Expo 2015: un meraviglioso luna park, ma il cibo???4 min read

Voglio essere chiaro sin dall’inizio: le mie due giornate all’Expo erano nate all’insegna del grande tam tam mediatico che aveva, quasi sempre  giustamente, messo in evidenza problemi organizzativi, ruberie, scempi ecologi e compagnia bella.

 

Così quando ho varcato le porte della manifestazione assomigliavo tanto ad un vampiro in cerca di sangue fresco, in altre parole ( ci sono stato circa 20 giorni dopo l’inaugurazione)mi aspettavo pochi visitatori aggirarsi tra padiglioni ancora in costruzione.  Tutto questo, per fortuna di Expo 2015, non è avvenuto: di gente ce n’era anche troppa (che code in tanti padiglioni!) e le strutture erano complete al 99%.

 

I problemi sono altri e ne parlerò più avanti, ma per adesso lasciatemi parlare del luna park più bello del pianeta, di un viale di due chilometri zeppo di persone (scolaresche in testa), con padiglioni/nazioni che, sia dall’interno che dall’esterno, non possono lasciarti indifferente.

 

La struttura architettonica dei padiglioni, accanto a molte e interessantissime opere d’arte “en plen air” conferisce a quel lungo viale di circa due chilometri un appeal unico, che non può non colpire. Ogni padiglione/nazione al suo interno è poi organizzato  in maniera diversa e propone itinerari coinvolgenti e interessanti, spesso agli antipodi come ideazione: si passa per esempio da padiglione dell’Austria che è essenzialmente un boschetto a quello  dell’Angola che ti conduce attraverso una risalita quasi dantesca dagli “inferi” rumorosi della giungla al paradiso dell’agricoltura.

 

Ho citato due padiglioni a caso (non tanto a caso, sono tra quelli che mi hanno colpito di più) per farvi capire come questo gigantesco luna park sia un qualcosa che vale assolutamente la pena di essere visto e goduto, dai bambini come dagli adulti.

 

Nelle molte ore che ho trascorso all’interno di Expo non c’è stato un attimo in cui mi sia annoiato, in cui qualcosa non abbia colpito il mio occhio o la mia immaginazione. Quando sei all’Expo lasci fuori i pensieri, anche quelli relativi ai tanti problemi che lo hanno accompagnato e lo accompagneranno.

Lo spettacolo vale abbondantemente il biglietto ma, e questo  è il nocciolo del problema, non doveva essere dedicato al cibo?

 

Il tema non era “nutrire il pianeta”? Se questa era la domanda la risposta che viene fuori da Expo è “Per nutrire il pianeta basta andare a ristorante, anzi in uno dei moltissimi ristoranti allestiti nei vari padiglioni”.

 

Se invece Expo doveva essere dedicato all’agricoltura, ai suoi problemi, al suo futuro, questo tema credo si sia perso di vista, almeno questa è la sensazione avuta  girando tra i padiglioni. La stragrande maggioranza di questi infatti presentano la loro nazione ANCHE dal punto di vista alimentare, ma questo è uno dei molti temi che vengono toccati in ogni singolo “luna park”.

 

Di orti ce ne sono nello spazio di Slow Food, nel Cluster dei cereali, davanti ad alcuni padiglioni come quello della Francia e poco più. Ci sono ben quattro punti attrezzati da una ditta di fitness, ma non ho visto un contadino che sia uno, nessuno che facesse vedere in maniera pratica come si coltiva, si raccoglie, si produce quello che noi tutti mangiamo.

 

Mentre mi aggiravo come un bambino felice per l’Expo c’era dentro di me una vocina critica sempre più forte che mi diceva “Ma ti ricordi come era il progetto iniziale proposto da Slow Food? Era un susseguirsi di orti, di campi, di agricoltura vera per far capire veramente ai ragazzi o ai più grandi i reali problemi e le reali opportunità che oggi l’agricoltura ha di fronte a sé”.  Invece tutto si è trasformato in una grandissimo, bellissimo luna park, dove si compra lo zucchero filato e siamo contenti.

 

Indubbiamente ci saranno seminari, manifestazioni, incontri, dove si parlerà seriamente di cibo e di futuro alimentare del pianeta, ma forse questo tema era meglio metterlo VERAMENTE E LETTERALMENTE in piazza, cioè farlo toccare con mano, occhi, naso e bocca a tutti quelli che entrano ad Expo, altrimenti tutto questo grande luna park costato una fortuna sarà servito solo a passare una giornata diversa, per molti magari anche meno divertente di andare a Gardaland.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


ARGOMENTI PRINCIPALI



LEGGI ANCHE