Il bianco nel nero: non Juventus ma San Gimignano3 min read

Pare, ripeto pare, che Davide Bonucci ogni tanto dorma qualche ora.  Chi è Davide Bonucci? Per quelli che ancora non ne hanno sentito parlare è il vulcanico animatore dell’Enoclub Siena e di tante manifestazioni sul sangiovese toscano, tra cui quella ben riuscita sul Rosso di Montalcino a Roma.

In effetti per lui il sonno deve essere per forza un optional perché, questo è certo, ha anche un lavoro che purtroppo lo distoglie giornalmente per alcune ore dal suo impegno principale: organizzare cene, degustazioni e  eventi con al centro i vini che a lui piacciono.

La manifestazione organizzata sabato e domenica scorsa (19-20 maggio) a San Gimignano, in particolare nell’azienda Mormoraia, aveva come fulcro il vino del territorio, quella Vernaccia di San Gimignano che cerca di crearsi un proprio spazio ed una propria riconoscibilità nel panorama dei bianchi nazionali.

E cosa ha escogitato il buon Davide per focalizzare l’argomento? Oltre a far presentare alcune vernacce al fianco di altri vini nazionali e esteri si è inventato una degustazione con bicchieri neri proprio allo scopo di capire se la vernaccia può essere riconosciuta “ad occhi chiusi”. Ha invitato così un discreto gruppo di giornalisti e appassionati e li ha messi di fronte a sei bicchieri neri al cui interno si trovavano sei diversi vini.

A quel punto Davide, che nel frattempo era diventato il più grande tenutario di bicchieri neri da degustazione d’ Italia, ci ha fatto sedere e ci ha chiesto semplicemente di dire se erano rossi o bianchi, se e quante vernacce c’erano tra i sei e, last but not least, la tipologia di tutti i vini.

I partecipanti, oltre ad essere animati da una forte propensione per le figure di m……, amavano tutti il rischio ma per fortuna (a parte ovviamente il sottoscritto) si sono rivelati molto esperti in materia.

La degustazione si è svolta tra i ghigni libidinosi di Davide, che ad ogni nostra affermazione ridacchiava in maniera luciferina, facendoci immediatamente sfuggire le certezze ricercate nel buco nero del bicchiere.

Alla fine però siamo usciti vincitori, per non dire trionfatori, perché praticamente tutti i vini sono stati centrati. Abbiamo beccato facilmente l’unico rosso presente (un grande Rossese di Dolceacqua), le due vernacce (un’annata ed una riserva), altri due bianchi italiani (un Timorasso ed un Fiano entrambi ottimi) e, con una certa fatica, un Sancerre che però mostrava più di un problemino.

Fino a qui la degustazione: che cosa posso dire sul tema che ha fatto scaturire il tutto e cioè sulla riconoscibilità della Vernaccia di San Gimignano?

Partiamo dall’annata. Sarà perché la conosco abbastanza bene, sarà perché gli altri bianchi erano veramente molto diversi  al naso ma le caratteristiche aromatiche (floreale e lievi note minerali) erano, almeno in quel gruppo, non confondibili con altre. Pur essendo del 2009 era comunque molto fresca e perfettamente integra, il che dimostra come questo vitigno, se ben coltivato e lavorato in cantina, ha le carte in regola anche per durare nel tempo.

Sulla riserva invece (a parte il gioco di parole), pur riconoscendola immediatamente, ho avuto qualche riserva. Infatti il riconoscimento non è stato “in positivo” ma in “negativo”. Messa lì come battuta “Questa mi sembra una di quelle riserve di vernaccia dove il legno è estremamente ridondante!” alla fine la frase ha centrato appieno il vino. Un prodotto indubbiamente con una buona base ma troppo marcato e sovrastato dalla barrique. Una tipologia che si sperava oramai non molto seguita anche a livello nazionale,  ma che invece ha ancora seguaci.

A questo punto non resta che attendere fiduciosi le nuove trovate di Davide Bonucci a cui, vista la passione con cui si spende per il territorio, molti in Toscana dovrebbero dire grazie.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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