I due Tornese: la Borgogna romagnola2 min read

Gli attenti cognitori (conoscitori) di vini romagnoli sanno bene che i nomi dei vini della forlivese Tenuta La Palazza sono un tributo ai cavalli, autentica passione della famiglia Drei Donà.

C’era un giovane puledro di nome Tornese che ispirò questo iconico bianco romagnolo, un vino figlio di uno dei tanti progetti visionari di Claudio Drei Donà.

Nel 1988, mentre qualcuno si dilettava con le prime puntate di Striscia la Notizia, il Conte Claudio Drei Donà realizzava la prima annata del Tornese, uno dei bianchi romagnoli più buoni mai prodotti. Un grande bianco stile “borgogna” da uve chardonnay in una terra di vini rossi, non passò di certo inosservato e pochi anni dopo arrivarono i primi riconoscimenti.

Nel corso dei suoi 35 anni di vita la composizione dei vitigni è cambiata, così come lo stile di vinificazione. Da chardonnay in purezza fermentato in tonneaux si è arrivata all’insolito taglio 55 e 45 di chardonnay e riesling vinificati in acciaio, ma un 10% di chardonnay è ancora vinificato in legno.

Nel 2020 però scatta l’operazione nostalgia e i figli di Claudio, Enrico e Ida Vittoria, riprogettano il ritorno al passato realizzando il Tornese-Le Origini, con vinificazione in tonneaux, malolattica svolta, batonnage e un anno e mezzo di bottiglia prima della vendita, un tripudio di profumi esotici, di frutta candita e spezie orientali con un sorso cremoso e avvolgente. Il Tornese moderno, ultima annata 2023, è uno spettacolo vero e proprio con nitidissimi profumi di ginger, frutta esotica e agrumi e una bocca elegante, equilibrata e giustamente sapida. Se entrambi fossero targati “Borgogna” costerebbero molto di più dei rispettivi 25 e 12 euro dello  shop aziendale

Giovanni Solaroli

Ho iniziato ad interessarmi di vino 4 eoni fa, più per spirito di ribellione che per autentico interesse. A quei tempi, come in tutte le famiglie proletarie, anche nella nostra tavola non mancava mai il bottiglione di vino. Con il medesimo contenuto, poi ci si condiva anche l’onnipresente insalata. Ho dunque vissuto la stagione dello “spunto acetico” che in casa si spacciava per robustezza di carattere. Un ventennio fa decisi di dotarmi di una base più solida su cui appoggiare le future conoscenze, e iniziai il percorso AIS alla cui ultima tappa, quella di relatore, sono arrivato recentemente. Qualche annetto addietro ho incontrato il gruppo di Winesurf, oggi amici irrinunciabili. Ma ho anche dei “tituli”: giornalista, componente delle commissioni per la doc e docg, referente per la Guida VITAE, molto utili per i biglietti da visita. Beh, più o meno ho detto tutto e se ho dimenticato qualcosa è certamente l’effetto del vino.


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