Come distruggere centinaia di migliaia di viti (in barba alla UE) e vivere felici2 min read

Facciamo un esempio: come reagireste alla notizia che 1un milione di olivi  o un milione di querce  siciliane, sarde o di altre regioni d’Italia, sono state distrutte (non spostate, distrutte) per poterne piantare altrettante in un’altra regione?

Mentre riflettete sulla vostra reazione parliamo di regole comunitarie che, per quanto riguardano gli incrementi delle superfici vitate  prevedono un incremento massimo annuo pari all’1% del totale. All’Italia toccano circa 6500 di nuovi impianti, ma i produttori italiani, specie quelli del nord-est,  hanno chiesto ampliamenti molto superiori, come il 150% in più di nuovi vigneti  richiesti in Friuli Venezia Giulia.

Come fare per superare, in maniera del tutto legale, la giusta regolamentazione europea? E’ semplice, basta comprare, o meglio prendere in affitto un vigneto vecchio e magari dismesso in qualche altra  regione d’Italia (di solito al sud, ma non solo) e subito dopo chiedere agli uffici regionali competenti di poter espiantare il vigneto, mantenendo però  il diritto di reimpiantare la stessa superficie vitata in altra zona. Ottenuto facilmente il via libera si procede all’espianto del vigneto vecchio, facendolo “migrare” verso nord, diciamo nel triangolo della Glera, Pinot Grigio e Turbiana, cioè in Veneto o in Friuli Venezia Giulia.

Tutto è legale, per carità ma, aldilà della fame (anzi della sete) di nuovi ettari piantati e gestiti in maniera industriale, soffermiamoci per un attimo sui Diritti (la lettera maiuscola e di dovere) della vite e torniamo all’esempio dell’inizio: ci sono alberi, come appunto olivi e querce, che non si possono espiantare a cuor leggero e altre piante, come la vite, che non ha lo “status” di albero, che può essere distrutta quando si vuole. Questo concetto, triste ma piuttosto chiaro e condivisibile me lo sottoponeva Luca Francesconi, avveduto vignaiolo (www.josefwine.it) di Ponti Sul Mincio, in provincia di Mantova.

Luca mi faceva anche notare un’assoluta verità, cioè che le vigne vecchie se ben coltivate e tenute sono quelle che danno quasi sempre uve migliori. A questo aggiungo che espiantando in maniera caotica e casuale vecchie vigne si rischia di perdere patrimoni genetici a scapito di una omologazione che, con l’avvento del monovitigno, rischia di sostituire la grande diversità vitata italiana (di cui spesso molti si riempiono la bocca). Inoltre con una omologazione del genere si possono correre anche a grossi rischi commerciali, perché nel momento in cui un determinato vino non sarà più di moda ( E la moda, come diceva Yves Saint Laurent, è ciò che passa di moda) non ci sono paracadute a gravi crisi economiche.

Purtroppo invece migliaia e migliaia di vecchie viti, per permettere a centinaia e centinaia di nuovi ettari di migrare verso il nord-est, in barba elle norme UE, vengono distrutte e con esse viene distrutto anche un pezzetto della nostra biodiversità e…speriamo ci si fermi qui.

Meditate, gente, meditate

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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