E’ morto Mario Cotelli: con la Valanga Azzurra fece conoscere la montagna agli italiani3 min read

Vi domanderete cosa c’entra lo sci con il vino. Probabilmente poco ma  non è questo il punto . Sicuramente lo sci e il vino sono state e continuano a essere le grandi passioni della mia vita e in anni in cui il vino ancora non lo era lo sci prendeva lo spazio di tutti e due.

Erano per l’appunto gli anni della Valanga Azzura e quindi quelli di Mario Cotelli, il commissario tecnico nonché mentore e creatore di quel gruppo, che oggi ha messo, morendo a 74 anni, la parola fine a un’epoca breve ma intensa, che cambiò per sempre i costumi di tanta parte dell’Italia.

Prima di lui e della Valanga Azzurra dei Thoeni (due) Gros, Schmalzl (due anche loro), Pietragiovanna, Stricker, De Chiesa e poi Radici, Bieler e altri che adesso mi scordo la settimana bianca poteva essere scambiata con una di quaresima . Furono le vittorie incredibilmente a raffica della squadra guidata da Mario Cotelli (anche grande comunicatore) che portarono in montagna milioni di italiani, fino allora allergici al freddo e alla neve.

Stiamo parlando dei primi anni settanta, il boom industriale aveva fatto comprare  a tutti l’auto ma non aveva insegnato a godere del 100% dell’Italia, lasciando le montagne ai ricchi e il mare d’agosto a tutti gli altri. Cotelli da questo punto di vista fu un rivoluzionario, ma come tutti i grandi rivoluzionari fece, dopo anni per fortuna,  anche degli errori, pensando che gli altri antagonisti non potessero prendere le contromisure a quella strapotenza dei parvenù  italiani dello sci alpino .

Heini Hemmi

Le contromisure vennero prese durante l’Olimpiade di Innsbruck del 1976, quando per  Heini Hemmi,  un nano svizzero di un metro e sessantatre che sciava con dei 2.13 in gigante (come se oggi uno sciatore della domenica usasse sci di tre metri e mezzo, tanto per capirsi)  venne disegnata una seconda manche olimpica  in contropendenza da sinistra verso destra  e con un numero di porte incredibilmente alto, che il Gustavo nazionale non riuscì ad interpretare e che invece il nano malefico pennellò alla perfezione, vincendo l’oro.

A quel punto essendo diventato nel frattempo un discreto sciatore tra i pali  assistetti quasi in diretta alla dissoluzione del grande Mario, evidenziata pochi anni dopo dalle famose zeppe di legno sotto gli scarponi, che i nuovi azzurri come Peter Mally, intanto subentrati alla vecchia leva, dovettero subire per un po’, sciando naturalmente malissimo, come se indossassero un tacco dodici.

Fu il definitivo tracollo e Cotelli dovette lasciare.  Cambiarono i modi di sciare, arrivarono altri campioni, ma nel frattempo tutto era nato, stato organizzato e oserei dire metabolizzato grazie a lui, che aveva portato gli italiani in montagna, dato fiato e voglia di fare a centinaia di nuovi e vecchi sci club: in pratica  trasformato il mondo dello sci italiano.

Eppure venne dimenticato, messo da parte, quasi come se si dovesse cambiare strada, ma quella che lui aveva creato ha resistito e il terreno, in attesa di Tomba e compagnia, è restato fertile grazie a quello che lui e  la Valanga Azzura avevano creato 15-20 anni prima.

Aveva messo in testa agli italiani di poter essere non solo un popolo di santi, poeti e navigatori, ma anche sciatori.

Grazie Mario per essere stato un rivoluzionario della neve, grazie per aver permesso a generazioni di sciatori di sognare davanti a un cancelletto di partenza, grazie per avermi fatto amare e ammirare  la montagna.

Ciao Mario, spero che dove sei adesso ci sia una squadra di grandi sciatori da allenare, te la meriti.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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