E se a Report il mondo del vino dovesse dire grazie?3 min read

Oramai è chiaro che per Ranucci e compagnia il mondo del vino è una fonte inesauribile di materiale da gettare in pasto agli italiani. Non ho fatto una statistica ma, visto anche la relativa grandezza e visibilità del settore rispetto a temi politici e economici di importanza nazionale e internazionale,  percentualmente Report parla più di vino (male e in maniera sbagliata, ma questo è un altro discorso) che di politica e economia.

Perché che non consolano

Sarebbe interessante domandarsi perché e la prima risposta che mi viene in mente è perché fa audience, più di tanti altri temi trattati.

Se questo fosse vero sarebbe sicuramente una magra consolazione ma potrebbe essere il punto di partenza per ragionare su come comunicare in maniera più ampia il vino e il suo mondo.

Le trasmissioni di Report sul vino partono sempre da quella che potrebbe essere una chiacchiera da bar e che purtroppo, vista la loro scarsa conoscenza del settore e la voglia comunque di mostrare (non di dimostrare) panni sporchi, rimane al livello di chiacchiera da bar spacciata per giornalismo e questo naturalmente non fa certo bene al settore.

La situazione della comunicazione enoica

Adesso domandiamoci se fa bene al settore l’opposto, che purtroppo incontriamo quotidianamente, cioè la presentazione sempre positiva a prescindere di un vino, una cantina, una manifestazione. Siamo sommersi da stucchevoli articoli o video dove chili di superlativi si susseguono, e questo dalle Alpi al Lilibeo.

Purtroppo quasi nessuno del mondo del vino punta il dito, anche se abbastanza spesso andrebbe fatto sul vino/cantina/consorzio/ associazione  x o y che produce sonore schifezze, che ha sbagliato in toto un evento o che ha semplicemente cannato un vino. Questo viene giustificato da frasi come “non sta bene”, o perché “così facciamo del male all’interessato” ma in realtà perché  lui e altri produttori potrebbero risentirsi, arrabbiarsi, impaurirsi, non mandarti i vini, non invitarti in cantina, facendoti diventare così una specie di appestato.

Lo vediamo tutti i giorni con la guida vini: poche sono le cantine che, dopo aver preso un voto basso (o quello che loro reputano un voto basso) rimandano i vini in assaggio e sempre meno sono le cantine famose che hanno il coraggio di “rischiare” mandando i loro vini in degustazione bendata fatta seriamente.

Poi arriva Report, che magari i produttori accolgono come un normale “lodatore di cantine” e quelli ci sguazzano prendendo pezzi di intervista (non quelli che di solito, i lodatori prendono) e presentandoli in prima serata nazionale, sputtanando questo e quello.  Un po’ come quando in una riserva di caccia chiusa da molti anni entra un cacciatore e tutti gli animali gli vanno incontro credendo sia quello che gli porta da mangiare.

In definitiva

Forse da tutte le chiacchiere spacciate per giornalismo di Report potremmo però imparare una cosa, a vedere anche l’altra faccia della luna e pensare, sia noi giornalisti sia i produttori, che non esiste un mondo a senso unico, che la comunicazione per essere utile non può essere o solo e sempre positiva oppure solo negativa e sensazionalistica.

Forse nella via di mezzo ci sta la moderna comunicazione del vino e in fondo in fondo, senza volerlo, Report potrebbe averci indicato la strada.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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