I 22 di Pouilly-Fuissé: ovvero come ottenere i Premiers Crus e vivere felici.4 min read

Alla fine ha vinto la perseveranza. Ci sono voluti 10 anni, ma il Pouilly-Fuissé è riuscito finalmente ad ottenere i suoi Premiers Crus: i primi di tutto il Mâconnais. Sono ventidue, derivanti dall’aggregazione di 57 dei circa 250 lieux-dits dell’appellation. Coloro che pensano siano troppi facciano il confronto con  Montagny, nella Côte Chalonnaise, che ne ha ben 49, ma con un vigneto in produzione inferiore alla metà del suo.

Creata nel 1936, l’AOC Pouilly-Fuissé   era rimasta fuori dal giro dei Premiers crus del 1943. Ora l’INAO colma quella che appariva una vera e propria ingiustizia, data la reputazione di quel vignoble e la sua regolarità qualitativa anche nelle annate più sofferte.  Ad essa concorrono quattro diversi comuni: Vergisson, Solutré-Pouilly, Fuissé e Chaintré, per complessivi 758,5 ettari in produzione (250 domaines viticoli e 4 cooperative), che ne fanno anche la più grande AOC del Mâconnais. Di questi poco meno di 200 (193.8) rientreranno nei  Premiers Crus, con un cahier de charges tra i più rigorosi della Borgogna. Sì, perché Pouilly-Fuissé è al momento l’unica appellation a prescrivere espressamente nel suo disciplinare il divieto di fare uso di diserbanti chimici nei suoi premiers crus. Anche le rese massime (56 hl. per ettaro) sono del tutto paragonabili a quelle delle grandi appellations “bianche” della Côte-de-Beaune, come Meursault o Chassagne-Montrachet (55) e addirittura inferiori a quelle di Chablis e Rully (58).

Qui si producono solo vini bianchi ed esclusivamente da uve chardonnay (lo chardonnay non è forse nato qui, come ricorda il paesino omonimo, a mezz’ora d’auto da Vergisson?) che trova condizioni ottimali nei suoi suoli argilloso-calcarei del giurassico, ricchi di detriti calcarei: sono vini densi, dall’impronta solare, ma con un ammirevole equilibrio tra gras e finesse. Al naso si avvertono note di frutta bianca e gialla (pera, pesca, ananas), agrumi (pompelmo e arancia rossa), fiori bianchi e verdi (tiglio, acacia, felce), con un fondo di miele. Hanno struttura, profondità, un’accentuata mineralità salina, lunga persistenza.

Quello del Pouilly-Fuissé è uno dei terroir più differenziati, dal punto di vista geologico (la sua origine varia tra i 150 e i 250 milioni di anni) e della conformazione dei suoli, dell’intera Borgogna : accanto a calcari bianchi e a marne argillose, di vario tipo e consistenza, comprendono anche una zona scistosa  e graniti di origine vulcanica.

Le differenze sono molte, tra i diversi comuni, ma anche all’interno di ciascun comune, a seconda dei suoli, dell’altitudine (sovente oltre i 300 m., fino a 400 e più nei siti più alti), dell’esposizione più o meno “calda” (est o sud- sudest ) e naturalmente dei modi di vinificazione adottati dai produttori. Senza dimenticare le differenze climatiche: tra Vergisson e Chaintré vi sono meno di 10 km. in linea d’aria, ma quest’ultima risente della tendenza mitigatrice della Saône, e vi si vendemmia almeno una settimana prima. Conseguentemente vi sono possono trovare vini dai profili molto diversi: degli chardonnay solari, ricchi, talvolta opulenti (ne è un esempio, la muscolare cuvée La Croix del Domaine Robert-Denogent) , ed altri  più sottili, tendus, fini e addirittura austeri, specie quelli provenienti dalle zone più fredde di Vergisson .

Vergisson: La tension

E’ l’area più fredda della denominazione, sia per l’altitudine, che supera frequentemente i 300 m. fino a toccare i 400, sia per la maggiore distanza dalla Saône e dalla sua influenza, da cui è isolata dalle due suggestive rocche di Vergisson e Solutré. Vi si possono distinguere due settori distinti: quello nord-occidentale, caratterizzato da detriti granitici e  craie su una base di granito, meno interessante,  nel quale non vi sono premiers crus, in cui si producono vini morbidi, tendres, facili da bere, e quello sud-orientale, che si distende ai piedi della rocca di Vergisson, con suoli molto ricchi di  calcare, nel quale si concentrano tutti i premiers crus del comune. Qui si producono i migliori vini di Vergisson e alcuni dei migliori dell’appellation, molto fini ed eleganti, dalla decisa impronta minerale.

Premiers crus: Sur la Roche (14.76 ha.), Les Crays (10.75 ha.), La Maréchaude (9.34 ha.), En France (1.87 ha.). Totale Premiers Crus: 36.72 ha.

Pouilly-Fuissé Sur La Roche 2018 Bret Brothers.

Purezza e precisione contraddistinguono questo vino, che, anche in un’annata ricca e solare, conserva una bella tensione minerale. Agrumi, fiori bianchi, un boisé delicato.  Da una vigna di 50 anni a 360 m. di altitudine esposta a est.

Tra i climats maggiormente “rivendicati” di Vergisson , La Roche è il più alto, giungendo a lambire i 400 m. e il più calcareo. Sovrasta Les Crays, il cui limite superiore è a 380 m., che dà vini di purezza cristallina (esemplare quello di Eric Forest), mentre La Maréchaude, più sotto, a 280-320 m. e leggermente incassata, è un terroir più caldo, che trae beneficio dalle notti fresche di Vergisson (frutta matura, spezie). En France è un piccolo climat posto appena al di sotto del villaggio a 300 m., con un suolo calcareo ricco di fossili, nella parte in alto del pendio, mentre quella in basso è costituita da gres calcarei, un unicum nell’appellation.

Infine nella sezione sud-ovest dell’AOC, all’incirca tra il menhir de Chanceron e le pendici della rocca di Solutré, è il climat En Buland, non riconosciuto tra i premiers crus, da cui il Domaine Barraud ricava da una parcella del 1934 con una del tutto insolita esposizione NE,  un Pouilly-Fuissé  formidabile, di rara complessità e sottigliezza,  tra i migliori dell’AOC.

Segue. A giorni la seconda e ultima parte.

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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