Il vino è un po’ come il cinema: l’ arte cinematografica, diceva un produttore, è l’ arte di convincerti a comprare il biglietto.
Dopodiché, di fronte ai risultati del botteghino, le opinioni dei critici si sciolgono come lacrime nella pioggia.
Analogamente, l’ enologia è l’ arte di convincerti a comprare la bottiglia di vino. Per questo motivo chi scrive di vino dovrebbe fare attenzione a come va il mercato.
La questione affiorava nella mia mente durante il decennale della denominazione Barbera di Nizza. E ho fatto esplicitamente la domanda, forse un po’ indiscreta.
Mi ha risposto il decano Michele Chiarlo, massima autorità sulla Barbera di Nizza . Il nocciolo della sua risposta è stato “bisogna tener duro” . Ha detto molte cose sul futuro, che sarà sicuramente splendido soprattutto perché il nuovo nome, “Nizza” , senza inutili orpelli , è corto e si ricorda facilmente, a differenza dell’ attuale denominazione pleonastica . Sul passato e sul presente non si è sbottonato .
Abbiamo cominciato con una degustazione alla cieca dell’annata 2009 , in procinto di entrare in commercio.
L’ ottimo presidente nel presentare questa annata ci ha detto che la Barbera di Nizza non dorme sugli allori , si evolve : oggi punta maggiormente sulla freschezza e l’ uso del legno si è fatto più accorto.
E’ così ? forse sì . In effetti, fra i vini che erano pronti, quelli che mi sono piaciuti di più hanno una bella freschezza e un apporto del legno molto discreto . E’ anche vero che c’ erano dei vini schiacciati dal legno, ma erano pochi , meno di quanto si poteva temere.
E gli altri ? Non è mancato il dibattito, per arrivare alla conclusione che ha trovato tutti d’ accordo: “ è un’ anteprima !” , i vini che non sono pronti matureranno, e se molti di quelli “quasi pronti” fanno ancora sentire il legno, nel prossimo futuro riusciranno certamente a metabolizzarlo .
Ecco perchè di norma evito le anteprime.
I primi 8 vini in degustazione erano campioni da vasca . Alcuni erano assolutamente a posto , e uno mi è particolarmente piaciuto (cascina Garitina). Altri erano assai lontani dall’ equilibrio: insondabile il loro futuro .
Nell’ introduzione ci è stato detto che al momento in cui l’ organizzazione dell’ evento è entrata nella fase finale, i campioni da botte erano di più.
Magari fra 15 giorni sarebbero stati di meno.
Nel pomeriggio c’è stata la verticale panoramica del decennale, dal 2000 al 2008 , molto affascinate. Tutti a cercare il cambiamento di stile; dall’ originaria esuberanza nell’ uso del legno all’ attuale oculatezza. All’ atto pratico, non è così netto il cambiamento di stile in cantina. Si è trovato molto di più la felice variabilità con le annate. La barbera è particolarmente sensibile all’ andamento stagionale , e noi che la beviamo ne siamo contenti. Annate calde, annate fredde, annate perfette .
A quasi tutti sono piaciute le annate calde, vini ricchi e forti.
A me sono piaciute le annate fredde : il 2005 e il ravvicinato 2008 . Ma condivido la generale ammirazione per il 2000, la prima annata del Nizza (quindi , stile antico ), che fu una annata calda. Bersano e La Barbatella ci hanno sorpreso con la loro ampiezza, il nerbo, la maturità senza cedimenti.
Francamente non condivido le grandi lodi rivolte al 2003 : quei vini sono una prova di bravura per chi ha osato farli, ma descrivono fedelmente i limiti dell’ annata . Forse sta diventando un vezzo dire che il 2003 è straordinario e andare ostentatamente in brodo di giuggiole.
Attenzione però a sbilanciarsi e lodare molto uno di questi vini dei primi del secolo , perché subito qualcuno ci dice : “ Visto ! ci avete tanto fracassato le palle perché c’era troppo legno, ma ora vi piacciono !”
Sia dopo la degustazione dell’ annata che dopo la vertcale, c’è stato un notevole dibattito , soprattutto sui temi, fra loro connessi , dell’ alcol e del legno.
Mi è parso che le questioni poste siano state in parte glissate.
E’ stato ribadito che l’ uva deve maturare, la barbera è vigorosa, e se matura bene produce tanto zucchero, che si trasforma in alcol. In verità questo lo sapevamo: siamo al corrente dei fatti della vita. I problemi sollevati erano un po’ diversi.
E’ stato osservato che un’elevata presenza di alcol estrae molto tannino dal legno: questa non è una caratteristica desiderata nella barbera, soprattutto se si è deciso di puntare sulla freschezza. Porre questo problema non è chiedere meno alcol, magari meno legno…
E’ stato fatto un rilievo al nuovo disciplinare (futuro) che ammette, per i vigneti dedicati alla barbera di Nizza, solo l’ esposizione a Mezzogiorno (anche a sud-est e a sud-ovest ): dato che il vitigno è vigoroso e che il clima si sta riscaldando, forse questa restrizione è troppo rigida e potrà dare dei problemi. O no ?
Al di là dei giri di parole, la risposta chiara e netta l’ ha data il responsabile di Cascina Giovinale: “l’esperienza mi ha insegnato che a 13 gradi e a 13,5 la barbera non è buona – invece a 14 gradi è buona – io la faccio a 14 gradi.”
Benissimo, siamo totalmente d’accordo. E a 14,5 che succede? E’ ancora più buona ? E a 15 gradi, si va di bene in meglio, o si profila qualche problema ?
Alla fine della giornata sono arrivato alla conclusione che i produttori della barbera di Nizza hanno le idee molto chiare su come deve essere il loro vino.
Ascoltano con piacere le lodi, respingono le obiezioni, e vanno dritti per la loro strada. Se lo vendono tutto e la gente fa a cazzotti per accaparrarselo , allora hanno ragione.