Alla fine della rassegna “di Gavi in Gavi”, mi girava per la testa un pensiero strano: il Gavi, non sarebbe meglio berlo un po’ invecchiato?
Non mi era mai successo, con un vino bianco italiano.
Se fosse vero non sarebbe comunque una cosa banale: non basta comprare una bottiglia di Gavi giovane, tenerlo in cantina e berlo dopo un paio di anni, perché i vini che mi hanno colpito con il loro fascino maturo nascono in modo diverso da quelli che si vendono e si bevono dopo un anno dalla vendemmia.
Per esempio: il Bruno Broglia proviene da vigneti di 60 anni e viene messo in commercio dopo 2 anni.
La Giustiniana produce due cru :Lugarara e Montessora., Il primo cresce su marne grigie, il substrato canonico per il Gavi, il secondo proviene da argille rosse , più ricche e atipiche. Fra la numerosa clientela della cantina c’è anche la nostra Camera dei Deputati, che è un cliente ottimo e ne assorbe quantità veramente rispettabili. L’ azienda declina comunque ogni responsabilità sul comportamento dei parlamentari…
In questi casi è chiaro, si tratta di vini diversi dal vino base che si mette in commercio dopo un anno, resistendo alle insistenze dei clienti che lo prenderebbero anche prima .
La differenza si può verificare in modo ineccepibile, perché c’è il “vino istituzionale” a stabilire anno dopo anno il canone del Gavi .
Viene effettuata una selezione fra i vini dei vari produttori, per individuare quello che è il più tipico,,il più rappresentativo dell’ annata . E’ questo il “vino istituzionale” e viene imbottigliato anonimo per il Consorzio, che lo utilizza nelle occasioni ufficiali . Il produttore è più o meno segreto.
Quello che abbiamo assaggiato ha tutte le pregevoli caratteristiche del Gavi corrente. Un po’ corto, a dire il vero. Ma tutti i Gavi del 2012 che abbiamo assaggiato sono un po’ corti . In questo senso il Gavi Istituzionale svolge al meglio il suo compito di rappresentare l’ annata. Il 2012 è stato caldo e difficile.
Il Gavi ha una serie di pregi, ai miei occhi e al mio palato, che possono rivelarsi degli handicap alla prova del mercato.
E’ un vino sommesso e discreto: Cortese, appunto. Il suo stile è l’ understatemen. Asciutto, sapidità elegante, profumi sottili, alcolicità moderata . No ti investe con profumi e afrori da giramento di testa,come certi sauvignon sfacciati e certi traminer caricaturali . Si tiene sui 12 gradi e mezzo, massimo 13, come dovrebbe fare ogni vino perbene. Non ama la barrique, anche se ne tollera un uso accorto . Non ha residui zuccherini, rotondità e altre seduzioni facili.
Insomma, non è tutto quello che i vini bianchi di largo consumo cercano di essere, allo scopo di essere largamente consumati.
I Gavi più ambiziosi giocano in un altro campionato: danno sensazioni ampie e sono fatti per durare, sulla base di una lavoro in vigna più che sulle magie della cantina.
Sarebbe la normale distinzione fra riserva e vino base . O meglio, quella che dovrebbe essere , perché troppo spesso le riserve sono vini un po’ inventati, con varie forzature per salire di gamma e di prezzo.
Nel caso dei Gavi di lunga durata che abbiamo assaggiato questa critica non vale: mi hanno dato l’impressione che siano loro il Gavi autentico.
Ho commesso un errore: ho letto il disciplinare solo dopo il ritorno a casa. Per cui non ho avuto occasione di chiedere spiegazioni sulle tipologie, che mi sembrano un po’ strane. In particolare per il Gavi “Riserva” è previsto che venga messo in commercio 12 mesi dopo la vendemmia, dei quali 6 passati in bottiglia . Qual è il Gavi non-riserva ? la tipologia “tranquillo”. Ho sbagliato disciplinare?
Chiaramente non intendo questo quando parlo di riserva e vino base . Ma credo che ci siamo capiti
L’ occasione di questo incontro ci è stata fornita, naturalmente, da una iniziativa che ha per scopo la Comunicazione.
La Conunicazione: scienza, arte, croce , delizia… Bisognerà parlarne, magari aprendo un dibattito su Winesurf.
Quando , nell’ invito, ho letto che ci proponevano un “viaggio sensoriale” mi sono rassegnato al peggio. Invece era un falso allarme, una concessione al trend attuale ( avete presenti gli spot sullo yogurt Muller, o sulla mozzarella Vallelata? ) senza nessuna conseguenza. Anzi, è stata una presentazione dei vini esemplare per senso della misura.
L’ idea del Consorzio e dei suoi consulenti è che non basta far conoscere un vino e le sue caratteristiche potabili : bisogna legarlo al territorio che lo produce, con la sua storia e il suo retaggio.
Giusto, molto giusto. Il territorio del Gavi si presta. In particolare i fondovalle coltivati con rade costruzioni agricole del tempo che fu … affine all’ alto Monferrato, più che alla Langa.
In realtà la comunicazione sul vino si fa soprattutto tramite i suoi personaggi. E questi davvero non mancano.