Gavi 2013: annata classica da aspettare3 min read

Puntuali come una giornata di pioggia in questa estate (“..e la chiamano estate, questa estate, senza te..” con Bruno Martino che canta rivolgendosi al sole dell’estate 2014), i primi giorni di agosto noi siamo a Gavi ad assaggiare la nuova annata.

 

Guardando le colline che ci circondano ci ritornano in mente (“mi ritorni in mente/bella come sei, forse ancor di più”, con Battisti che indirizza il canto al bel panorama collinare attorno a Gavi) le annate assaggiate in passato e ci viene voglia di fare una classifica di quelle che al momento dell’assaggio ci colpirono di più. Pensandoci bene molto poche ci hanno entusiasmato sul momento, salvo  mostrare complessità e finezza l’anno dopo. Ma l’importante per il Gavi giovane è mostrare freschezza, essere pulito, giustamente floreale ed equilibrato in bocca…di solito il tempo ("il tempo, non si è fermato mai un momento", canta Jimmy Fontana riferendosi alle mie 57 primavere mal portate) farà il galantuomo e darà al Gavi complessità e profondità.

 

Vi starete chiedendo perché uso come intercalare frasi di canzoni quasi più vecchie di me. Il fatto è che quando vado a Gavi sono contento e così mi viene voglia di cantare; ma non canzoni a caso, quelle che il Gavi mi fa venire in mente. Essendo per me un vino antico (vorrei dire d’antan ma non posso perché la parola è già usata da un famoso produttore locale) mi vengono fuori canzoni quasi dimenticate, come del resto era stato dimenticato il Gavi per diverso tempo, prima che qualcuno si accorgesse che, dopo tutto, si era di fronte ad un ottimo vino.

 

E come è andato l’ottimo vino nell’annata 2013? Forse la nota più dolente sono stati i tappi, con almeno cinque-sei campioni esclusi per problemi ad entrambe le bottiglie, dovuti a sugheri (sugheri??) che definire schifosi è dire poco. Quindi, se il maggior problema sono stati i tappi,  le cose non sono andate male.

 

 In effetti le annate fresche e tardive dovrebbero essere le migliori per questa denominazione ma, pur essendo abbastanza soddisfatti, non tutto è andato per il meglio. Il profilo del Gavi 2013 è quello di un vino ancora piuttosto chiuso in se stesso, magari non di grandissimo corpo ma con una bella eleganza di base e profumi che hanno solo bisogno di tempo per esprimersi.

 

Questa e la linea, ma non tutti l’hanno seguita.  In alcuni casi  qualcuno ha ritoccato verso l’alto  l’acidità (strano ma vero nel 2013), facendo però virare il vino verso note amarognole, altri all’opposto si sono “scordati” degli zuccheri residui nel vino, rendendolo così più rotondo ma ben poco lineare. In qualche caso abbiamo annusato una pericolosa voglia di modernità con note agrumate e “passion fruit”, buone per i sauvignon neozelandesi ma non per il Cortese in Piemonte.

 

Last but not least, dobbiamo annotare che, nonostante gli anni passino e l’esperienza aumenti, ci sono ancora produttori che spendono fior di denari in barriques, con lo scopo neanche tanto recondito di sciupare del buon Cortese. Pensando a loro ci verrebbe quasi voglia di inserire un nuovo simbolo nella degustazione accanto a quello dell’uso sbagliato del legno: un bel Tafazzi!

 

In definitiva una vendemmia difficile ma abbastanza classica, con vini di buon nerbo e freschezza, che sarà veramente godibile solo tra un’ annetto, giusto nel momento in cui  verremo ad assaggiare ed a spendere due parole (“parole, soltanto parole, parole tra noi” direbbe Mina se mai leggesse quest’articolo) per il 2014.

Le ultime parole quest’anno le vogliamo invece spendere per il Consorzio di Tutela che, come al solito, non solo ci ha ospitato nel migliore dei modi ma ci ha facilitato moltissimo il lavoro: un GRAZIE grosso come il Forte di Gavi viene proprio dal cuore.

 

 

Hanno partecipato all’assaggio Pasquale Porcelli e Carlo Macchi

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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