Il Divin “Cognac” della Transnistria4 min read

Parlare di Cognac della Transnistria è come  parlare di Calvados di Oslo, con l’aggravante che Oslo esiste, la Transnistria ufficialmente no.

La notizia in breve è questa: in un paese fantasma (non riconosciuto politicamente) all’interno dei confini europei, viene prodotto il Divin, un distillato di uva ‘cugino’ (alla lontana) del Cognac.

Ma andiamo per gradi… non alcolici naturalmente. Cartina geografica alla mano, cercate la Repubblica di Moldova (o Moldavia) della cui  produzione vinicola ha già parlato qui Stefano Tesi.

Quel lembo di terra tra Moldova e Ucraina, è la Transnistria: 3.500 km² di Stato separatista, oltre 500 mila abitanti, lingua ucraina, alfabeto cirillico, valuta propria (rublo transnistriano con monete coniate in plastica che farebbero invidia all’ultima edizione del Monopoli), un sistema postale inesistente (se spedite una cartolina affrancatela sia con francobolli locali, che moldavi se volete farla uscire dai confini).

Della Transnistria ne sentirete parlare sempre più spesso per l’opera di promozione dell’Ente del Turismo Moldavo (www.turism.gov.md e www.moldova.travel) che ha battezzato il nostro tour Back to Urss, e soprattutto per la sua scomoda posizione di stato-cuscinetto all’interno della “Galassia Putin”.

Serve il passaporto per entrare, nonostante lo abbiate già esibito in Moldova. Alla dogana non sognatevi un controllo formale: i poliziotti russi, nelle loro divise verdi retrò, non vanno fissati o fotografati. Vogliono vedere documenti, bagaglio, sapere perchè siete in Transnistria, con l’occhio vigile della telecamera che filma ogni movimento. Questo mentre le foto dei ricercati troneggiano in bacheca. Se non avete un’aria sospetta, vi viene concesso un visto di 10 ore, compilato in cirillico: tenetelo stretto.

Passata la dogana entrate a Tiraspol (la capitale) dove il tempo si è fermato: davanti al Palazzo del Governo una statua di Lenin vi accoglie austera, mentre bandiere con falce e martello fioccano in un paesaggio fatto di carri armati assurti a monumenti.

Colta l’atmosfera del luogo, calatevi nella realtà del suo ‘Cognac’, termine improprio visto che qui il distillato di uva bianca invecchiato in legno è denominato Divin, e corrisponde al più noto (e unico) brandy locale.

Foto Stefano Cellai

A Tiraspol il Divin “di cognome” fa Kvint, e lo stabilimento Kvint si trova dentro la capitale: per accedervi passate un tornello selettivo mentre vi scrutano con occhi non proprio amichevoli.

Questa non è la terra dei sorrisi, tranne per i giovani che si spostano a Chisinau (capitale della Moldova) per studiare e respirare aria filoeuropea. Cosa possibile solo con un triplo passaporto: transnistriano, moldavo e ucraino.

Mentre attraversate i grandi cortili tra un capannone e l’altro, rapirà la vostra attenzione un ampio spazio, a disposizione dei dipendenti durante le pause, ‘arredato’ con colorati ed energici pavoni. Dentro lo stabilimento, durante la passeggiata tra le botti di Divin, ordinatamente sull’attenti lungo le pareti,  l’odore del distillato di vino è così forte che potete restare nelle sale massimo 40 minuti, pena ubriacarsi prima di aver bevuto.

Foto Stefano Cellai

Il “Cognac” Divin nasce dalla doppia distillazione di vini ottenuti da diversi vitigni a bacca bianca (Aligote, Chardonnay, Feteasca Alba, Pinot bianco, Riton, Rkatiteli, Sauvignon…) e prevede un invecchiamento minimo di 3 anni in botti di rovere. Il risultato è un liquore che varia dal color oro chiaro, a un ambra deciso, con un bouquet floreale e fruttato, che col tempo abbraccia aromi di vaniglia, cioccolato, cocco, legno e caffè.

I Divin che abbiamo degustato erano tutti XO (Extra Old), ovvero con almeno 6 anni di invecchiamento, e per introdurci ai suoi 40°, abbiamo ‘aperto le danze’ con un Divin di 8 anni (pare il più apprezzato dalle donne): delicato color ambra, profumo floreale, gusto rotondo, adatto a chi si avvicina al piacere del bere spiritoso.

Foto Stefano Cellai

Il Surprise poi (un Divin invecchiato 10 anni) si è rivelato tale per la stessa Kvint: alla base floreale a cui fa seguito il profumo di cioccolato, noi italiani abbiamo riconosciuto la liquirizia. Liquirizia? Ci hanno chiesto. Si, liquirizia, un profumo sconosciuto in Transinistria poichè qui la radice non c’è.

Dulcis in fundo, qualcosa di stronger: un Divin di 15 anni, il Tiraspol Special Edition: quindici anni a contatto col rovere tradotti in un color caramello intenso e brillante, un profumo pungente, un gusto deciso accarezzato da vaniglia e caffè, sicuramente il più adatto a chi ha già un palato allenato a tutti questi gradi.

Back to Moldova

Non si rimane indifferenti di fronte a un’esperienza come quella in Transinistria: il rigido protocollo fatto anche di rispetto e buon senso (in un paese non riconosciuto, se succede qualcosa le autorità goverantive non garantiscono capacità di intervento), fa toccare con mano come storia, tempo, politica, persone e il loro intersecarsi creino un ordito di possibilità differenti da luogo a luogo. Sotto un cielo stellato e una luce artificiale cerchi il visto da esibire alla frontiera e comprendi che la chiave di lettura sul valore di un prodotto non può essere universale, perchè universali e uguali, nei fatti, non sono le possibilità che la vita ti offre.

Per questo, se vi capiterà di degustare un Divin, immaginate di trovarvi non nella tranquilla e quasi bucolica Charente, magari nel cuore della Grande Champagne, ma in un luogo dove la vita è molto più difficile ed è quasi “divino” (scusate il gioco di parole) riuscire a produrre distillati del genere.

 

 

 

 

 

 

 

Barbara Amoroso Donatti

Appassionatissima di vino e soprattutto “liquidi con qualche grado in più”. Punto di riferimento del giornale per tutto quanto riguarda il mondo dei superalcolici.


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