Di ritorno dai Monti4 min read

Qualche volta i fedeli collaboratori di Winesurf vengono premiati: un sorriso incoraggiante del Capo, una pacca sulla spalla, il raddoppio dello stipendio … per meriti eccezionali sono stato inviato a Controguerra, a visitare l’ azienda Monti, assaggiare qualche vecchia bottiglia, con  fringe benefits a base di cucina teramana.

Mi è piaciuta la storia dei due fratelli fondatori ( babbo e zio della signora Emilia ) che non volevano assolutamente mettere il loro vino in barrique, per gli ovvi motivi che tutti sappiamo .
Il combinato disposto del loro importatore americano e dell’ enologo Cotarella, li ha costretti, obtorto collo e pistola alla tempia a fare un esperimento con una barrique .
Gli dai un dito e ti prendono il braccio: hanno finito per produrre due linee di vino, con e senza passaggio in barrique.
Risultato: gli assaggiatori e i recensori italiani preferiscono la versione senza ( il “Senior”), i loro colleghi americani preferiscono la versione con ( il “Pignotto”). Parker gli ha dato 94 alla prima uscita, annata 2000 , quando era più legnoso di ora .
Noi, di fiera schiatta italica, abbiamo naturalmente preferito il Senior: austero, rigoroso, ampio nei profumi e nei sapori. Corrisponde alla nostra visione enologica del mondo ( come dovrebbe essere ) e del Montepulciano d’ Abruzzo . Con queste uve è facile strafare, esagerare in tutto : ai vini Monti non succede .
In particolare sono sempre molto asciutti , senza un filo di zucchero residuo ( che forse i consiglieri americani apprezzerebbero). Ma questa è la zona dei Colli Teramani, che da sempre si esprime con maggiore finezza.

Comunque il Pignotto è riuscito a catturare la nostra attenzione.
La signora Emilia sostiene che il Montepulciano d’Abruzzo è un vitigno che regge bene la siccità e nelle annate afflitte da questo problema fa ottima figura. Sostiene inoltre che il Pignotto è un po’ più longevo del Senior . A riprova di queste tesi ci ha fatto assaggiare il 2003 e il 2001 .
Nel 2003 la lotta fra il clima e il Montepulciano era impari: il vitigno ha perso con onore, dando un prodotto apprezzabile, ma segnato dalla gran calura.
Il nostro ottimo Francesco Annibali ha provato a sostenere che se un vino esprime esattamente le caratteristiche dell’ annata è comunque un pregio. Gli abbiamo assegnato la maglia ciclamino per la combattività.
Invece il 2001 mi ha sorpreso : non nasconde i suoi anni, ma li porta assai bene. Gli aromi  al naso e in bocca sono evoluti ( cuoio, tabacco , sottobosco autunnale…) ma complessi e intriganti . Un esempio canonico di cosa si può ottenere da un Montepulciano facendolo invecchiare .

Il Montepulciano d’ Abruzzo si può anche fare senza fargli vedere nessun tipo di legno : il Voluptas , da bere giovane , nasce in questo modo. Tutte le caratteristiche risultano più fresche, lo spettro gustativo più stretto.  Un vino giovane che rispetta lo stile della casa .

La doc Controguerra permette di aggiungere altre uve al Montepulciano d’ Abruzzo. L’ azienda ne approfitta per produrre il “Rio Moro” , che viene apertamente presentato dai suoi autori come “vino facile” e un  po’ ruffiano . C’è un po’ di Cabernet , Merlot e Sangiovese . Essere “facile” viene considerato dai moralisti un peccato grave. Ma , insomma…rispetto a certe bellezze altere e inaccessibili…( anche se poi si scatenano – ma che fatica ! ) . In conclusione , la gamma di sapori in più, rispetto al Montepulciano in purezza, si fa benvolere .

Con il Montepulciano d’ Abruzzo si fa pure il Cerasuolo . La tipologia a me sta simpatica , ma , nel caso del Cerasuolo di Monti , lo vorrei un po’ più spettinato , meno perbenino : qualche spigolo di acidità , qualche profumo sfacciato .

La casa ha in catalogo anche un bianco, detto “raggio di Luna” . Lo Chardonnay ben temperato con un po’ di Pecorino, Passerina e Trebbiano, ne guadagna in sapidità e freschezza .

Dicevo all’ inizio dei finge benefits culinari: prima di mare da Beccaceci e poi di terra da Zenobi. L’ ascesi è proseguita in crescendo fino ai vassoi di capra alla neretese.

Purtroppo ci ha richiamato alla mente Libero Masi, che ci aveva iniziato a questa cucina e a questi vini.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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