Grande degustazione di Chianti Classico Riserva 1990.5 min read

Se ne stavano beate in cantina da almeno 10 anni, probabilmente avevano anche fatto amicizia. Forse qualcuna si stava domandando quale era il suo scopo nel mondo. Intorno alla metà di ottobre, in occasione della riunione dei responsabili di winesurf, questa inespressa domanda ha avuto una risposta. Servivano per capire qualcosa in più della tanto decantata annata 1990 di Chianti Classico. Più di 25 riserve 1990, accanto a due di Chianti Rufina (generosamente offerte dal nostro anfitrione Federico Masseti, deus ex machina della fattoria di Selvapiana) ed una di Chianti Riserva sono state amorosamente stappate per poi essere degustate da una commissione composta da Pierlorenzo Tasselli, Pasquale Porcelli, Maddalena Mazzeschi, Federico Masseti, Gianpaolo Giacomelli ed ovviamente il sottoscritto (metto il vino, fatemi anche stare fuori….)
Sempre il sottoscritto, reduce da alcuni assaggi che negli anni avevano minato la sua fiducia nell’annata, aveva dubbi neanche tanto amletici sulla tenuta dei vini. Devo dire a lettere cubitali CHE MI SBAGLIAVO DI BRUTTO! In effetti abbiamo assaggiato vini complessi, armonici, quasi mai evoluti anzi, con chiari intenti di poter dire la loro per ancora molti anni.

Voglio subito presentarvi gli attori di questa incredibile degustazione.
Chianti Classico Riserva 1990
Querciabella, La Massa, Nozzole  La Forra, Ama  Bellavista, San Felice  Poggio Rosso e il Grigio, Castellare, Fonterutoli  Ser Lapo, Melini Vigna di Fontalle, Nittardi, Podere Capaccia, Cecchi Villa Cerna, Monsanto il Poggio, Antinori Badia a Passignano, San Fabiano Calcinaia  Cellole, Castello di Ferrazzano, Villa Cafaggio, Rampolla, Ruffino Riserva Ducale, Fontodi Vigna del Sorbo, Carobbio, Casa Emma, Felsina Vigneto Rancia. A questi vanno aggiunti, sempre della stessa annata due Chianti Rufina Riserva (Selvapiana Bucerchiale – di cui tra qualche giorno pubblicheremo una verticale dal 1958!!! – e Frescobaldi Montesodi) il Chianti Riserva di Corzano e Paterno ed un IGT, l’Anagallis di Lilliano.

Anche i meno esperti capiranno al volo che questi erano praticamente il meglio che in quel periodo il Chianti Classico poteva proporre. Alcuni vini oramai non esistono più, altri hanno cambiato stile, forse le vigne e quasi sicuramente l’enologo, ma tutti assieme rappresentano uno spaccato abbastanza difficile da riproporre.

 

Veniamo all’assaggio, effettuato senza bendare i vini e facciamo parlare per primi quelli che mi hanno affiancato in questo difficile (per modo di dire) compito e che hanno voluto mandarmi due righe di commento

 

Maddalena Mazzeschi
Della vendemmia ’90 ricordo due basi di discussione molto frequenti tra produttori, in particolare toscani:
1. sembra essere "l’annata del secolo", lo sarà davvero? Riusciremo a valorizzare in cantina le splendide uve raccolte?
2. Le nuove tecniche di vinificazione iniziate ad adottare – da pochi nell’ultimo decennio, da molti solo dalla seconda metà degli anni ’80 – daranno vini capaci di durare nel tempo come quelli prodotti fino agli anni ’70?
La degustazione che abbiamo fatto è stata per me la risposta ad entrambe le domande, almeno nella zona del Chianti Classico. Grandi, in alcuni casi, grandissimi vini ancora vitalissimi, ricchi di profumi, complessi al palato, molto più fini ed eleganti grazie ai lunghi anni di bottiglia, rispetto a quando uscirono. Hanno avuto una sorprendente evoluzione in bottiglia e mostrano una longevità che non mi sarei aspettata.
Nessuna delusione, se mai qualche conferma negativa annunciata, tipo una già smaccata presenza di grandi quantità di altri vitigni oltre al Sangiovese che oggi si avverte ancora di più. Ma anche il piacere di scoprire che questi vini "internazionalizzati" oggi non sono più piacevoli dei Sangiovese 100%. Ennesima dimostrazione che chi sa lavorare con il Sangiovese non ha bisogno di altro per fare grandi vini e nel contempo riesce a dare una caratterialità e originalità ai propri vini che gli altri assolutamente non hanno, pur essendo ottimi.
I miei preferiti: Ama Bellavista; Poggio Rosso San Felice; Podere Capaccia, Corzano e Paterno, Carobbio. I due migliori in assoluto: Il Poggio di Monsanto e Rancia di Felsina

 

Pierlorenzo Tasselli
Una degustazione stupefacente : vini in condizioni molto superiori alle aspettative. Su 27 campioni solo 5 avevano qualche problema, gli altri si presentavano nel pieno della maturità senza segni di cedimento.
Lacrime di commozione spuntavano nei miei occhi quando controllavo in etichetta la gradazione alcoolica: in maggioranza 12.5° oppure 13°, solo 4 campioni dichiaravano una gradazione superiore ai 13 gradi.
Magnifici alcuni vini che a suo tempo avevano prezzi assai moderati : Nittardi, Carobbio, Vigna di Fontalle, Poggio Rosso.
Resta il mistero della longevità di vini che vennero vinificati con tecniche che oggi verrebbero considerate approssimative e naif .

 

Come avete visto commenti, indubbiamente molto positivi, a cui io non posso che aggiungermi. Ma vorrei andare oltre.
Il 1990 ha segnato uno spartiacque tra la “vecchia”e la “nuova” enologia toscana. I maggiori cambiamenti in cantina sono avvenuti proprio a partire da quella vendemmia che potremmo definire “l’ultima all’antica fatta in maniera moderna”. L’enologia da allora  ha fatto passi da gigante, le cantine si sono trasformate (alcune più volte: via il cemento, rimetti il cemento, via le botti, rimetti le botti, temperature controllate si, ma forse è meglio di no etc), i vigneti si sono moltiplicati cambiando parecchio sia dal punto di vista dei cloni che dei vitigni veri e propri. Il risultato del nostro assaggio è soprattutto un rivalutare una viticoltura ed un enologia che molti reputano superata. Non possiamo certo perorare la causa enologica degli anni Cinquanta o Sessanta, perché non esistono bottiglie di così tante aziende a dimostrare se certe scelte hanno pagato nel tempo, ma del 1990 si possono trovare ancora molti vini di tanti produttori. Assaggiateli e rendetevi conto che, parafrasando un vecchio detto, forse “Si beveva meglio quando si beveva peggio”. Oggi sicuramente i Chianti Classico, Riserva e non, sono più corretti, ma spesso gli manca quel carattere, quelle particolarità, quelle finezze, quelle amorevoli imperfezioni che sempre parafrasando definirei “Strabismo di Bacco”. Un territorio con colline famose in tutto il mondo non dovrebbe tendere verso vini appiattiti sull’altare di un modernismo omologante. Ragioniamoci!
Prima ancora di ragionarci ed in conclusione di quest’articolo voglio dirvi quelli che per me sono risultati i migliori, premettendo che quasi tutti i vini degustati mi hanno dato sensazioni bellissime: Ama Bellavista, Nittardi, Podere Capaccia, Lilliano Anagallis (IGT, ma che sangiovese in purezza!) Monsanto il Poggio, Rampolla e Felsina Vigneto Rancia. Se vi capita assaggiateli, anzi, beveteli!!!!!

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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