In Piana Rotaliana, dove il Teroldego affonda le radici nella storia e nella cultura del Trentino, si è rinnovato l’appuntamento con Incontri Rotaliani, la rassegna biennale che unisce enologia, paesaggio e confronto tra territori. L’edizione 2025, ospitata tra Mezzolombardo, Mezzocorona e San Michele all’Adige, ha registrato una crescita di pubblico del 10%, confermandosi tra gli eventi più significativi del panorama vitivinicolo trentino.
Quest’anno il dialogo si è aperto al Syrah di Cortona e della Côte Rôtie, zone con le quali si condivide un profondo legame con la vite e una tradizione di vini dal carattere deciso e identitario. Non è un caso che il filo conduttore dell’edizione sia stato “Teroldego & Syrah”, due vitigni “cugini” che affondano le origini genetiche in un progenitore comune: il Pinot Nero.

L’incontro tra territori così diversi ha mostrato come il vino sappia unire ciò che la geografia divide. Durante il wine talk inaugurale, moderato da Luciano Ferraro vicedirettore del Corriere della Sera, si sono affrontati temi cruciali come tutela del paesaggio, sostenibilità e valorizzazione del terroir.
«Incontrare altri luoghi significa riflettere sulle sinergie da adottare per crescere insieme», ha sottolineato Daniela Finardi, presidente del Consorzio Turistico Piana Rotaliana Königsberg, rimarcando l’importanza del dialogo come motore di sviluppo.
Dal palco del Teatro San Pietro di Mezzolombardo sono emerse voci e visioni complementari. Stefano Amerighi, presidente del Consorzio Tutela Vini Doc Cortona, ha ricordato come il modello agricolo toscano, figlio della mezzadria, abbia preservato biodiversità e paesaggio. Dalla Borgogna, Catherine Girard, sindaco di Sampigny-lès-Maranges, ha raccontato le sfide dopo il riconoscimento UNESCO: «All’inizio c’è stato entusiasmo, ma trasformare il prestigio in valore condiviso è complesso. Proteggere il paesaggio significa trasmetterne l’identità alle nuove generazioni». Dall’Etna, Maurizio Lunetta ha portato la testimonianza di una viticoltura estrema: «Il vulcano si difende da sé, ma il dovere è tutelare il patrimonio. Le contrade ed i limiti di impianto servono a garantire equilibrio e qualità».

Al centro del dibattito, come sempre, il Teroldego Rotaliano, il “Principe” dei rossi trentini, capace negli ultimi anni di reinventarsi ed alleggerirsi rendendo il sorso più dinamico e fresco, dove oltre ai marcatori caratteristici spesse volte si percepiscono note agrumate di sanguinella. «Oggi – ha detto Paolo Dorigati, produttore e voce del territorio – dobbiamo chiederci che futuro vogliamo per la Piana: diventare un dormitorio o un laboratorio di cultura del vino e del paesaggio?».
Dorigati ha lanciato un monito contro il consumo di suolo – 58 ettari in meno nell’ultimo anno – e una visione positiva: «Spero che tra dieci anni si possano contare venti nuove cantine nate qui, da giovani che coltivano e vinificano in loco».
Accanto agli incontri istituzionali, le wine experience hanno rappresentato il lato più conviviale e partecipato dell’evento. I wine lab tematici, hanno offerto momenti di approfondimento e confronto tra Teroldego, Syrah di Cortona e Côte Rôtie, mettendo in luce affinità, differenze e filosofie produttive.
Il successo di Incontri Rotaliani non è solo nei numeri, ma nelle idee e nei legami umani che genera. Perché, come ricordano gli organizzatori, il vino è la più umana delle bevande: nasce dal dialogo tra uomo e terra, cresce attraverso l’incontro di esperienze e culture. In un’epoca in cui la globalizzazione tende a uniformare, la rassegna riafferma il valore dell’identità locale come parte di una rete di conoscenze condivise. E se ogni vitigno trova il proprio luogo ideale nel mondo, la Piana Rotaliana conferma di essere la casa del Teroldego: un vino che, aprendosi al confronto, non perde la propria identità ma la rafforza, dimostrando che l’essere “autoctono” non è un concetto geografico, bensì l’incontro perfetto tra vitigno, territorio e tempo.
