Il profumo di muschio, pardon mosto, selvatico3 min read

Torna la nostra Madame X, concentrandosi sui profumi. Questa è la prima parte.

 

Gli ultimi 20 anni hanno visto la nascita di una nuova figura professionale , ormai talmente diffusa che potrebbe essere il vostro insospettabile vicino di casa: il degustatore di vini – meglio non usare altri termini perché so già che l’esimio direttore non mi pagherebbe l’avvocato-.

Tutti noi abbiamo cominciato a familiarizzare con il bouquet olfattivo oltre che matrimoniale, distinguere il sentore di una foglia di pomodoro da un peperone verde leggermente abbrustolito dal sole di mezzogiorno e carpire l’essenza del sudore di cavallo.

 

Cerchiamo di affrontare la questione da un punto di vista tecnico.

I responsabili dell’aroma dei vini sono dei composti volatili che a seconda della loro concentrazione e il loro livello di soglia intervengono più o meno nella formazione dello spettro aromatico di un vino. E’ importante introdurre il concetto di "soglia olfattiva", che si divide in:

– soglia di percezione: concentrazione minima che permette di rilevare un’aroma, senza riuscire a identificarlo;
– soglia di riconoscimento: concentrazione minima che permette di rilevare ed identificare un aroma;
– soglia di preferenza: concentrazione massima oltre la quale l’aroma e’ sgradevole e penalizza il vino.

I composti odorosi sono stati catalogati in mille maniere, ma risulta più agevole ricordarseli dividendoli per origine:

– varietali: sono legati alla varietà dell’uva e si ritrovano nel vino;
– prefermentativi: si sviluppano durante la macerazione o comunque tra l’ammostamento e l’inizio della fermentazione;
– fermentativi: derivano dalla fermentazione alcolica e malolattica. E’ cruciale la scelta del lievito e dei batteri;
– da affinamento: provengono dalla trasformazione chimica dei composti aromatici durante l’invecchiamento;
– esogeni: apportati dalle tecniche di lavorazione ( materiali di stoccaggio, coadiuvanti enologici).

Prendiamo in esame il primo gruppo degli aromi varietali, i terpeni.

Sono anche chiamati composti isoprenici perché contengono due unita’ di isoprene ( dieci atomi di carbonio) e monoterpenoli perché hanno almeno un gruppo alcolico; più "-OH" possiedono maggiore sarà il loro peso e minore la volatilità e l’aroma. Sono sintetizzati nella buccia e sono presenti in forma libera e glicosilata -legati ad uno zucchero. I più celebri sono il linalolo ( rosa/salvia), l’alfa-terpineolo (mughetto), il citronellolo ( citronella), il nerolo ed il geraniolo (entrambi ricordano la rosa).
Il linalolo e’ presente nel Moscato d’Asti e la sua evoluzione porta alla formazione dell’alfaterpineolo, motivo per cui e’ un vino non proprio adatto all’invecchiamento vista la deriva della rosa in mughetto.

Il Traminer deve essenzialmente il suo aroma ai terpeni ed essendo per lo più presenti nella buccia si auspica una macerazione prefermentativa per estrarne maggiore quantità. Contiene inoltre ossido di rosa che come dice il nome ricorda la rosa ed ha una soglia di percezione molto bassa rispetto al linalolo e al geraniolo.
I Moscati, a differenza del Traminer e del Moscato Rosa, contengono per lo più terpeni liberi e non necessitano di vinificazioni " particolari" come avviene per le altre due varietà che sono dotate in gran parte di terpeni legati, i quali non possono esprimere la loro carica olfattiva proprio ma causa del legame con lo zucchero.

E’ possibile liberare i prigionieri? L’attività glicosidasica dell’uva prima e del mosto poi e’ inibita dal pH del mezzo e dalla
concentrazione zuccherina ma si mormora che alcuni lieviti ci riescano in piccola parte.
Pare. (segue)

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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