Il vino libanese del satiro flautista5 min read

Ma torniamo alla Bekaa ed ad un’altra storia, quella di Château Marsyas. Château Marsyas è situato nel villaggio di Kefraya, e confina con Château Kefraya.

Château Marsyas nasce grazie alla tenacia dei fratelli Saade, di origini siriane, che decidono di investire una cospicua somma di denaro per creare un vino quasi perfetto. Il loro desiderio è quello di produrre il miglior vino del Libano, in piccole quantità. Vengo contattata da Johnny, Marketing Manager, per stabilire il giorno e il luogo dell’incontro. In Libano è un po’ difficile rispettare gli appuntamenti, soprattutto se si decide di prenderne due in una sola giornata, ed io, da perfetta dilettante, ne ho presi due. Decido di visitare Château Marsyas, sapendo che arriverò molto in ritardo da Massaya.

I vigneti a Marsyas sono puliti ed ordinati, filari di syrah e cabernet sauvignon si stendono davanti a miei occhi, ed una quercia rompe la geometria perfetta stagliandosi all’orizzonte, verso Est. Cosa ci fa lì una quercia?

In Libano Si narra che Marsyas fosse l’antico nome attribuito alla Valle della Beqaa (lo possiamo trovare in Strabone e Plinio il Vecchio), nome ereditato appunto dal satiro Marsyas simbolo della libertà dell’uomo rispetto ai capricci delle divinità. Questo sfidò Apollo attraverso una competizione musicale e perdendo la sfida fu scorticato vivo dala dio.  La quercia è l’albero sotto il quale il sileno Marsyas trascorreva il suo tempo suonando il suo aulos, per tale ragione ne troviamo una nel bel mezzo del vigneto di Marsyas.

Incontro Fabrice, il giovane responsabile dello sviluppo commerciale di Marsyas, un  ragazzo francese che adora il Libano, come me, ma che a differenza di me ha la fortuna di poterci vivere.  Sandro Saade, uno dei due proprietari, mi accoglie calorosamente:  ha organizzato un brunch con alcuni amici, e mi offre un bicchiere di Marsyas blanc 2008 e mille sorrisi da scapolo d’oro… mannaggia lui è davvero uno scapolo d’oro!

Mentre Sandro si prende gioco del mio accento, Fabrice mi spiega che i vigneti di Marsyas vengono coltivati in maniera naturale, nel senso che non vengono trattati preventivamente se non ce n’è bisogno, anche perché il clima secco aiuta nel combattere parassiti e malattie indesiderate.  Bassa resa, vendemmie manuali, selezione dei grappoli, vendemmia verde, insomma, cose che quasi tutti ci raccontano ovunque andiamo. Ma c’è da dire che qui è un po’ diverso, perché in effetti la valle della Beqaa gode di una condizione climatica eccezionale sia per ciò che concerne la disponibilità d’acqua, sia per il clima secco e temperato che la caratterizza d’estate sia per gli inverni rigidi e innevati.

D’inverno infatti i monti circostanti (catena del Libano e dell’Anti-Libano) vengono coperti da una soffice coltre di neve che sciogliendosi in primavera penetra in profondità nel terreno argillo-calcareo della valle e costringe le radici delle vigne a scendere in profondità sino a 150 cm per potersi nutrire. Inutile dire che questo sforzo ripaga in minerali e altri componenti che poi ritroviamo nel prezioso nettare libanese.

L’impressione che si ha quando ad esempio si assaggia una bottiglia di Marsyas 2009, è di “bere un po’ di Libano” in versione liquida.  Ma se vogliamo possiamo inebriarci con la versione siriana, ovvero Domaine de Bargylus, sempre di proprietà dei fratelli Saade, che si trova  alle pendici del monte Al- Ansaryah, nella sira Nord Occidentale, poco lontano dal confine orientale del Libano, e dove i vigneti sono stati piantati nel 2005.

Purtroppo non mi è stato possibile visitare il sito, a causa delle condizioni “non troppo sicure” della Siria, ma vi basti sapere che la cantina siriana è stata progettata dall’architetto Serge Lansarot,  piuttosto conosciuto nella regione di Bordeaux, e che l’enologo è Stéphan Derencourt, praticamente una star dell’entourage del consulting enologico internazionale, consulente anche per Francis Ford Coppola.

Prima e durante le vendemmie, rigorosamente manuali, ogni giorno un taxi refrigerato porta dei grappoli a Beirut, perché possano essere assaggiati dal personale specializzato, e almeno 3 o 4 volte l’anno Derencourt  visita la cantina e controlla che tutto avvenga a regola d’arte.

Il risultato di questa sfida sociale e religiosa è un vino bianco sapido a base di Chardonnay, dove si può percepire tutto il sapore del mediterraneo, e un rosso speziato, dove il Syrah e il Cabernet Sauvignon si sposano perfettamente tra loro.
Anche qui il tenore in alcol è piuttosto elevato, ma vi posso garantire che difficilmente ve ne renderete conto, a meno di leggere tutti i dettagli dell’etichetta.

I fratelli Saade fanno tutto questo per riscoprire e valorizzare le antiche tradizioni delle loro terre, per loro è quasi una missione, una sorta di “evangelizzazione” al vino. Sono degli imprenditori intelligenti e perspicaci, che più di ogni altro desiderano risollevare le sorti del loro Paese e renderlo conosciuto per qualcosa che sia diverso da Hezbollah e dall’instabilità politica.

Ma il tempo scorre veloce, e io sono lenta a scrivere:  mi rendo conto di non aver parlato di Adyar, che in arabo significa monastero, di Ixir, che ha qualcosa a che vedere con l’elisir di lunga vita e con Carlos Ghosn (amministratore delegato Nissan e Renault, n.d.r.). Ksara invece è la più antica vera cantina del Libano,  ha senza dubbio origini romane, si trova a Zahle … La prima cantina commerciale invece è stata fondata da François-Eugène Brun, nel 1868,  durante la costruzione della rete ferroviaria in Libano… ma queste sono altre storie.

A presto !

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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