E se per un certo periodo non si facessero manifestazioni sul vino?3 min read

E’ provocatorio, lo capisco benissimo, ma ogni tanto qualche sasso in piccionaia va tirato.

Molti anni fa Pierlorenzo Tasselli, un nostro  caro amico e collaboratore di Winesurf (che purtroppo non c’è più), propose al Consiglio Nazionale di Slow Food una “moratoria del genio”, cioè un periodo di riflessione in cui non si inventava niente, non si creava nessun nuovo progetto ma si gestivano quelli già impostati. Era  uno scherzo naturalmente ma servì per capire che ogni tanto bisogna anche mettere radici, creare muschio attorno ai sassi e non rilanciare ogni giorno andando “Verso l’infinito e oltre”.

Così ispirandomi a Pierlorenzo, oggi lancio una “moratoria delle manifestazioni enoiche”: per almeno otto  mesi (diciamo fino alla fine dell’anno!) non si organizzano manifestazioni sul vino. Piccole, grandi, particolari o scontate che siano: niente fiere, niente presentazioni, niente degustazioni guidate, corsi, niente di niente.   In questo periodo il vino lo si può solo vendere, comprare, gustare, bere,  naturalmente parlarne sui giornali o sul web ma niente manifestazioni! Vi domanderete, perché?

Perché dal mio osservatorio privilegiato, mi arrivano oramai giornalmente decine e decine di comunicati stampa delle più svariate iniziative sul vino, più o meno utili, più o meno partecipate,  che si accavallano l’una sull’altra, tanto da creare un polverone mediatico che oscura l’orizzonte e  porta a domandarsi se per un po’ di tempo non sarebbe meglio se…

Se i produttori facessero i produttori e basta invece di saltare da un evento all’altro e (last but not least) spendere fior di soldi in eventi anche micrometrici e di dubbia utilità, i giornalisti scrivessero e magari assaggiassero in ufficio  o dai produttori invece di girare come trottole da un “wine educational” all’altro, gli appassionati assaggiassero e bevessero senza avere davanti il produttore che racconta “la rava e fava” oppure l’educatore di turno che li indottrina.

Insomma, per un periodo X ognuno dovrebbe fare solo e soltanto il suo “lavoro”. Così i produttori potrebbero avere più tempo per riflettere sulle scelte da fare in vigna e in cantina, i giornalisti (mi voglio rovinare, anche i blogger!)  potrebbero finalmente avere più tempo per condensare il conosciuto e il vissuto in articoli, libri e quant’altro e gli appassionati e i bevitori potrebbero finalmente ragionare col proprio cervello su un vino (anche semplicemente dicendo “Buono” o “Cattivo”) senza essere indottrinati da nessuno.

In questo periodo i produttori risparmierebbero tanti soldini (da investire magari in  future manifestazioni) i giornalisti farebbero con tranquillità  il loro lavoro e chi beve sarebbe libero di bere quello che vuole.

Capisco, e tutti quelli che fanno PR? A parte che potrebbero prendersi un bel periodo di ferie, ma anche loro potrebbero sfruttare il periodo per organizzarsi meglio e magari trovare modi di promozione diversi e/o migliori.

Vi ricordate cosa successe quando nel 2003 ci fu il blackout a New York? Vennero intervistati tanti cittadini e sembrava quasi  la fine del mondo, alla fine però ci fu solo, dopo nove mesi, un aumento delle nascite.

Insomma, stringi stringi, non credete che “fermarsi” un po’ e ragionare farebbe un gran bene a tutti?

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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