Federvini 2013: i numeri del vino 2011/20126 min read

“Se prevale la logica di squadra anche nella crisi ci sono delle opportunità di sviluppo” è stato questo il tema dominante  dell’assemblea annuale di Federvini, l’associazione degli industriali vinicoli di Confindustria. Un appuntamento che è sempre stato un buon punto di riferimento per capire lo stato dell’arte del settore nel suo complesso visto che è sempre accompagnato da interessanti indagini di mercato.

Il presidente Lamberto Vallarino Gancia nella sua relazione ha definito il vino come “Un comparto che deve proporsi  ed essere riconosciuto come un elemento vitale del Sistema Paese in grado di fungere da traino del made in Italy anche nei mercati meno esplorati  ma delle enorme potenzialità”. Già perché il riconoscimento “politico” di questo ruolo, nei fatti, fatica ancora a venire nonostante il settore macini, da anni, successi che vanno molto al di là del dato economico in quanto tale (valore aggiunto generato di 13,2 mld: entrate fiscali e contributive per 8,5 mld, oltre 1,2 mln di addetti).

Questi ultimi dati riferiti al 2011– in questo momento sottoposti a dibattito sia degli autori TradeLab sia dalla Federvini che ha commissionato il “Primo studio nazionale sulla filiera vino, spiriti ed aceti in Italia” – sono davvero una sintesi essenziale della ricerca. Gli altri invece danno i contorni del settore in tutta  la ricchezza della sue proposte.

 

Export

Nel  2012 l’export ha registrato un buon andamento in valore con 4 miliardi 863 milioni di euro (+6,7% sul 2011) mentre nei volumi hanno mostrato un lieve rallentamento con 22 milioni 574 mila ettolitri (-8,6% sul 2011). In Europa le principali direzioni dell’export sono la Germania e Regno Unito con 6,3 milioni di ettolitri e quasi 3 milioni di ettolitri, mentre nei paesi extra Ue le esportazioni sono concentrate negli Usa con 3 milioni di hl, promettenti performance in Cina (+6% in volume) ed in Giappone (+16,6% in volume). I dati mettono in luce che il nostro vino per il 52,7% va nei paesi UE mentre la rimanente parte, il 47,3% va nei paesi Extra UE.

Per quanto riguarda le acquaviti di vino e di vinaccia si è registrata una riduzione del 13,1% in volume mentre il valore è cresciuto +18%. Buona la performance della grappa mentre i liquori e le altre bevande alcoliche hanno registrato un +11,3% in volume e un 4,8% in valore. Il settore acqueviti per il 73,2% rimane in ambito UE così come i liquori 67,9%.  
Gli aceti sono leggermente cresciuti +0,7 in quantità e +5,89 in valore. Rimangono solo per il 48,7% nel mercato europeo mentre il 51,3% va fuori UE.

Tutto rose e fiori ? Niente affatto. La competizione continua ad essere durissima tanto quanto gli ostacoli che vengono innalzati nei confronti del vino europeo e italiano. Si tratta di lungaggini burocratiche (ne sappiamo qualcosa..ndr), innalzamento di barriere, leggi nazionali e locali che spesso ostacolano la penetrazione nei mercati. Dal Brasile dove recentemente l’applicazione di un dazio antidumping avrebbe provocato gravi danni alle esportazioni rintuzzato grazie al lavoro del Comitato europeo delle aziende vinicole (Ceev) e della nostra diplomazia, alla Cina dove in questi giorni la richiesta di documentazione sugli aiuti alla promozione della UE insieme a controlli e minacce di dazi, sta provocando non poche preoccupazioni. Oppure il caso della Russia che nonostante faccia parte del WTO, stenta ad adeguarsi agli standard: cambiamenti di norme, richieste di certificazioni, rinnovo delle licenze di importazioni non agevolano il mercato. All’orizzonte nuove possibilità di sviluppo potrebbero arrivare dagli accordi di libero scambio con Usa e Giappone.

In questo panorama le cantine italiane non possono più di tanto contare sul sostegno del Paese. Infatti chiuse quasi contemporaneamente sia Ice che Buonitalia, il comparto ha vissuto i ritardi dei vari passaggi amministrativi e burocratici e la piena operatività dell’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane che ha assorbito i due organismi.  

“La carenza dell’assistenza strutturata dello Stato è apparsa ancora più rilevante – ha denunciato  Gancia –  visto che i nostri concorrenti, non solo quelli europei, affrontavano i mercati internazionali con maggiore determinazione e l’aiuto importante dei loro Governi”. Una necessità sempre più impellente visto l’importanza che l’export continuerà ad avere negli anni a venire solo parzialmente alleviata dal lavoro dei singoli funzionari o delle nostre Ambasciate che sempre più sono diventate un punto di riferimento concreto per l’export. In sostanza un coordinamento che non deve riguardare le sole attività all’estero  ma si deve accompagnare ad un analogo percorso nazionale cui partecipino anche le Regioni e gli enti locali.

 

 

La difesa del consumo moderato e responsabile

Il video dedicato allo stile mediterraneo dei consumi visibile sul sito www.federvini.it è uno dei migliori esempi di come si può essere glamour e allo stesso tempo corretti nei contenuti. Poco meno di tre minuti sicuramente più efficaci di tanti discorsi su un’astratta moderazione. Un’attività che continua anche su FB (Io vivo mediterraneo) a cui recentemente si è aggiunto un App sul “Drink test” che ha come obiettivo di fornire uno strumento utile per la prevenzione, specialmente di chi è in procinto di mettersi al volante.

Insomma non ci sono solo lamenti su quanto la stampa e la televisione trattano impropriamente il vino ma anche qualche tentativo di dare delle alternative. Quanto al sito, peccato che non venga aggiornato, come meriterebbe di essere. Di sicuro non è di buon esempio per le aziende associate.

 

 

Consumi

Secondo lo studio commissionato alla Nielsen da Federvini, negli ultimi 12 mesi hanno bevuto alcolici 33,6 milioni di individui (bevitori 2012). Attualmente sono il 64% dei 52,5 milioni di individui superiori a 14 anni. Nel 2006 erano l’82%. I non bevitori sono 18,5 milioni di individui pari al 36%. Nel 2006 erano il 18%.

Nel 2012 hanno consumato vino il 51% (60% nel 2006); Birra il 37% (43% nel 2006); Spumante/Champagne il 20% (era il 29% nel 2006); Liquori il 12% (erano il 17% nel 2006); Distillati l’8% (erano il 12% nel 2006); Cocktail alcolici il 6% (erano il 6% nel 2006).

Il calo è generalizzato, colpisce tutte le tipologie di prodotto alcolico e anche la frequenza di consumo. Si assiste però a una diffusione della conoscenza dello stile mediterraneo (bere moderato e consapevole; attenzione alla qualità del bere; stile conviviale). Si consuma il Vino, Lo Spumante/Champagne nel contesto familiare mentre per la Birra si preferiscono i contesti extradomestici. L’approccio agli alcolici è sereno ed indulgente, consapevole ed informato anche grazie all’educazione familiare. In evidenza anche il ruolo culturale del cibo e dell’alcol.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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