Incontro con il Gavi4 min read

Alla fine della rassegna “di Gavi in Gavi”, mi girava per la testa un pensiero strano: il Gavi, non sarebbe meglio berlo un po’ invecchiato?
Non mi era mai successo, con un vino bianco italiano.

Se fosse vero non sarebbe comunque una cosa banale: non basta comprare una bottiglia di Gavi giovane, tenerlo in cantina e berlo dopo un paio di anni, perché i vini che mi hanno colpito con il loro fascino maturo nascono in modo diverso da quelli che si vendono e si bevono dopo un anno dalla vendemmia.

Per esempio: il Bruno Broglia proviene da vigneti di 60 anni e viene messo in commercio dopo 2 anni.
La Giustiniana produce due cru :Lugarara e Montessora., Il primo cresce su marne grigie, il substrato canonico per il Gavi, il secondo proviene da argille rosse , più ricche e atipiche. Fra la numerosa clientela della cantina c’è anche la nostra Camera dei Deputati,  che è un cliente ottimo e ne assorbe quantità veramente rispettabili. L’ azienda declina comunque ogni responsabilità sul comportamento dei parlamentari…

In questi casi è chiaro, si tratta di vini diversi dal vino base che si mette in commercio dopo un anno, resistendo alle insistenze dei clienti che lo prenderebbero anche prima .

La differenza si può verificare in modo ineccepibile, perché c’è il “vino istituzionale” a stabilire anno dopo anno il canone del Gavi .
Viene effettuata una selezione fra i vini dei vari produttori, per individuare quello che è il più tipico,,il più rappresentativo dell’ annata . E’ questo il “vino istituzionale” e viene imbottigliato anonimo per il Consorzio, che lo utilizza nelle occasioni ufficiali . Il produttore è più o meno segreto.

Quello che abbiamo assaggiato ha tutte le pregevoli caratteristiche del Gavi corrente. Un po’ corto, a dire il vero. Ma tutti i Gavi del 2012 che abbiamo assaggiato sono un po’ corti . In questo senso il Gavi Istituzionale svolge al meglio il suo compito di rappresentare l’ annata. Il 2012 è stato caldo e difficile.

Il Gavi ha una serie di pregi, ai miei occhi e al mio palato, che possono rivelarsi degli handicap alla prova del mercato.

E’ un vino sommesso e discreto: Cortese, appunto. Il suo stile è l’ understatemen. Asciutto, sapidità elegante, profumi sottili, alcolicità moderata . No ti investe con profumi e afrori da giramento di testa,come certi sauvignon sfacciati e certi traminer caricaturali . Si tiene sui 12 gradi e mezzo, massimo 13, come dovrebbe fare ogni vino perbene. Non ama la barrique, anche se ne tollera un uso accorto . Non ha residui zuccherini, rotondità e altre seduzioni facili.

Insomma, non è tutto quello che i vini bianchi di largo consumo cercano di essere, allo scopo di essere largamente consumati.

I Gavi più ambiziosi giocano in un altro campionato: danno sensazioni ampie e sono fatti per durare, sulla base di una lavoro in vigna più che sulle magie della cantina.

Sarebbe la normale distinzione fra riserva e vino base . O meglio, quella che dovrebbe essere , perché troppo spesso le riserve sono vini un po’ inventati, con varie forzature per salire di gamma e di prezzo.

Nel caso dei Gavi di lunga durata che abbiamo assaggiato questa critica non vale: mi hanno dato l’impressione che siano loro il Gavi autentico.

Ho commesso un errore: ho letto il disciplinare solo dopo il ritorno a casa. Per cui non ho avuto occasione di chiedere spiegazioni sulle tipologie, che mi sembrano un po’ strane. In particolare per il Gavi “Riserva”  è previsto che venga messo in commercio 12 mesi dopo la vendemmia, dei quali 6 passati in bottiglia . Qual è il Gavi non-riserva ? la tipologia “tranquillo”. Ho sbagliato disciplinare?
Chiaramente non intendo questo quando parlo di riserva e vino base . Ma credo che ci siamo capiti

L’ occasione di questo incontro ci è stata fornita, naturalmente, da una iniziativa che ha per scopo la Comunicazione.
La Conunicazione: scienza, arte, croce , delizia… Bisognerà parlarne, magari aprendo un dibattito su Winesurf.

Quando , nell’ invito, ho letto che ci proponevano un “viaggio sensoriale” mi sono rassegnato al peggio. Invece era un falso allarme, una concessione al trend attuale ( avete presenti gli spot sullo yogurt Muller, o sulla mozzarella Vallelata? ) senza nessuna conseguenza. Anzi, è stata una presentazione dei vini esemplare per senso della misura.

L’ idea del Consorzio e dei suoi consulenti è che non basta far conoscere un vino e le sue caratteristiche potabili : bisogna legarlo al territorio che lo produce, con la sua storia e il suo retaggio.

Giusto, molto giusto. Il territorio del Gavi si presta. In particolare i fondovalle coltivati con rade costruzioni agricole del tempo che fu … affine all’ alto Monferrato, più che alla Langa.
In realtà la comunicazione sul vino si fa soprattutto tramite i suoi personaggi. E questi davvero non mancano.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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