In ricordo di Libero ed Emanuela Masi2 min read

“La classe….”. Chi ha avuto la fortuna di essere amico di Libero Masi ricorderà per sempre l’espressione che gli era più cara e ricorrente (“La classe…..”), con la quale sottolineava e applaudiva, con occhi ridenti, una battuta felice, una buona idea. L’amicizia, iniziata vent’anni fa ai primi passi di Slow Food-che non era ancora Slow Food-condivideva un retroterra abbastanza simile: quello di chi cercava, in quel complicato snodo esistenziale a cavallo tra gli anni Settanta e gli Ottanta, gli umori meno stagnanti e immutabili della vita in provincia.

L’entusiasmo con cui Libero partecipò immediatamente a questo strano risveglio di vignaioli, osti, pastai e pastori (lui, figlio di un leggendario avvocato che aveva difeso gratis i contadini nelle cause contro i latifondisti), era lo stesso speso nell’organizzare cicli di films ed incontri culturali nelle lunghe serate invernali (oltre che, naturalmente, nel suo lavoro di avvocato), e la convivialità era per lui, irresistibile affabulatore abituato a vivere questo territorio di confine tra Abruzzo e Marca sporca come un microcosmo fitto di lunatici, macchiette ed antieroi (quasi la Macondo di Garcia Marquez in Val Vibrata), un naturale invito a nozze.

Restano indimenticabili, per me, anche perché largamente condivisi, alcuni suoi tic ricorrenti: le prime righe di Cent’anni di solitudine recitate con memoria sicura come un rosario, la nostalgia per certe trattorie romane prima del ’68, i romanzi di John Fante, la passione cinefila anche un po’ fuori dai canoni (un film su tutti: Il cavaliere della valle solitaria), l’entusiasmo quasi infantile per la cucina teramana e il vino Montepulciano d’Abruzzo. Le circostanze particolarmente atroci della perdita di Libero ed Emanuela rendono quasi impossibile tentare un’elaborazione del lutto vicina ai toni dell’accettazione serena e dell’ironia, come loro avrebbero senz’altro preteso e meritato, ma non possono rischiare di cancellare, nel segno della ferocia, quell’esemplare mitezza ed umanità che ci ha arricchito.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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