Il colore viola. Col permesso di Spielberg4 min read

A meno di non avere un naso da cercatore di tartufi, il primo aspetto che colpisce quando si versa un bicchiere di vino rosso è il colore, sia esso brillante, rosso, violaceo, cupo, profondo, pallido, smunto, aranciato e chi più ne ha ne metta. 

Quante volte vi è capitato di aprire una bottiglia conservata con cura per anni e versarla poi nel lavandino senza nemmeno passare dal via dopo aver visto il colore? Bene, dopo questa lettura almeno saprete cosa è successo nella bottiglia. Magra consolazione, ma volete mettere il figurone con gli amici?

Gli antociani sono la classe più importante di pigmenti naturali, con sfumature che vanno dal rosso al blu, e i principali presenti nel vino sono cinque, con un nome che è tutto un programma: delfinidina, cianidina, peonidina, petunidina e malvidina.
Gli stessi si distinguono in trisostituiti (delfinidina, malvidina e petunidina) e disostituiti (cianidina e peonidina): i primi assorbono ad una lunghezza d’onda maggiore e conferiscono all’uva una colorazione rossa mentre i secondi tendono verso l’aranciato.

 Principalmente sono presenti nella buccia e in qualche caso anche nella polpa, come accade nelle cosiddette varietà tintorie (Alicante, Colorino, Teinturier, etc.); una buona parte di essi si perdono nel passaggio da uva a vino a causa dell’ossidazione.
Nel caso della vite europea si trovano 15 composti di antociani: 5 glicosilati (combinati con uno zucchero),  5 glisosilati ed esterificati con acido acetico, 5 glicosilati ed esterificati con acido p-cumarico.

Ogni antociano, partendo da un ambiente più acido fino al basico, si può trovare nel vino in diverse forme: base chinonica (colorazione blu), catione flavilio (rossa), carbinolo (incolore) e calcone (gialla). Il passaggio da una forma all’altra e le relative conseguenze sul colore del vino dipendono principalmente dal pH e si denotano grandi cambiamenti già attorno a valori di 3,5 – si ricordi l’influenza della malolattica. L’elevata presenza di anidride solforosa peggiora la situazione, decolorando tali composti se non condensati.

A tal proposito il colore si mantiene più stabile nel tempo maggiore è il grado di condensazione degli antociani con i tannini.
Il primo processo è antociano/tannino e dà origine ad un flavene incolore che riprende il pigmento in presenza di ossigeno. In seguito a riarrangiamenti si forma lo ione xantilio che è stabile e presenta una sfumatura aranciata – questo meccanismo spiega la trasformazione di un vino giovane rosso in un vino maturo aranciato.

La condensazione indiretta è invece mediata dall’acetaldeide, che dà origine a composti molto stabili nonostante le variazioni di pH.

La condensazione tannino/antociano forma un complesso incolore – carbinolo, che si ricolora di rosso per disidratazione causata da aumento di temperatura in assenza di aria.

Nei processi enologici si cerca sempre di produrre antociani combinati poiché quelli presenti in forma libera tendono  a calare vistosamente durante l’invecchiamento.  Se un vino ha un rapporto antociani/tannini 1:1 stenta a formare dei complessi invece favoriti da rapporti almeno 1:3, che conferiranno colori molto più definiti poiché la reazione avverrà più rapidamente, scongiurando il pericolo di ossidazione degli antociani liberi.

Non secondaria la copigmentazione, in cui lo ione flavilio viene stabilizzato da catechina, epicatechina, cumarine, flavo noli e flava noli, sostanze non coloranti che sottraggono i pigmenti agli equilibri acido-base del vino. Questo fenomeno è estremamente importante per l’invecchiamento del vino perché aiuta a mantenerne il colore stabile nel tempo.
Come si vede è importante la presenza dei tannini e la vendemmia svolta secondo i parametri della maturità fenolica non farà altro che aiutare il colore del vino. Certamente una macerazione pre-fermentativa aiuterà l’estrazione degli antociani, che raggiunge il suo picco ad un terzo circa della fermentazione.

Tutte le varietà di vite hanno un profilo antocianico controllato dalla genetica ed è infatti utilizzato come controllo della corrispondenza varietale. Ad esempio il Pinot Nero ha solo gli antociani in forma glicosilata , una caratteristica tipica utilizzata per smascherare le frodi. Passando ai vini bianchi, il Pinot Grigio macerato può presentare una colorazione rosata stabile perché contiene malvidina e peonidina, non ossidabili. Sorte differente per il Traminer, ricco in cianidina che può venire ossidata.

La seconda puntata credo sarà d’obbligo perché questo argomento, insieme ai tannini, è uno dei più complicati , chimicamente e socialmente.  Mi preme sottolineare che la genetica rimane alla base di tutto: se un vitigno non ce la fa, non ce la fa. Pratiche enologiche o vodoo non cambiano di molto la situazione.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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