Se fosse un auto sarebbe lentissima perché da 0 a 114 ci ha messo quasi 25 anni! Per fortuna (loro e nostra) non si parla di auto ma di produttori di Timorasso, quest’uva che nel 2000 era praticamente inesistente con 3.5 ettari di vigna e che oggi ha raggiunto i 440 ettari (330 idonei alla DOC) con ben 114 produttori e/o imbottigliatori di Derthona Colli Tortonesi Timorasso.
Un successo che potrebbe dare alla testa ma che per adesso pare ben controllato dal consorzio di tutela, che nell’ultimo fine settimana ha organizzato a Tortona Derthona 2.0, manifestazione sia per la stampa che per il pubblico.

A parte i pranzi e le cene, veramente da ricordare quella da Anna Ghisolfi, il momento più importante della tre giorni è stato l’assaggio, rigorosamente bendato, di quasi 80 campioni che sono o stanno per entrare in commercio, suddivisi tra Piccolo Derthona 2024 (6) Derthona 2023 (43) e Derthona “che diventerà riserva” 2022 (28).
Ho scritto “che diventerà riserva” perché questa tipologia è stata inserita da non molto (tanto che in molte delle etichette ancora non era riportata), ma comunque il consorzio ha voluto proporre l’interpretazione dei produttori di questa tipologia per l’annata 2022
Il Piccolo Derthona ricorda tanto il Petit Chablis ed è quello che più assomiglia ad una tipologia che per fortuna 20 anni fa i produttori di Timorasso non hanno adottato e cioè quella del Timorasso da vendere giovanissimo (a marzo dell’anno successivo alla vendemmia). Oggi c’è forse bisogno di un prodotto più semplice e quindi molte cantine puntano anche su questa tipologia.

Il Derthona Colli Tortonesi Timorasso può uscire solo a settembre dell’anno successivo alla vendemmia ma ormai tutti lo mettono in commercio dopo due anni e non per niente abbiamo degustato vini del 2023. La riserva invece può uscire a marzo del terzo anno dopo la vendemmia ed ecco quindi il perché dei 2022 messi in degustazione.
Per chi non avesse ancora inquadrato il territorio siamo nel sud-est del Piemonte, in quella terra che confina con la Liguria e da lì si porta in dote montagne e colline che lentamente degradano verso Tortona e la Pianura Padana. Se vogliamo è un po’ una denominazione al contrario, con la parte più alta verso sud e il nord che scivola verso la più ampia pianura italiana. Qui storicamente si trovava (e si trova) barbera, croatina, cortese, moscato e l’avvento del Timorasso ha rimescolato velocissimamente le carte, portando una denominazione che puntava molto sul rosso ad una che è devota a quest’uva bianca dalle caratteristiche molto particolari. Al naso trovi infatti sentori di frutta , di fiori ma soprattutto, dopo anche un breve invecchiamento, di idrocarburo e pietra focaia, tanto da ricordare nemmeno tanto alla lontana il riesling. Del riesling ha anche l’acidità ma non lasciata a se stessa, perché la vera caratteristica del Timorasso è la corposa grassezza al palato sposata alla dinamica e sapida freschezza, cosa che lo rende praticamente unico nel panorama italico.

Naturalmente dipende anche dalle annate e le tre che abbiamo avuto nei calici hanno proposto vini molto diversi. Sospendiamo il giudizio sulla 2024 fredda e piovosa (oltre 1100 mm di pioggia -651 da aprile a settembre- suddivisi in 87 giorni) sia perché i vini erano troppo pochi sia perché o campioni da botte o imbottigliati da pochissimo.
Veniamo alla 2023, annata importante che ha ben miscelato freddo in inverno, caldo e piogge nel periodo vegetativo (33 giornate con temperature inferiori allo 0°, 750 mm di pioggia cadenzati in 67 giorni e “solo” 24 giornate estive con temperature superiori ai 35°) e che per me è quella che in degustazione ha rappresentato la vera anima di quello che adesso è il Timorasso. I profumi sono già abbastanza espressi, con le note di idrocarburo evidenti in diversi campioni: se questo è attualmente un pregio potrebbe però creare qualche dubbio nell’evoluzione del vino, perché si tratta di aromi che qualche anno fa ci mettevano anni per esprimersi. Ma la cosa che mi ha lasciato un po’ interdetto non sono stati tanto gli aromi “classici ma anticipati” di diversi vini ma le note aromatiche in alcuni campioni che ricordavano troppo le ormai omologate note “di sauvignon”, che un’uva con le aromaticità del timorasso non ha bisogno di mostrare, e addirittura (inuno o due campioni) quelle di uve aromatiche come il gewürztraminer. Queste tendenze spero restino ancorate a pochi esempi perché se c’è una cosa di cui il Timorasso non ha bisogno è quella di omologarsi aromaticamente a standard usati da altri.

Il palato dei 2023 parlava invece la classica lingua del Timorasso, con una freschezza ben marcata accanto a dinamica potenza e bella pienezza, con note sapide che spesso portavano a lunghe persistenze. Se i nasi si possono considerare già pronti, le bocche sono invece ancora da distendere anche se mostrano sin da adesso una spiccata tendenza alla piacevolezza.
Un’annata sicuramente già abbastanza godibile adesso (meglio tra 3-4 mesi) e con buone/ottime prospettive, in media, nei 5/7 anni dalla vendemmia.
Due parole sui vini delle molte aziende langarole che ormai hanno trasformato Monleale in una succursale di Barolo: ormai siamo ad un 20% abbondante di etichette di produttori fuori zona (non solo provenienti dalla Langa) e se da una parte i loro vini sono ben fatti e di più immediata piacevolezza rispetto a tanti produttori “autoctoni”, dall’altra la loro prontezza anche aromatica (magari richiesta nei mercati esteri) può alla lunga convincere qualcuno a puntare meno sulla longevità e più sull’immediatezza, snaturando un po’ l’idea di base di questo vino che, voglio essere chiaro, ha nella tranquilla longevità l’arma vincente.
Per quanto riguarda le “riserve” 2022, gioco di parole a parte, esprimo qualche riserva. Sicuramente siamo di fronte ad un’annata caldissima, più difficile rispetto alla 2023 (solo 251 mm di pioggia nel periodo vegetativo e ben 28 giorni estivi con temperature superiori ai 35°) ma per me un vino come il Timorasso, con la sua insita grassezza e potenza, non è che abbia tanto bisogno di una versione Riserva. Se poi questa riserva, in diversi casi e magari per colpa di un’annata non adatta, mostra in molti campioni corpi, freschezze, potenze inferiori ai 2023 “base”, forse è meglio rifletterci bene prima di proporla urbi et orbi, magari dando maggiore spazio a selezioni di vigna. Comunque tra i 2022 ho trovato dei buoni ottimi vini, ma in numero nettamente inferiore rispetto ai 2023.

Una breve annotazione sui Timorasso fermentati o passati in legno, che non sono molti ma puntano a crescere: pur rispettando chi segue questa strada la trovo abbastanza distante dall’idea attuale, che mi pare condivisa, di Timorasso, cioè di un vino dove gli aromi giocano un ruolo fondamentale e la sua struttura non ha poi grande bisogno di passaggi in legno. Preciso che nessun vino passato in legno che ho assaggiato ricordava i vecchi “vini del falegname” che 15-20 anni fa riempivano l’Italia, però mi sento di consigliare equilibrio e morigeratezza nell’uso di questo strumento.
A proposito di strumenti, un plauso al consorzio perché ha inserito nel disciplinare di produzione un peso massimo per le bottiglie: la soglia dei 600 grammi non è certo bassa ma è un indicatore importante, un segnale che ormai occorre considerare la bottiglia per quello che è, cioè uno dei fattori che, nella filiera produttiva, inquina di più e quindi è giusto usare le più leggere possibili, come hanno proposto anche in Borgogna.
Adesso sono convinto che vorreste nomi e cognomi dei migliori assaggi ma ormai dovreste conoscerci e sapere che Winesurf farà questo solo dopo gli assaggi, che stiamo organizzando con il consorzio, per la guida vini. Quindi un po’ di pazienza, almeno fino all’estate.