Guida vini: Amarone, Valpolicella Superiore e Ripasso, qualità buona ma cambiamenti lenti6 min read

I nostri assaggi in Valpolicella questa volta sono stati molto più ampi e esaustivi, visto che oltre ai vini degustati al Consorzio Tutela Vini Valpolicella siamo riusciti anche mettere a fuoco quelli delle Famiglie Storiche.

Prima di parlarvi dei risultati degli assaggi ci sembra giusto fare il punto su questo territorio importantissimo sia dal punto di vista storico che economico, visto che il suo giro di affari si posiziona attorno ai 600 milioni di Euro all’anno.

La prima sensazione, anche chiedendo in giro agli addetti ai lavori, è che qualcosa stia cambiando e che si ritorni a dare maggior valore ai vini secchi, quindi Valpolicella e Valpolicella Superiore. Questa sensazione però si scontra con i fatti, perché se si vanno a guardare i numeri si scopre che nel 2023 si è toccato il livello più alto di uve messe “a riposo” (quindi ad appassire) da quando esiste la denominazione e nello stesso tempo l’imbottigliato di Valpolicella “base” ha continuato a scendere in picchiata raggiungendo, dai 41 milioni di bottiglie del 2005, i 14 milioni.

La realtà dei numeri ci dice che ormai il re della denominazione è il Ripasso con 31 milioni di bottiglie.  Specie tra le aziende grandi o medio-grandi (quindi cooperative e grandi marchi, che fanno oltre l’80% dell’imbottigliato totale)è il vino su cui si continua a puntare, tanto che in certi casi l’Amarone sembra quasi essere “una scusa” per poter produrre Ripasso, visto che ormai il suo peso in bottiglia tra i grandi produttori è attorno al 20%, mentre quello del ripasso si attesta attorno al 52%.

Sempre le voci di corridoio ci dicono che in realtà si punta (con calma…) non tanto sul Valpolicella ma sul Valpolicella Superiore, che unisce una giusta freschezza e bevibilità a un corpo più importante.

Quest’anno di Superiore ne abbiamo degustati  più che in passato e in effetti ci è sembrata la categoria più centrata della Valpolicella, con una qualità media alta anche se praticamente uguale a quella dei Ripasso, ma con un maggior numero di Vini Top.

Dobbiamo comunque ammettere che è abbastanza difficile osservare tendenze e cambiamenti perché le degustazioni di questi due vini riguardano sempre più annate (anche questa volta siamo andati dalla 2019 alla 2022)  però la sensazione è che ci sia più cura nei Superiore e più voglia di andare completamente “a secco” con gli zuccheri (in passato anche tanti Superiore erano leggermente “ripassati”) e che tra i Ripasso si stia abbandonando la tipologia “dolce+legno nuovo”, che imperava fino a pochi anni fa, per puntare su vini con meno grammi di zucchero residuo e maggiormente bevibili.

Alla fine dei salmi oltre il 75% dei vini degustati, sia tra i Superiore che tra i Ripasso, hanno raggiunto almeno i nostri 80 punti (che, lo ripetiamo sempre, per noi non sono pochi) a dimostrazione che la qualità media delle due tipologie è alta e si equivale. Il nostro favore personale va storicamente sempre verso i Superiore, ma la gamma di Ripasso degustata questa volta è stata sicuramente molto più convincente che in passato.

Per quanto riguarda l’Amarone pare che qualcosa si stia muovendo anche qui, forse anche a causa di situazioni climatiche estremamente variabili che stanno riducendo sempre più i tempi di appassimento. Anche la mano in cantina è generalmente meno “invasiva”, specie nell’uso del legno e questo porta ad Amarone leggermente più abbordabili nei primi 4-5 anni anche se, lo ripetiamo sempre, un buon Amarone si inizia ad apprezzarlo veramente a partire da 7-8 anni dopo la vendemmia. A proposito di legni, abbiamo avuto la bellissima sorpresa di un Amarone che non fa legno (solo cemento)  e non ne sente il bisogno: il risultato è estremamente positivo sia in bevibilità che in gamma aromatica più ampia e giovanile. E’ una strada che potrebbe essere seguita e magari permetterebbe di “alleggerire” i vini senza per questo renderli più esili. Certo che i mercati abituati al legno importante potrebbero avere qualcosa da ridire, ma intanto provare questa strada, magari per piccole partite, potrebbe ampliare gli orizzonti.

Venendo agli assaggi, che come sempre anno spaziato in un arco temporale di quasi 10 anni, ci hanno confermato la grandezza di un’annata come la 2019 che, sposandosi anche ad una mano spesso meno “calcante” in cantina,  ha una dinamicità e freschezza che le permette di essere importante ma pronta prima. Detto questo ribadiamo comunque che per noi il giusto periodo di beva per un Amarone è tra gli 8 e i 10 anni e non per nulla tra  i sei Vini Top, quelli che non sono del 2019 sono del 2013 e 2015, annate molto diverse tra loro ma comunque di alto profilo.

Neanche a farlo apposta anche gli Amarone hanno praticamente il 75% dei vini che sono arrivati almeno a 80 punti e questo dimostra come la qualità in Valpolicella sia distribuita in maniera omogenea, anche nei vini con prezzi inferiori.

Resta fuori da questo quadro il Valpolicella “base”, che degusteremo il prossimo anno ma che negli ultimi assaggi fatti ci era sembrato ormai il “brutto anatroccolo” della denominazione.

In definitiva il quadro è positivo specie per alcuni segnali, sicuramente “consigliati” dai mercati e dal momento non certo positivo  dei vini rossi in generale. Vediamo se la Valpolicella saprà cambiare, magari un po’ più in fretta di quanto fatto fino ad ora.

Un bel segnale potrebbe essere quello di iniziare ad usare bottiglie più leggere che, oltre a inquinare meno (cosa non da poco, specie per un consorzio che ha un progetto di sostenibilità ambientale in cui il peso della bottiglia non è nemmeno considerato!!!), darebbero anche l’idea di un vino più dinamico e moderno.

In chiusura un ringraziamento al Consorzio Tutela Vini Valpolicella per averci ospitato e organizzato l’assaggio nonché alle Famiglie Storiche: forse un bel cambiamento potrebbe anche essere quello di un riavvicinamento tra i due, speriamo, ex-contendenti.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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