastica, solo per questa vendemmia, delle rese per ettaro. Ma sono due aspetti molto diversi. In Monferrato abbiamo 35-40 cantine sociali che hanno problemi di spazio e bisogna fare qualcosa: la vendemmia verde, per una cantina sociale non è certo una panacea, perché vorrebbe dire bloccare una buona fetta del suo lavoro. Questo per farti capire che ci sono vari interessi e bisogna stare attenti a come ci si muove. Per esempio, Il “vestito” per il Moscato d’Asti non può andar bene per la Barbera e viceversa, quindi bisogna avere più frecce nel nostro arco.”

panorama astigiano

W. Nell’Astigiano e nel Monferrato ci sono realtà diverse: da grosse aziende a cooperative, a piccoli e piccolissimi produttori, chi secondo te reggerà meglio il colpo?

F.M. “Dai dati che abbiamo in questo momento stanno lavorando  abbastanza le grandi aziende, che operano nella grande distribuzione.”

W. “La vendita online funziona?”

F.M. “Funziona ma non è assolutamente sufficiente soprattutto per i piccoli o piccolissimi produttori che avevano e hanno l’ Horeca come riferimento. Fino a 15-20 anni fa il riferimento di queste cantine non era l’Horeca, era il consumatore finale tramite o lo sfuso o  la consegna a domicilio. Oggi che l’Horeca è ferma i problemi sono grossi, anche se la vendita su internet si sta muovendo, ma non è certo sufficiente. Però sin da adesso si potrebbe creare, per i piccoli produttori,  una campagna pubblicitaria per promuovere la vendita tramite consegna a domicilio. Magari sarà poco, però sarà sempre una piccola boccata d’aria. Non parlo solo per il Monferrato: anche nel Roero la realtà delle piccole aziende era organizzata sull’utilizzare, per lavorare in campagna, quello che incassavano dalle vendite. Ma se il vino non si vende portare avanti i lavori in campagna diventa difficile. Questi piccoli produttori, tornando al discorso di prima, stanno mostrando esigenze diverse, preferendo una vendemmia verde “drastica”, così diminuendo e non permettendo lo sviluppo della produzione futura.”

W. “Capisco che il problema sia difficile da risolvere perché ci sono situazioni e richieste molto diverse. Si parla di riaperture scalari, anche se non si sa quando, però parrebbe che una delle riaperture più in avanti nel tempo sarà quella del settore Horeca. Quindi buona parte del mondo del vino riaprirebbe “per ultimo dopo gli ultimi” perché se i ristoratori non aprono, non consumano e non comprano vino, oppure lo  ordinano e lo pagano in tempi biblici.”

F.M. “E’ proprio così: quello che preoccupa tutti noi non è tanto la possibilità di lavorare in campagna e in cantina ma la mancanza di interlocutori a cui vendere il vino. Come detto molte delle aziende piccole o medio piccole vendono quasi esclusivamente all’Horeca. Considera che tra Monferrato, Astigiano e Langa vi sono circa 1200 aziende, molte delle quali piccole che hanno problemi. Una cosa che sta mancando moltissimo non è solo la ristorazione ma l’enoturismo e l’agriturismo, quindi il turismo legato al vino che porta benessere diffuso.”

W. “Parliamo di una cosa un più “leggera” Quale  è la principale differenza, tra la La Barbera d’Asti e la Barbera d’Alba?

F.M. “Intanto è una questione orografica: le Langhe hanno una conformazione molto diversa dal Monferrato. In Langa trovi versanti con grandi pendenze, mentre nel Monferrato le colline sono dolci. Parlando di suoli Il Monferrato ha origini marine e la Langa no: quindi i suoli sono molto diversi. Inoltre nelle Langhe le zone meglio esposte vengono destinate al nebbiolo e quindi la barbera è piantata in zone meno vocate: nel Monferrato invece la barbera è il vitigno principale. Nel Monferrato c’è attenzione certosina per la coltivazione della barbera che,  al contrario del nebbiolo, se non ci stai attento può produrre anche oltre 200 q.li a ettaro o avere scottature dovute alla buccia sottile, etc. La Barbera se sbagli non ti perdona ma oggi nel Monferrato abbiamo imparato a coltivarla molto bene.”

W. “Quando vuoi bere una  Barbera per un normale pranzo di tutti i giorni, cosa bevi: Barbera d’Asti, Superiore o Nizza?”

F.M. “Io bevo una Barbera d’Asti “base”, vinificata in acciaio, perché è un vino che sta bene con tutto. Gli altri due vini li tengo per occasioni importanti e per piatti adeguati. Il bere quotidiano è perfetto per la Barbera d’Asti.”

W. “Sono d’accordissimo! Anch’io preferisco la Barbera d’Asti  “base”. Fermo restando che i mercati adesso sono fermi, la Barbera dove si vende?

F.M. “La Barbera d’Asti si vende quasi al 50% in Italia e per il resto all’estero. All’estero i nostri mercati principali sono la Germania (che ultimamente sta un po’ soffrendo), Il Canada e gli Stati Uniti che ci dà grandi soddisfazioni specie per Superiore e Nizza. Inoltre stiamo lavorando molto bene nei paesi nordici. La Cina è un mercato difficile ma piano piano sta partendo. Una cosa che mi piacerebbe invece ci si ricordasse è che noi abbiamo dei mercati di milioni di persone vicinissimi e non li battiamo: sto parlando delle grandi città italiane, Roma, forse uno dei mercati più importanti al mondo anche per concentrazione di ristorazione ad alto livello, Milano  e la stessa Torino. Forse in questo momento contingente, quando faremo difficoltà a mantenere fasce di mercato all’estero, sarebbe giusto riappropiarsi almeno dei nostri mercati.”

W. “Quel 50% di italiano dove è posizionato?”

F.M. “Purtroppo  il mercato della Barbera d’Asti, per l’Horeca,  non va molto aldilà di Piemonte, Lombardia e Liguria e quindi sarebbe veramente importante prendere quote di mercato a Roma, visto che, dopotutto, siamo la DOCG più grande del Piemonte.”

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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