Interviste al contrario. Robert Princic, Collio: Docg si o no, tra orgoglio e progetti6 min read

Siamo in Friuli, nel Collio. Incuriositi nuovamente dai vini Gradis’ciutta firmati da Robert Princic lo abbiamo raggiunto mentre guidava il trattore.

“Partiamo dall’etichetta: salta all’occhio la dedica a Futura. Chi è Futura?”

“Futura è mia figlia che è nata nel 2019, esattamente il 28 settembre 2019. Mi sembrava più che giusto dedicarle non un vino, bensì un’annata”.

“Hai raccolto il lavoro della tua famiglia e lo stai facendo crescere. Nulla di scontato. Come si eredita una passione?”

Non so come si raccoglie una passione perchè mi è stata inserita nel sangue. Mio padre ha sempre avuto passione per la campagna e per i vigneti. In realtà non ne aveva tantissima per il vino, o meglio, era una cosa in più, visto che è un tipo solitario. Ma mi ha insegnato a rispettare il lavoro e capire il vino”.

“Hai mai pensato di fare altro?”

“Ho sempre saputo che volevo fare enologia a Conegliano e non da altre parti. A 10 anni, quando un bambino non sa ancora cosa fare, sapevo che finite le medie sarei andato alla scuola di Conegliano. È stata una cosa naturale: ho assorbito la passione di entrambi i miei genitori per la campagna”.

 “Hai iniziato a inserire la vigna in etichetta: marketing o link per degustatori esperti e attenti?”

“Credo molto in questo concetto, ma non è facile neanche dal profilo commerciale. Eppure secondo me è un obbiettivo che ci dobbiamo prefiggere come territorio, come zona. Dobbiamo pensare ai prossimi 10, 15, 20 anni, 30 anni. Il vino non si fa in anno, così come un progetto non si fa in un anno. Qualcuno deve pur iniziare ed è necessario avere le idee chiare, ragionare sul futuro: sempre di più specializzare i nostri vigneti, ogni vigneto ha la sua specificità e va considerato”.

 “Parliamo ora dei tuoi vini: riconoscibilità, eleganza e passami il termine, croccantezza. Tu fai macerazione a freddo in parte delle uve per tutti i tuoi bianchi tranne che per lo Chardonnay…”

“In realtà ci si adatta un po’ in base all’annata. Questa è l’idea di base sulla quale lavoriamo. Non c’è una regola fissa, ci adattiamo all’annata”.

“Quando è perché hai adottato questa tecnica?”

Continuiamo a sperimentare, ogni anno si impara qualcosa di nuovo, si prova qualcosa di nuovo: è il sistema migliore per ottenere il meglio dalle uve che raccogliamo. Abbiamo solo un’annata a disposizione ed ognuna è diversa: è un insegnamento ulteriore che ci serve per i prossimi anni di vendemmia. Perciò non c’è una data precisa d’inizio, di volta in volta valutiamo in funzione dell’obiettivo”.

“Che sia solo questo a rendere così intensi i tuoi vini sarebbe troppo facile. Se dico escursione termica ed età delle vigne…”

“Tutto incide. La produzione stessa per pianta, l’equilibrio che andiamo a cercare sulle piante. L’escursione termica si, abbiamo diversi vigneti in diverse aree, anche questo influisce sulla complessità del vino. Sono tanti fattori, in primis è il Collio che fa la differenza”.

“Passiamo al legno per lo Chardonnay che mi ricorda gli Chablis di nuova generazione…”

“È un bel complimento questo, diciamo ci sta. Volevamo realizzare un prodotto più importante, uno Chardonnay anche in funzione di qualche esperienza e degustazione oltre confine”.

“Il Sauvignon hai detto non ricorda quelli neozelandesi, anzi durante la degustazione l’affiancamento all’altro continente non sembra esserti così ‘garbato’ come diciamo in Toscana. Sensazione o c’è un fondo di verità?”

“C’è un fondo di verità. Ricerco qualcos’altro. Assaggio, mi confronto e quello non è il Sauvignon che io voglio. Voglio invece che esprima al massimo il territorio: il Collio non sarà mai la Nuova Zelanda. I nostri Sauvignon non sono solo aromaticità, bensì anche complessità, struttura e ricchezza”.

“La Riserva: la scritta grande Collio in etichetta, perché?”

“Scrivere Collio in grande significa raccontare il territorio, metterlo in evidenza. La nostra richiesta è questa è va valorizzata in tutti i modi”

“Quanto può invecchiare secondo te?”

“Qualche prima prova l’avevo già fatta nel 2009, ed era uscito come Collio Bianco ma la base era quella di tre vitigni autoctoni. L’ho assaggiato di recente: ha qualche annetto e devo dire che si è comportato molto bene. Il potenziale d’invecchiamento c’è”.

“Cosa ti aspetti da una verticale tra qualche anno di questa tipologia?”

“Mi aspetto emozioni, però mi aspetto anche una progettualità che va portata avanti da parte mia e da parte di tanti altri colleghi.

“Ora entriamo a gamba tesa sul Collio. Credi ancora nella Docg?”

“Personalmente ne sono convinto. Vabbè, sono di parte, ma il Collio ha qualcosa in più, la collina ha qualcosa in più, e il Collio è 100% collina, pertanto ritengo giusto dargli una personalizzazione. Non si tratta di distaccarsi dal Friuli, ma dargli una connotazione chiara. I grandi territori in Italia sono Docg, tutti noi crediamo che il Collio sia un grande territorio. Si tratta di differenziarlo, altrimenti non abbiamo capito nulla del nostro lavoro”.

“Qual è a tuo parere il peggior difetto dei produttori del Collio?”

“Questa è una domanda un po’ cattiva. C’è tantissimo orgoglio, ed è una bellissima cosa, tanta volontà di fare sempre meglio, di sperimentare e cercare strade diverse. Voglia di crescere, di evolversi di raccontare i propri vini. Ma questi sono grandi pregi. Sui difetti ne parliamo un altro giorno, non saprei come rispondere. Anzi forse… questo orgoglio tende a far diventare un po’ individualisti: ognuno ha fatto le sue sperimentazione e ricerche, perciò non vuole rinunciare al suo lavoro, alla sperimentazione. Dobbiamo cercare qualcosa che ci accomuni”.

“Ribolla di Oslavia, problema o opportunità?”

“È un grande progetto, una grande idea: è legato anche alla domanda di prima, alla voglia di sperimentare, creare qualcosa di nuovo non soltanto in zona, ma nazionale”.

“Quando cerchi ispirazione dove la cerchi, in vigna o in cantina?”

“In tutte e due. In vigna mi faccio una passeggiata tra i vigneti di Calvario o Ruttars, mi siedo e rifletto su quello che devo fare. In cantina ho delle scale che portano alle vasche, mi siedo sulle scale e penso ‘quest’anno si potrebbe fare così’.”

“L’emergenza sanitaria mondiale ci ha trasferito online e spinto direttamente verso il consumatore finale… opportunità o solo inevitabile destino?”

“Negli ultimi mesi 2020 e i primi 2021 non potevamo fare altro. Ritengo che alcune cose cambieranno e questa situazione ci ha insegnato a usare nuovi mezzi di comunicazione. Manca comunque il rapporto umano, non sostituibile da una telefonata o una video call. Ora io sono seduto sul trattore in vigna, ed è bello. Se ti avessi raccontato le cose di persona tra questi filari sarebbe stato diverso, più costruttivo, avrei raccontato tante cose con più facilità. Spero si torni a come era prima, ma per comunicare in paesi lontani penso potremmo un po’ adattarci”.

“Ogni vino è una creatura e forse sarebbe legittimo selezionare i calici in cui condividerla. Se potessi scegliere, chi vorresti bevesse i tuoi vini?”

“Domanda difficile. Mi piacerebbe pensare a qualcuno che ha messo le basi di quella che è l’enologia oggi, qualcuno che ha creduto nella qualità e ha dettato delle regole, delle leggi in modo moderno… Non l’ho mai conosciuto, ma me ne hanno raccontato tanto: Giacomo Tachis, mi ha sempre affascinato come personaggio”.

“C’è qualcuno invece che vorresti non li bevesse?”

“Chi non vuole farsi emozionare e butta giù il vino”.

 “L’ultima domanda: cosa vorresti trasmettessero i tuoi vini?”

“In primis il territorio e di conseguenza la passione che metto io, la mia famiglia, i miei collaboratori nel fare vino. Emozione e passione. Prima di chiudere c’è una cosa che vorrei far sapere al direttore: non so se la campagna di Winesurf per le bottiglie più leggere è partita in contemporanea alla nostra, ma vorrei sapesse che è una cosa a cui poniamo attenzione e le nostre bottiglie sono realizzate per ottenere con il peso minimo necessario, sicurezza di trasporto e tenuta. Sotto un certo peso non è possibile scendere, ma abbiamo posto attenzione anche noi a questo aspetto”.

Barbara Amoroso Donatti

Appassionatissima di vino e soprattutto “liquidi con qualche grado in più”. Punto di riferimento del giornale per tutto quanto riguarda il mondo dei superalcolici.


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